Dollari e rand: un portafoglio giramondo
Con le obbligazioni Bei in euro e altre valute, compresa quella sudafricana, si può diversificare e, in alcuni casi, alzare la posta del rendimento fino all’(8%). Senza rischiare troppo
Rendimenti giù, prezzi su. Questo è lo scenario che il mercato si aspetta per le obbligazioni. Sarà così? Nessuno può prevedere con certezza la tempistica, ma la costruzione dei portafogli può e deve tenere conto di questo panorama. Che riguarderà i titoli di Stato e tutte le obbligazioni. Anche quelle degli emittenti sovranazionali, tra i quali spicca la Banca europea per gli investimenti. I rendimenti oscillano tra il 2,20% (Bei green che scade nel 2026 in euro) all’8,23% (Bei in rand, agosto 2025). Questa realtà è presente non solo direttamente nelle zone del globo dove finanzierà progetti di crescita, ma anche in forma indiretta attraverso il collocamento di titoli obbligazionari denominati in gran parte nelle monete che, come l’euro, gravitano nelle Borse mondiali. In questo caso, il riferimento è ristretto a due monete anglosassoni, dollaro statunitense e lira sterlina inglese, e ad una ad elevato rendimento, il rand del Sud Africa.
Le idee
La strategia ipotizzata fa riferimento alla moneta unica europea con scadenze che arrivano anche a dieci anni di durata, mentre è solo di poco superiore ad un anno quella delle emissioni denominate in moneta non euro. Ma perché dar vita alla componente obbligazionaria del portafoglio titoli, superando il monopolio euro?
In primo luogo, per potere accedere anche a rendimenti a scadenza altrettanto interessanti, in certi casi anche più elevati di quelli proposti dalle emissioni denominate in euro. Secondariamente, per sfruttare a proprio favore eventuali, possibili cali di valore della moneta unica, che si sono verificati non molti mesi addietro. L’investimento in valuta estera, infatti, ripercorre la strategia dei Btp o di emissioni obbligazionarie di società: nulla vieta che, a fronte di rialzi delle quotazioni di mercato degli strumenti immessi in portafoglio o del valore della moneta non euro in cui si è investito, si decida di chiudere l’investimento, monetizzando la plusvalenza. In pratica, un portafoglio che faccia riferimento anche a divisee diverse dall’euro, ma altrettanto presenti sulle Borse in cui vengono quotidianamente rilevati i prezzi di scambio, potrebbe ampliare le opportunità che i mercati sono in grado di proporre. Naturalmente sarà la propensione al rischio di ogni investitore a far decidere quale strategia applicare, se con una presenza modesta di strumenti non euro o, viceversa, attribuendo al portafoglio un peso non secondario alle obbligazioni emesse dalla Banca Europea per gli Investimenti.
La tabella è suddivisa tra emissioni governative di Eurozona, che rappresentano una forma d’investimento classica e foriera di una redditività sensibilmente inferiore a quella che veniva proposta mesi addietro. Anche la redditività di Usa e Regno Unito è sulla stessa linea. Troverete di nuovo i Bot, ancora una volta, perché la loro redditività per un investimento con durata inferiore ad un anno è ancora competitiva. Un portafoglio a medio rischio si otterrebbe destinando il 45% della disponibilità tra Bot e Btp, il 25% alle altre emissioni denominate in euro. La suddivisione tra i differenti emittenti rappresenta una scelta importante, perché ha come obiettivo la suddivisione del rischio. Anche se, è opportuno precisarlo, si tratta di una «pericolosità» teorica. L’investimento in emissioni Bei e Bei Green, se si dispone di una propensione al rischio di medio livello, potrebbe essere suddiviso in parti uguali, 10% a testa, tra emissioni denominate in euro, dollari Usa e lira sterlina del Regno Unito. Per chi dispone di maggiore propensione al rischio, il 5% potrebbe essere destinato alla Bei in rand del Sud Africa, togliendolo alla quota ipotizzata in euro.