Condominio, il «rent to buy» alla prova
Sto valutando l’ipotesi di andare a vivere in una casa in condominio di nuova costruzione per la quale mi hanno proposto la formula del rent to buy. Sto facendo i conti per capire se ne valga la pena, ma vorrei anche capire come ci si regola per la suddivisione delle spese e le delibere assembleari.
Lettera firmata — via email Nel dopoguerra l’affitto con riscatto ha permesso a migliaia di famiglie di comprare casa. Si trattava di alloggi popolari costruiti su aree pubbliche offerti a costi accessibili. Oggi questo strumento si chiama «rent to buy», non è molto diffuso ed è proposto da privati. Va valutato con molta attenzione dal punto di vista finanziario perché in linea di massima se ci si vuole fermare solo qualche anno nella casa conviene l’affitto, se ci si vuole risiedere è meglio l’acquisto con il mutuo. Le regole che interessano il nostro lettore sono contenute nel decreto legge 133/2014. Per quanto riguarda le spese, sono a carico della proprietà le riparazioni straordinarie degli immobili e delle relative parti comuni, se l’immobile è in condominio. Nel rent to buy il proprietario ha diritto ogni anno a un aumento del canone pari all’interesse legale calcolato sulle spese straordinarie (per il 2024 il 2,5%). L’ordinaria manutenzione e le piccole riparazioni sono a carico dell’inquilino,come nella locazione tradizionale. Stesse regole della locazione sul pagamento di Imu e Tari: la prima è a carico della proprietà, la seconda di chi occupa l’immobile. Per quanto riguarda le delibere assembleari la disciplina invece è quella dell’usufrutto e quindi il diritto di voto in assemblea spetta all’inquilino sull’ordinaria amministrazione e al semplice godimento delle cose e dei sevizi comuni; sulle delibere straordinarie spetta al proprietario. La spesa dell’amministratore è a carico di entrambi. Il Notariato ha pubblicato sul suo sito un’esauriente guida sugli aspetti giuridici e fiscali del rent to buy.
Con la consulenza di Gino Pagliuca