La transizione verde? «Una scommessa sui no green»
«La progressiva adozione di nuove tecnologie nel settore sanitario e nell’intelligenza artificiale rappresenta uno dei temi di investimento che sta facendo registrare performance importanti a livello globale. Tuttavia, credo che ci sia un tema più grande destinato a imporsi nel 2024 e nei prossimi anni: la transizione energetica». Non ha dubbi Evy Hambro, global head of thematic and sector investing di Blackrock.
Secondo il manager, inoltre, «stiamo assistendo alla riallocazione di un’enorme quantità di denaro nell’economia globale — prosegue —. Il cambiamento sarà enorme. Così, abbiamo cercato di identificare le aree e i settori fino a oggi trascurati o, in una certa misura, dimenticati che, dal nostro punto di vista, saranno avvantaggiati maggiormente dalla transizione».
E l’area più interessante, secondo
Hambro, è quella delle infrastrutture, indispensabili per favorire l’utilizzo di fonti energetiche a basse emissioni di carbonio. «Se si pensa alla produzione di energia da combustibili fossili, l’intensità delle materie prime è di gran lunga inferiore a quella delle infrastrutture legate alle energie rinnovabili che dobbiamo costruire — argomenta —. Quindi, l’abbandono dei combustibili fossili a favore delle rinnovabili porterà a elevati tassi di crescita della domanda, in particolare per le materie prime. Crescita che attualmente non è prezzata nei mercati. L’ultimo ciclo delle commodity è stato guidato soprattutto dalla Cina. Questa volta, invece, sarà tutto il mondo a fare da volano, di conseguenza il nuovo ciclo delle materie prime che verrà sarà più ampio di quelli precedenti. Probabilmente ci ritroveremo a dover affrontare un’elevata volatilità, ma il trend sarà nostro amico e se saremo pazienti ne beneficeremo tutti».
Ma dove potremmo trovare le opportunità più interessanti? «Sicuramente tra le aziende che forniscono le materie prime necessarie alla transizione, ma non solo — risponde l’esperto di Blackrock —. Certo, nell’universo investibile ci sono anche le società che danno la tecnologia, gli sviluppatori di energia rinnovabile, oltre a chi si occupa dello stoccaggio delle batterie». In particolare, Hambro fa notare come il settore delle commodity rappresenti oggi circa il 17% delle emissioni totali. Una percentuale importante, che potrebbe anche crescere se la domanda di materie prime aumenterà. «La decarbonizzazione dell’offerta, dunque, è essenziale per realizzare la transizione verso basse emissioni di carbonio. Ed è proprio qui che vediamo un’opportunità di investimento, ovvero nelle aziende che stanno virando verso una produzione ecologica delle materie prime. Aziende che oggi sono scambiate sul mercato con un forte sconto perché considerate non green; e man mano che diventeranno più verdi le loro valutazioni miglioreranno — dice Hambro — . Poi ci sono tutte quelle società collegate che forniscono le attrezzature necessarie per aiutare le imprese a decarbonizzarsi, come per esempio i fornitori di camion elettrici, che rappresentano un’opportunità davvero interessante per gli investitori». I rischi, naturalmente, non mancano. E tra questi c’è il non potersi permettere questa transizione. «Un tema che potrebbe manifestarsi su vari livelli: di policy messe in campo dai governi, di società o di consumatori, se la transizione dovesse avvenire troppo velocemente — puntualizza il manager —. C’è la possibilità che si crei volatilità con costi probabilmente più alti. Per questo, sebbene sia necessario realizzare la transizione energetica in tempi piuttosto brevi, non dobbiamo andare troppo in fretta, altrimenti andremo incontro a sfide ulteriori. È fondamentale trovare il giusto equilibrio tra la velocità della transizione e la possibilità di renderla accessibile a tutti», conclude Hambro.