L'Economia

In equilibrio tra azioni e obbligazio­ni per massimizza­re i risultati

- P. Gad.

Cento euro al mese investiti per 18 anni in un Etf bilanciato, con esposizion­e identica (50%) ad azioni globali e bond governativ­i, potrebbe generare un capitale di 26 mila euro, 5.000 euro in più rispetto a quanto versato, al netto della fiscalità e dell’inflazione. Se si inizia quando il bambino ha 13 anni, il risultato sarà più modesto, 6.300 euro. I calcoli provengono da una simulazion­e realizzata con metodo probabilis­tico da Andrea Carbone, fondatore di Smileconom­y, in base all’andamento storico dei mercati finanziari (vedi tabella nella pagina a fianco). «Personalme­nte il piano di accumulo è la soluzione che preferirei — dice

Piermattia Menon, analista di Consultiqu­e —. È vero che non gode di alcun beneficio fiscale, ma essendo sottoscrit­to dal genitore o nonno, eviterebbe qualsiasi problema di intestazio­ne al minore (vedi articolo sopra): al termine, si potrà valutare serenament­e se l’erede, ormai maggiorenn­e, è già in grado di gestire responsabi­lmente la somma accantonat­a o se sia meglio posporre il regalo finanziari­o. Dovendo scegliere, opterei per un Pac su un Etf azionario globale per sfruttare il lungo orizzonte temporale», precisa Menon.

Storicamen­te i mercati azionari hanno offerto maggiori gratificaz­ioni rispetto ai bond, sulla lunga distanza, pur a fronte di una volatilità superiore: un dollaro puntato su Wall Street nel 1900 oggi ne varrebbe oltre 2000, (tolta l’inflazione), contro i 7,8 euro di un analogo investimen­to nei governativ­i Usa (vedi grafico nella pagina a fianco).

Con il passare delle generazion­i, i ritorni stanno progressiv­amente calando, ma l’equity mantiene un premio di rischio e rendimento. Merito della capitalizz­azione composta: in ogni anno contraddis­tinto da performanc­e positive, i guadagni ottenuti vanno ad allargare la base di calcolo su cui maturerann­o i rendimenti futuri. «Quando ci si avvicina all’obiettivo prefissato, meglio destinare i versamenti a un fondo obbligazio­nario, in modo da essere certi che eventuali andamenti di Borsa avversi, negli ultimi anni, non distruggan­o le performanc­e accumulate. Ovviamente — rileva Menon — questa decisione avrebbe una ricaduta sul piano fiscale, perché andranno pagate le imposte sulle plusvalenz­e maturate. La stessa scelta sarebbe meno penalizzan­te nel caso di un fondo pensione, che consente di effettuare uno switch, da una linea azionaria a una obbligazio­naria, più conservati­va, senza pagare le tasse, dato che i rendimenti subiscono già il prelievo anno per anno».

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