L’emilia primeggia ma non diventa un modello
Estremizziamo: l’emiliaromagna è più famosa nel mondo che in Italia. Nella classifica del Transatlantic Subnational Innovation Competitiveness Index 2.0, la regione è risultata prima in Italia e 21esima per innovazione e competitività nei sette Paesi oggetto del confronto (Stati Uniti, Germania, Italia, Austria, Svezia, Polonia, Ungheria). La graduatoria, elaborata da centri di ricerca internazionali su tre aree tematiche (economia della conoscenza, globalizzazione, capacità d’innovazione), comprende alcune tra le 121 zone più avanzate del pianeta: i primi posti sono dominati da Stati Uniti e Germania. Numero uno è lo Stato del Massachusetts, formidabile rete di università e imprese avanzate. Numero due la California, patria della Silicon Valley. Numero tre il land tedesco del Baden-württemberg. Al quarto posto lo Stato di Washington (cioè Microsoft e Amazon), al quinto, sesto e ottavo tre regioni svedesi, al settimo la Baviera, al nono l’assia, al decimo il Maryland, all’11esimo Berlinobrandeburgo, al 12esimo il New Jersey, al 13esimo l’oregon, al 14esimo la regione di Vienna, al 15esimo il Connecticut, al 16esimo l’austriaca Stiria, al 17esimo e 18esimo Delaware e Colorado, al 19esimo Amburgo-schleswigholstein, al 20esimo il Michigan e al 21esimo appunto l’emiliaromagna. Altre regioni italiane ben posizionate sono la Lombardia (numero 36), il Piemonte (44) e il Friuli-venezia Giulia (47). Classifiche come questa rafforzano legittimamente l’orgoglio degli amministratori ma raramente inducono la politica a più ampie riflessioni di portata nazionale. Perché ad esempio il modello Emilia-romagna non diventa più centrale nella strategia del partito democratico? Il fatto che ciò non avvenga è piuttosto curioso, visto che il presidente della Regione più innovativa d‘italia — Stefano Bonaccini — è anche presidente del Pd; e la segretaria — Elly Schlein — è stata vicepresidente di Bonaccini, poi da lei sconfitto alle Primarie del partito.