A proposito di concorrenza: sui balneari si può fare
Non sarebbe saggio ,per l’italia, insistere in atteggiamenti dilatori o elusivi rispetto all’impegno, scaturente dalla Direttiva Bolkenstein ( e confermato dal nostro Consiglio di Stato) a rinnovare, in regime di gara , le concessioni balneari. Fra l’altro, l’adempimento è anche connesso all’arrivo di fondi Pnrr.
Un provvedimento equilibrato dovrebbe bilanciare l’apertura alla concorrenza e l’adeguamento dei canoni di concessione con il riconoscimento di legittime aspettative delle 30 mila piccole imprese familiari del settore.
E qui si potrebbe prendere utile ispirazione — ispirazione, non taglia-eincolla — dalla legge n.118 sul mercato e la concorrenza varata dal Governo Draghi nell’agosto 2021
(articolo 4).
In sintesi, si potrebbe, quindi: a) Rivedere i canoni, ora spesso irrisori, portandoli a livelli adeguati, secondo criteri di progressività rispetto al fatturato medio degli ultimi tre-quattro anni; b) Limitare il numero di concessioni attribuibili a uno stesso gruppo ( per Comune, Regione, territorio nazionale), scongiurando il rischio di «accaparramenti» da parte di soggetti finanziariamente potenti (ricordiamo l’esperienza della Costa Smeralda!..), così che la concorrenza proclamata in linea di principio non sfoci in un regime oligopolistico; c) Disporre, a carico del subentrante, un equo indennizzo del concessionario uscente, che abbia «utilizzato una concessione quale prevalente fonte di reddito per sé e per il proprio nucleo familiare» (art. 4 cit.); d) Aggiungere disposizioni a tutela dell’ambiente, e dell’effettiva disponibilità di ‘spiagge libere’.
Ed anche eventualmente, e con juicio — molto juicio e) Accordare una ragionevole prelazione ai concessionari in scadenza che abbiano compiuto significativi, e ben quantificati investimenti nei due o tre anni precedenti la gara.