AZIENDE INCAPACI DI INNOVARE CI VUOLE L’AVVOCATO DEL DIAVOLO
La strategia di George Soros che chiamava consulenti esterni per «smontare» le decisioni del board. In due libri un’analisi di quanto conti la personalità dei singoli
L’analisi delle risorse umane nelle organizzazioni private e pubbliche fa in genere soprattutto riferimento a competenze di tipo tecnico. Su questa base vengono fatte anche le selezioni del personale da assumere. Si pensa che esse siano le principali, se non le uniche competenze di cui una organizzazione ha bisogno per essere competitiva. Sfortunatamente per i sostenitori di questa visione ciò è falso come dimostrano due interessanti volumi appena pubblicati.
Il primo Soft Skill (Cortina, 2023) di Rino Rumiati, il maggiore studioso e pioniere della psicologia della decisione in Italia, affronta il tema degli stili decisionali all’interno della organizzazione. Vi sono varie caratteristiche comportamentali che influiscono pesantemente sulla performance organizzativa. Pensiamo al tema, spesso messo in evidenza da Sabino Cassese, del timore dei dipendenti pubblici a prendere decisioni che li porta fino alla paralisi operativa. In realtà spesso il comportamento prudenziale, difensivo e l’alta avversione al rischio dei dipendenti della pubblica amministrazione è, più che altro, un atteggiamento adattivo di fronte alla giungla opaca ed ambigua di leggi e regolamenti generata principalmente dal ceto politico. Nel momento di decidere, l’alta percezione del rischio delle conseguenze professionali, penali e patrimoniali, di non aver stimato correttamente la compliance normativa, genera il tipico comportamento difensivo e di blocco decisionale. Vi sono molti aspetti di subottimalità legati agli stili comportamentali nelle organizzazioni. Ad esempio il comportamento di cittadinanza organizzativa (Ocb la sigla in inglese). Si tratta di una serie di variabili raggruppabili nelle tre categorie spirito civico, coscienziosità ed altruismo che caratterizzano l’impegno e l’identità organizzativa al di là degli obblighi contrattuali. Quando l’ocb è alto si è riscontrato un miglioramento della performance della organizzazione. Il Tac (Team di analisi comportamentale) del Dipartimento della Funzione pubblica ha evidenziato questo rapporto anche nella nostra pubblica amministrazione e nel caso di debolezza di alcune variabili ha introdotto con successo degli stimoli comportamentali per migliorarle. Gli Ocb sono solo una parte delle variabili comportamentali rilevanti nelle organizzazioni.
Le altre tre principali categorie, messe in luce dal libro di Rumiati, sono i bias decisionali soprattutto a livello manageriale; la mancanza di una cultura dell’errore che lo consideri parte del processo di apprendimento organizzativo; il freno al cambiamento ed innovazione organizzativa per attrezzare le organizzazioni alle sfide del cambiamento del contesto sociale ed economico. Si consideri il ruolo che distorsioni come l’egocentrismo manageriale ed il narcisismo organizzativo possono giocare nelle scelte azzardate e fallimentari di un capo azienda. O l’importanza della critica nei momenti e nei luoghi delle decisioni strategiche di un’azienda.
Molti anni fa, durante le riunioni a Varsavia per la apertura della sede della Central European University, George Soros mi raccontò alcuni dei suoi segreti nell’architettura decisionale del suo hedge fund. Da seguace di Karl Popper alla London School of Economics e da buon conoscitore della psicologia umana la sua preoccupazione principale era che le decisioni di investimento del suo board fossero viziate da unanimismo di facciata, da mancanza di spirito critico e da ricerca solo di dati a conferma dell’ipotesi in discussione. In questo modo non venivano testati i reali punti di forza e debolezza con il rischio di fare investimenti fallimentari. Come evitare questo pericolo? Soros introdusse un accorgimento che dette subito i suoi frutti: la presenza nelle riunioni di un consulente che avesse le funzioni di avvocato del diavolo o per dirla alla Popper, di promotore di un approccio «falsificazionista» alle tesi prevalenti. Come ci ha spiegato Popper i dati a conferma di una ipotesi si trovano facilmente, ma non ci dicono molto su essa. Se vogliamo sapere quanto sia solida indaghiamo sui fatti che possono smentirla. Soros aveva capito come un’organizzazione aziendale fosse soggetta a molti trabocchetti nei suoi processi decisionali.
Il libro del Premio Nobel per l’economia Daniel Kahneman, Grandi idee, grandi decisioni, pubblicato da ROI Edizioni (2023) illustra alcuni dei meccanismi comportamentali che minacciano il buon funzionamento di una organizzazione. Quelli che vengono considerati errori automatici nella stima delle probabilità di un evento o nella massimizzazione della propria utilità nelle decisioni sono stati soprattutto studiati a livello individuale. Si è riscontrato che spesso l’individuo non si accorge del bias del punto cieco e che quando se ne accorge facilmente ricade in situazioni simili. La presenza di queste distorsioni individuali in una organizzazione genera effetti subottimali nelle scelte di investimento e strategiche. Si cercano dati a conferma della tesi in discussione e non si generano e analizzano criticamente alternative rilevanti; ci si illude in modo iperottimistico di avere la fortuna dalla propria parte; si tende ad avere una avversione al rischio per i progetti innovativi; si rimane prigionieri dello status quo e della inerzia nella scarsa reattività a pericoli potenziali sul mercato da parte di concorrenti. E così via. Come fare a neutralizzare queste distorsioni? Creando architetture delle decisioni, od in altre parole ambienti organizzativi che spingano i manager di una azienda ad agire in modo meno distorto.
Eliminare le distorsioni cognitive che conducono a prendere strade errate può aumentare risultati ed efficienza