Quella differenza tra l’influencer e il politico
Qualcuno ha analizzato le regole cui si attengono gli influencer, dai più famosi come Chiara Ferragni ai tanti altri che popolano l’universo digitale. Se non hai subìto almeno un’ondata di attacchi pesanti alla tua reputazione — prima regola — non sei nessuno. Come dice il titolo di un vecchio film western, solo chi cade può risorgere. La seconda regola discende dalla prima: l’influencer deve avere una grande opinione di sé. Un ego smisurato, a misura di superuomo, di superdonna, di divinità omerica, e come tale capriccioso, volubile e lamentoso. Vittimismo performativo, lo chiamano. Siamo vittime, sì, ma vittime speciali. La terza regola dell’influencer è quella di negare di esserlo, anche davanti all’evidenza. Tutti sono influencer, condizionatori della pubblica opinione: tutti tranne me. Io faccio altro, che cosa non si sa. A queste tre regole se ne potrebbe aggiungere una quarta: l’ossessione per la popolarità, l’indifferenza per la realtà. L’influencer altri non è che il vecchio comunicatore, l’antico imbonitore che opera in un nuovo universo mediatico amplificato, quale che sia la merce, oggetti o idee, che ha da vendere. Oggi il mestiere dell’influencer e quello del politico, da sempre contigui, tendono a sovrapporsi. Le differenze tra le due figure si fanno sempre più labili. Eppure la differenza c’è ed è sostanziale: il politico ha il dovere di parlare ma anche di fare, e di rispondere delle cose che fa. Il politico si distingue dall’influencer per il dovere della corrispondenza, nella sua azione, tra le cose dette e le cose fatte; e per la capacità, su questa base, di convincere il pubblico. Sapendo, secondo una regola valida per tutti, che la reputazione è un edificio di lenta costruzione e rapida obsolescenza. Se l’influencer sbaglia è punito con i clic, se sbaglia il politico è punito con i voti. Il diffondersi del populismo, digitale o analogico, si vede anche nel fatto che la maggioranza dei politici non dice quello che pensa ma quello che presume «la gente» voglia sentirsi dire.