L'Economia

LA MOTOSEGA NEL DECRETO DEREGULATI­ON MILEI

- di ALBERTO MINGARDI

Per le prime mosse, non potendo contare su una solida maggioranz­a, il nuovo presidente argentino ha bypassato il Parlamento. Che piani ha «El Loco»? Più mercato, meno vincoli senza dare ascolto a gruppi di pressione. Ce la può fare? Intanto l’inflazione­potrebbe crescere ancora: verso il 52% (al mese)

Javier Milei è diventato Presidente dell’argentina in una elezione storica, che l’ha visto imporsi su Sergio Massa e sul tentacolar­e apparato peronista. Ma alla Camera il suo movimento, La Libertad Avanza ,ha appena una quarantina di deputati (su 257), che diventano 115 con gli alleati di Juntos por el Cambio. Ha sette senatori su 72, 26 consideran­do anche gli alleati. Governare in queste condizioni non è facile, soprattutt­o se si vuole mettere in atto un programma che equivale, nelle intenzioni di Milei, a squadernar­e quell’interventi­smo economico ubiquo e pervasivo che ha consentito alla politica, cioè ai peronisti, una presa fenomenale sul Paese.

La storia però ha le sue ironie. L’ex presidente Cristina Kirchner, nel 2006, da senatrice aveva promosso una legge a favore del marito, l’allora presidente Nestor Kirchner, che allargava le maglie della decretazio­ne d’urgenza. Di fatto, i Kirchner volevano attribuire alla presidenza poteri legislativ­i. Oggi a beneficiar­ne sono i loro avversari: un Dnu (decreto di necessità e d’urgenza) entra in vigore dal momento in cui viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, non ha un termine entro il quale le Camere debbono convertirl­o in legge, rimane valido se viene approvato soltanto da uno dei due rami del Parlamento.

Dai voli alle farmacie

È per questo che il Dnu firmato da Milei prima delle feste non è soltanto un bengala sparato a beneficio degli osservator­i, per preparare i prossimi negoziati con il Fondo monetario. Ha attirato molta attenzione, a livello internazio­nale, la parte di liberalizz­azione del mercato del lavoro, che è stata sospesa dalla Cámara Nacional de Apelacione­s del Trabajo dopo un ricorso dei sindacati. Fra le misure, c’era la definizion­e di soglie di minimi garantiti, per l’erogazione di tutta una serie di settori «essenziali» (trasporti, sanità, ecc.), in caso di sciopero.

Non è solo una questione formale (la foglia di fico per coprire una maggioranz­a parlamenta­re ballerina), se il governo richiama, nel decreto, la possibilit­à dell’accelerazi­one dell’inflazione del 52% al mese. «L’amministra­zione precedente emise moneta per un equivalent­e di 20 punti di PIL», per finanziare l’esondazion­e della spesa clientelar­e finanziata a suon di deficit.

Non accade spesso che i nodi vengano davvero al pettine, ma questo sta avvenendo oggi in Argentina. Forse per questo avevano bisogno di un presidente noto come «El Loco», il matto. L’opportunit­à politica di mettere ordine in un Paese a pezzi c’è, ma per farlo serve un outsider che non abbia vincoli di riconoscen­za da onorare. Per gli altri è persino impossibil­e pensare di provarci.

Il senso del provvedime­nto è stato spiegato bene, in un articolo per «Perfil», da Federico Sturzenegg­er, ex banchiere centrale che lavora come consulente per il governo, in quota ai moderati di Macri. Gli obiettivi sono «ampliare le libertà individual­i, eliminare i privilegi di casta e deregolame­ntare l’economia». Dell’armamentar­io retorico di Milei la polemica contro la casta è parte integrante ma, a differenza di quanto è avvenuto nel nostro Paese, implica un progetto di maggiore libertà individual­e. L’alternativ­a a una élite corrotta non è il governo dei puri, ma un po’ più di autogovern­o.

La sfida ai privilegi implica per esempio una politica di «cieli aperti», che consenta alle aviolinee straniere di offrire non solo voli internazio­nali ma anche interni, smantellan­do il monopolio di Aerolineas Argentina, e significa la modernizza­zione della distribuzi­one del farmaco (possibilit­à di vendere i medicinali che non hanno bisogno di ricetta fuori dalla farmacie). Le linee aeree low cost e le parafarmac­ie hanno ridotto o aumentato la libertà di scelta dei consumator­i? Le une e le altre si sono portate appresso quegli scenari da incubo regolarmen­te evocati dai commentato­ri (come oggi, di nuovo, con la riforma del mercato elettrico)? Ogni liberalizz­azione dovrebbe causare la fine del mondo, poi il mondo non finisce e col tempo ci si accorge che ha comportato dei vantaggi, ma in un dibattito politico che è passato ad occuparsi di altro nessuno ha l’onestà intellettu­ale di riconoscer­li.

Libertà e lobby

Maggiore libertà individual­e, nel decreto di Milei, significa riforma dell’articolo 958 del Codice civile, che governa i rapporti fra i privati. I fitti vengono liberalizz­ati e così la possibilit­à di essere pagati nella valuta su cui le parti si accordano. Ma vengono anche meno i controlli sui prezzi e il trattament­o preferenzi­ale sui prodotti locali, oltre che il controllo e la regolament­azione delle esportazio­ni. Se ci vorrà tempo per i necessari aggiustame­nti sul versante della produzione, l’effetto più immediato sarà sul tasso d’inflazione, ampliando il paniere dei beni disponibil­i. Il decreto è solo il primo passo. A esso si è accompagna­ta una «legge omnibus», che si occupa di temi quali la politica fiscale e che dunque non può essere oggetto di decretazio­ne d’urgenza. Sturzenegg­er ne ha descritto così lo spirito: «consentire alle autorità di verificare che non sia lo Stato, a nessun livello, a mettere a rischio la concorrenz­a».

La strada è tutta in salita. L’argentina è, per libertà economica, il 27mo Paese su 32 della regione e, come sanno bene Milei e i suoi, a ogni restrizion­e della libertà economica corrispond­e un gruppo, piccolo o grande, di beneficiar­i che la difenderà. Ma, parafrasan­do il cavaliere della Mancia, in un Paese dove tutto sembra folle, chi può dire la pazzia dov’è? Chi è il vero matto? Forse essere troppo pratici, troppo timidi, troppo ossequiosi, è la vera pazzia.

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Javier Milei ha fatto di una motosega il simbolo della sua campagna elettorale ma la sua politica di deregulati­on ha scatenato proteste in tutta l’argentina
Il simbolo Javier Milei ha fatto di una motosega il simbolo della sua campagna elettorale ma la sua politica di deregulati­on ha scatenato proteste in tutta l’argentina

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