E FATE CRESCERE LE IMPRESE
TAGLIATE IL DEBITO PUBBLICO
Per competere con gli altri Paesi e alimentare lo sviluppo dell’italia serve più capitale di rischio: significa usare il sistema finanziario in tutta la sua forza
Il nostro è un Paese da numeratore o da denominatore? Non ci dovrebbero essere dubbi per nessun Paese al mondo se la scelta è fra il debito (numeratore) e il Prodotto interno lordo (denominatore). Non tanto perché forze esterne — ora i mercati, ora la Commissione europea a seconda dell’antagonista ritenuto utile al momento — raccomandano una disciplina fra debito e Pil, ma soprattutto perché il buon senso e l’obiettivo di una crescita sana e di maggiore benessere spingono a favore del denominatore. Non è così scontata la risposta per l’italia, non solo per la sua storia — che è fatta di debito pubblico e di debito bancario per le imprese — ma anche per il futuro che dobbiamo ancora costruire.
Per scegliere la strada del denominatore, il nostro Paese ha bisogno di più capitale di rischio, in termini finanziari e anche figurativi. Il capitale di rischio è un crocevia, ma è anche l’attitudine a creare e uscire dalla propria zona di comfort. È il luogo delle sfide. Solo chi investe, da un lato, in capitale di rischio e chi apre, dall’altro, il proprio capitale accetta una sfida, di fronte a un’idea e a un progetto. Talvolta anche un sogno capace di cambiare il mondo, se si parla di venture capital. Si possono prendere tanti accorgimenti, ci sono regole di governance e convenant, ci sono modalità di definire way out ma il rischio della sfida rimane. Ben diverso dallo spirito del debito, che richiede certo il rispetto delle regole, ma è ben lontano dal sapore inconfondibile del capitale di rischio. Esagerando, ma forse non tanto, trasformazione e conservazione, evoluzione e difesa dello status quo, distinguono il capitale di rischio dal capitale di debito. Numeratore e denominatore, appunto. Questo senso della sfida che si contrappone alla conservazione è quello che anima la crescita, gli investimenti, i progetti e la scommessa sulle nuove generazioni. Il capitale di rischio è proprio il luogo della crescita e dell’innovazione. Grazie al capitale di rischio qualsiasi azienda e imprenditore lungimirante può trovare una modalità di accelerazione del proprio percorso o di creazione della propria impresa. L’espansione all’estero, la diversificazione, l’innovazione, le acquisizioni. Oggi più che mai l’innovazione diventa un modo di essere e di creare con sorprendente velocità spazi che non erano pensabili. Nulla di tutto questo può avvenire solo con il debito. Ed è grazie al capitale di rischio che le aziende raggiungono nuove dimensioni, da piccole a medie e poi a grandi. Su questo il Paese deve fare passi in avanti più decisi, per non perdere terreno nella competizione globale. Se nel 2000, l’italia aveva 12 aziende fra le 500 più grandi al mondo, oggi ne ha solo cinque, tre di Stato e due intermediari finanziari. Occorre investire di più in capitale di rischio per dare spinta alla crescita. Non significa denigrare la piccola e media dimensione, asse fondamentale della forza e della resilienza del nostro Paese, ma significa trovare la strada per cui da questo insieme straordinario di Pmi nascano sempre aziende che diventano grandi e grandissime. Per competere alla pari con le aziende di altri Paesi. Il capitale di rischio è l’ambito di confronto tra gli shareholder, è il luogo di definizione delle strategie. Confronto e idee creative sono la forza di qualsiasi organizzazione. Senza questi due ingredienti si è destinati al declino. Oggi il luogo del confronto e di visione a lungo termine ruota intorno alla parola impatto e al tema più generale della sostenibilità. Questi temi oggi sono dominanti per la sostanza: tanti fattori stanno mettendo in discussione il nostro sistema (dalle diseguaglianze alla povertà, dalla mancanza di acqua e cibo all’inquinamento e alla cattiva governance) e solo una reazione altrettanto forte e decisa può contrastarli. Avere impatto significa agire in questa direzione. Cosa possibile solo se le risorse sono adeguate, se il management è lungimirante, se gli uomini e le donne di ogni organizzazione si riconoscono nella sfida a cui sono chiamati. Il nostro è un Paese che ha straordinariamente bisogno di capitale di rischio, finanziario e come attitudine al senso della sfida. Non solo per contrastare la massa di debito pubblico accumulata e in crescita, non solo per indirizzare al meglio i 5 mila 300 miliardi di ricchezza finanziaria presenti nei portafogli delle famiglie italiane, ma soprattutto per alimentare un percorso di crescita dell’italia che sembra smarrito. Dopo la capacità di reazione post pandemia, in cui il segno negativo del Pil è stato immediatamente corretto, l’italia fatica a trovare una strada di crescita, del Pil e dell’occupazione. Ma queste due parole sono l’antidoto all’incertezza e alle sfide complesse che investono il Paese e l’europa. Sicuramente abbiamo bisogno di saper utilizzare in tutta la sua forza il sistema finanziario, piattaforma capace di collegare i risparmi ai progetti e alle aziende. Il sistema finanziario non è un optional o un sistema separato, ma l’infrastruttura che permette al sistema di progredire. Imperdonabile dimenticarlo.
Per la crescita ci vogliono indubbiamente riforme e cambiamenti strutturali, ma questi non devono essere l’alibi e l’ambito di una perenne conservazione. Il sapore del capitale di rischio è una scelta di valori, non solo finanziaria. È la scelta della crescita, mettendo anche al centro dei percorsi educativi l’innovazione, l’imprenditorialità, l’apertura internazionale. Con tutta l’attenzione possibile ai più giovani, l’anima del capitale di domani, la risorsa del Paese. Ma tutto questo richiede leadership, visione, coraggio. Da parte dei cittadini e da parte della classe politica che, compatta, deve fare questa scelta di crescita. Il denominatore comune che cerchiamo.
Chi investe e si apre ai mercati accetta la sfida di un’idea imprenditoriale. Una strategia diversa da quella del debito