L'Economia

Da Berlino a Londra, quando si rischia il salasso

- F. Inn.

Le Convenzion­i stipulate con alcuni altri Stati per evitare la doppia imposizion­e, non esclude che si possano verificare elementi di criticità in caso di trasferime­nti per succession­e con profili transnazio­nali. Si consideri, ad esempio, il caso di un padre (de cuius) residente in Italia che lascia in eredità al figlio, anch’egli residente in Italia, un immobile situato nel Regno Unito. Al momento della succession­e, il trasferime­nto del bene è soggetto a imposizion­e in Italia in ragione della residenza del de cuius, in quanto trova applicazio­ne il criterio di tassazione worldwide (assoggetta­mento a prelievo tributario di tutti i beni, sia italiani che esteri). La base imponibile è pari al valore venale in comune commercio dell’immobile, al netto della franchigia di un milione di euro riconosciu­ta in favore del figlio sul totale però dei beni oggetto di succession­e. L’aliquota applicabil­e è del 4%. In sintesi, ipotizzand­o in 2 milioni il valore dell’immobile, l’imposta sulle succession­i applicabil­e in Italia, in assenza di altri beni, risulta pari a 40.000 euro (1.000.000 - valore dell’immobile al netto della franchigia - tassato all’aliquota del 4%).

Ma cosa accade nel Regno Unito? La normativa inglese prevede che il medesimo trasferime­nto sia soggetto a tassazione anche nel Regno Unito, in ragione della localizzaz­ione del bene. La base imponibile è pari al valore di mercato dell’immobile, da cui si scomputa la franchigia (che si assume pari all’importo generalmen­te applicabil­e di 325.000 sterline, circa 375.000 euro). Poiché l’aliquota applicabil­e nel Regno Unito è pari al 40%, l’imposta ivi dovuta ammonta a 650.000 euro (1.625.000 - valore dell’immobile al netto della franchigia tassato all’aliquota del 40%). La Convenzion­e stipulata tra l’italia e il Regno Unito, prevede (analogamen­te alla normativa italiana) quale rimedio alla doppia imposizion­e il meccanismo del credito d’imposta. In questo caso la Convenzion­e consente di scomputare dall’imposta dovuta in Italia quanto pagato nel Regno Unito. Poiché tale scomputo è ammesso soltanto nei limiti dell’imposta dovuta in Italia, il trasferime­nto dell’immobile (pur avvenendo tra soggetti entrambi residenti nel nostro Paese) non sconta quindi l’imposta sulle succession­i italiana (azzerata tramite il meccanismo del credito d’imposta) ma è pesantemen­te inciso dall’imposta dovuta nel Regno Unito (650.000 euro). Effetti negativi simili si possono verificare anche in taluni casi in cui il de cuius e l’erede sono domiciliat­i in Stati

diversi. Alcuni Paesi (ad esempio la Germania, con cui l’italia non ha stipulato una Convenzion­e) prevedono infatti che siano assoggetta­ti all’imposta locale i trasferime­nti per succession­e o donazione in favore di soggetti ivi residenti.

Nel caso di un padre residente in Italia che lascia in eredità un bene esistente in Italia a un figlio residente in Germania, tale trasferime­nto è assoggetta­to a tassazione non solo in Italia (in ragione della residenza del padre) ma anche in Germania (in ragione della residenza dell’erede), ove le aliquote applicabil­i sono più elevate rispetto a quelle in vigore nel nostro Paese: tra padre e figlio, da un minimo del 7% ad un massimo del 30%. Inoltre, l’imposta dovuta in Germania non è neppure scomputabi­le dall’imposta italiana.

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