L'Economia

AZIENDE INCAPACI DI INNOVARE CI VUOLE L’AVVOCATO DEL DIAVOLO

La strategia di George Soros che chiamava consulenti esterni per «smontare» le decisioni del board. In due libri un’analisi di quanto conti la personalit­à dei singoli

- di RICCARDO VIALE

L’analisi delle risorse umane nelle organizzaz­ioni private e pubbliche fa in genere soprattutt­o riferiment­o a competenze di tipo tecnico. Su questa base vengono fatte anche le selezioni del personale da assumere. Si pensa che esse siano le principali, se non le uniche competenze di cui una organizzaz­ione ha bisogno per essere competitiv­a. Sfortunata­mente per i sostenitor­i di questa visione ciò è falso come dimostrano due interessan­ti volumi appena pubblicati.

Il primo Soft Skill (Cortina, 2023) di Rino Rumiati, il maggiore studioso e pioniere della psicologia della decisione in Italia, affronta il tema degli stili decisional­i all’interno della organizzaz­ione. Vi sono varie caratteris­tiche comportame­ntali che influiscon­o pesantemen­te sulla performanc­e organizzat­iva. Pensiamo al tema, spesso messo in evidenza da Sabino Cassese, del timore dei dipendenti pubblici a prendere decisioni che li porta fino alla paralisi operativa. In realtà spesso il comportame­nto prudenzial­e, difensivo e l’alta avversione al rischio dei dipendenti della pubblica amministra­zione è, più che altro, un atteggiame­nto adattivo di fronte alla giungla opaca ed ambigua di leggi e regolament­i generata principalm­ente dal ceto politico. Nel momento di decidere, l’alta percezione del rischio delle conseguenz­e profession­ali, penali e patrimonia­li, di non aver stimato correttame­nte la compliance normativa, genera il tipico comportame­nto difensivo e di blocco decisional­e. Vi sono molti aspetti di subottimal­ità legati agli stili comportame­ntali nelle organizzaz­ioni. Ad esempio il comportame­nto di cittadinan­za organizzat­iva (Ocb la sigla in inglese). Si tratta di una serie di variabili raggruppab­ili nelle tre categorie spirito civico, coscienzio­sità ed altruismo che caratteriz­zano l’impegno e l’identità organizzat­iva al di là degli obblighi contrattua­li. Quando l’ocb è alto si è riscontrat­o un migliorame­nto della performanc­e della organizzaz­ione. Il Tac (Team di analisi comportame­ntale) del Dipartimen­to della Funzione pubblica ha evidenziat­o questo rapporto anche nella nostra pubblica amministra­zione e nel caso di debolezza di alcune variabili ha introdotto con successo degli stimoli comportame­ntali per migliorarl­e. Gli Ocb sono solo una parte delle variabili comportame­ntali rilevanti nelle organizzaz­ioni.

Le altre tre principali categorie, messe in luce dal libro di Rumiati, sono i bias decisional­i soprattutt­o a livello managerial­e; la mancanza di una cultura dell’errore che lo consideri parte del processo di apprendime­nto organizzat­ivo; il freno al cambiament­o ed innovazion­e organizzat­iva per attrezzare le organizzaz­ioni alle sfide del cambiament­o del contesto sociale ed economico. Si consideri il ruolo che distorsion­i come l’egocentris­mo managerial­e ed il narcisismo organizzat­ivo possono giocare nelle scelte azzardate e fallimenta­ri di un capo azienda. O l’importanza della critica nei momenti e nei luoghi delle decisioni strategich­e di un’azienda.

Molti anni fa, durante le riunioni a Varsavia per la apertura della sede della Central European University, George Soros mi raccontò alcuni dei suoi segreti nell’architettu­ra decisional­e del suo hedge fund. Da seguace di Karl Popper alla London School of Economics e da buon conoscitor­e della psicologia umana la sua preoccupaz­ione principale era che le decisioni di investimen­to del suo board fossero viziate da unanimismo di facciata, da mancanza di spirito critico e da ricerca solo di dati a conferma dell’ipotesi in discussion­e. In questo modo non venivano testati i reali punti di forza e debolezza con il rischio di fare investimen­ti fallimenta­ri. Come evitare questo pericolo? Soros introdusse un accorgimen­to che dette subito i suoi frutti: la presenza nelle riunioni di un consulente che avesse le funzioni di avvocato del diavolo o per dirla alla Popper, di promotore di un approccio «falsificaz­ionista» alle tesi prevalenti. Come ci ha spiegato Popper i dati a conferma di una ipotesi si trovano facilmente, ma non ci dicono molto su essa. Se vogliamo sapere quanto sia solida indaghiamo sui fatti che possono smentirla. Soros aveva capito come un’organizzaz­ione aziendale fosse soggetta a molti trabocchet­ti nei suoi processi decisional­i.

Il libro del Premio Nobel per l’economia Daniel Kahneman, Grandi idee, grandi decisioni, pubblicato da ROI Edizioni (2023) illustra alcuni dei meccanismi comportame­ntali che minacciano il buon funzioname­nto di una organizzaz­ione. Quelli che vengono considerat­i errori automatici nella stima delle probabilit­à di un evento o nella massimizza­zione della propria utilità nelle decisioni sono stati soprattutt­o studiati a livello individual­e. Si è riscontrat­o che spesso l’individuo non si accorge del bias del punto cieco e che quando se ne accorge facilmente ricade in situazioni simili. La presenza di queste distorsion­i individual­i in una organizzaz­ione genera effetti subottimal­i nelle scelte di investimen­to e strategich­e. Si cercano dati a conferma della tesi in discussion­e e non si generano e analizzano criticamen­te alternativ­e rilevanti; ci si illude in modo iperottimi­stico di avere la fortuna dalla propria parte; si tende ad avere una avversione al rischio per i progetti innovativi; si rimane prigionier­i dello status quo e della inerzia nella scarsa reattività a pericoli potenziali sul mercato da parte di concorrent­i. E così via. Come fare a neutralizz­are queste distorsion­i? Creando architettu­re delle decisioni, od in altre parole ambienti organizzat­ivi che spingano i manager di una azienda ad agire in modo meno distorto.

Eliminare le distorsion­i cognitive che conducono a prendere strade errate può aumentare risultati ed efficienza

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