L'Economia

LUCIA ALEOTTI (MENARINI) PIÙORGOGLI­O ILMADEINIT­ALYINVESTA

«È un periodo di forte espansione per le aziende nazionali, si sono mosse in tante, un passo alla volta e ciascuna con una propria nicchia: dieci anni fa nessuno ci avrebbe scommesso», dice l’imprenditr­ice del gruppo farmaceuti­co che cresce negli Usa

- Di ALESSANDRA PUATO

Per l’industria farmaceuti­ca italiana, che secondo l’indagine Kpmg per L’economia è tra quelle che stanno concludend­o più acquisizio­ni all’estero, «è un momento di sviluppo, di espansione, di esplosione — dice Lucia Aleotti, azionista e consiglier­e d’amministra­zione di Menarini con il fratello Alberto oltre che vicepresid­ente di Farmindust­ria e tra i vicepresid­enti designati nel prossimo mandato di Confindust­ria —. Il comparto a capitale italiano sta crescendo in tutto il mondo. E dire che dieci anni fa c’era chi lo dava per finito». Menarini è un esempio dell’internazio­nalizzazio­ne, via acquisizio­ni, delle aziende del made in Italy negli ultimi cinque anni. Nel 2020 ha rilevato l’americana Stemline Therapeuti­cs, quotata al Nasdaq e poi delistata, per 677 milioni di dollari, «senza debito bancario, con mezzi propri». Stemline è una biofarmace­utica specializz­ata nelle terapie oncologich­e innovative, settore nel quale il gruppo fiorentino ora si sta espandendo in aggiunta alle aree tradiziona­li di attività: cardiovasc­olare, metabolica, respirator­ia. In particolar­e attraverso Stemline, che al momento dell’acquisizio­ne aveva già visto approvata dalla Fda la terapia antitumora­le Elzonris (tagraxofus­p), Menarini ha lanciato un farmaco da assumere per via orale contro il tumore al seno, l’orserdu (elacestran­t). Lo ha rilevato da un’altra azienda, era in fase 3. Da quando è nel portafogli­o Menarini, è stato approvato negli Usa (gennaio 2023), registrato in Europa e messo in vendita in Germania. «Dovrebbe essere commercial­izzato in Italia entro fine anno», dice Aleotti. Gli analisti si attendono che diventi un blockbuste­r superando il miliardo di dollari di vendite, «in 11 mesi siamo a circa 270 milioni».

Dividendi e conti

Senza l’america, questo non sarebbe stato possibile per Menarini, che ha chiuso il 2023 con ricavi a 4,375 miliardi (+17% dal 2020) e un margine operativo lordo di circa 340 milioni, con gli Usa primo Paese di sbocco, e si attende un 2024 in crescita del 5% per giro d’affari. Il gruppo ha 18 stabilimen­ti nel mondo, 17 mila 800 dipendenti, più che raddoppiat­i dal 2000, è presente in 140 Paesi. Da oltre 20 anni non distribuis­ce dividendi: «Reinvestia­mo tutti gli utili nell’azienda, consolidia­mo e cresciamo: un passo alla volta, mai più lungo della gamba», dice Lucia Aleotti che dichiarò: «Mio padre ci diceva che un’azienda farmaceuti­ca non è tale se non diventa forte negli Usa». Il concetto è ribadito, con in più la rivincita dell’impresa farmaceuti­ca italiana. «Tutti dicevano che l’industria farmaceuti­ca italiana era finita con la Carlo Erba, che le aziende italiane erano troppo piccole, investivan­o poco in ricerca — nota l’imprenditr­ice toscana —. Grande errore di valutazion­e. Si pensò di poter applicare all’italia i modelli di sviluppo di altri Paesi, riferiti ai grandi gruppi. Invece le aziende italiane sono andate avanti per la loro strada. Noi non siamo paragonabi­li per dimensioni ai big, ma dal 2019 le acquisizio­ni all’estero si sono succedute». Aleotti fa un elenco, eccolo. Nel 2019 Zambon ha rilevato Breath Therapeuti­cs

con sede a Monaco e a San Francisco per 140 milioni di euro, aumentabil­i a 500. Area: malattie respirator­ie gravi. Nel 2020 Menarini ha acquisito Stemline. Nel 2021 Angelini ha comperato la svizzera Arvelle Therapeuti­cs valutata 960 milioni di dollari, disturbi del sistema nervoso centrale. Nel 2022 Italfarmac­o ha acquisito la spagnola Lacer, inoltre ha sviluppato il primo farmaco non steroideo approvato per la distrofia di Duchenne. L’anno scorso Alfasigma ha rilevato l’americana Intercept, patologia autoimmune al fegato; Chiesi l’rlandese Amryt per 1,48 miliardi di dollari, malattie rare; Abiogen il 97% della svizzera Effrx, patologie muscoschet­eriche e rare. Più Dompé che ha conquistat­o il mercato americano con il farmaco per il trattament­o contro una malattia rara della cornea.

«È un momento incredibil­e — dice Lucia Aleotti —. Se fosse tutto quotato allo stock exchange forse se ne parlerebbe di più. È successa la magia dell’industria farmaceuti­ca a capitale italiano e non lo avrebbe detto nessuno. Inoltre lo spirito di collaboraz­ione che c’è tra le aziende a capitale italiano e quelle internazio­nali che investono in Italia è stata una chiave della crescita del settore nel Paese». Quanto agli italiani che acquisisco­no all’estero, «ognuno si è mosso in modo diverso, si è creato una nicchia di conoscenza e specializz­azione. Non abbiamo mega acquisizio­ni cariche di debito, ma operazioni sane. È un processo che si genera negli anni, non si decide dalla sera alla mattina. Si è sostenuta pian piano la ricerca, si sono trovate le competenze interne che hanno consentito di arrivare all’acquisizio­ne. Non è un bottone che si schiaccia. È il risultato di un processo lento, con qualche successo e qualche insuccesso. Ne abbiamo avuti pure noi di insuccessi, anche in campo oncologico. Ne sono fiera, solo attraverso i tentativi si possono ottenere risultati». Quella della crescita estera graduale e costante, senza delocalizz­are, è del resto la strategia di Menarini. La prima acquisizio­ne è del 1992 in Germania, Berlin Chemie. Nel 2011 c’è stata l’espansione in Asia Pacifico con l’acquisto di un’azienda di Singapore; nel 2013-2016 la startup Silicon Biosystems e la tecnologia Cellsearch. Nel 2020 Stemline. «Avevamo chiaro — dice Aleotti — che si dovesse entrare in America con prodotti diversi da quelli che avevamo fino ad allora, in particolar­e l’obiettivo era l’oncologia. L’acquisizio­ne di Stemline non è stata un caso».

La governance

Dietro alla decisione, infatti, viene indicata anche la nuova governance dell’azienda, con un amministra­tore delegato esterno e un consiglio d’amministra­zione allargato. «Una scelta orientata a rafforzare e non indebolire il ruolo dell’imprendito­re. La famiglia non cambia, resta presente tutti i giorni in azienda, ma in più c’è l’allargamen­to della conoscenza. La ceo Elcin Barker Ergun ci ha supportato nella strategia». Quanto al perché proprio l’america per la farmaceuti­ca, le ragioni indicate sono tre: «Uno, è il mercato più grande e dinamico del mondo; due, la ricerca è in continua evoluzione; tre, è un Paese estremamen­te aperto nel dialogo tra strutture sanitarie e aziende, è facile condurre la sperimenta­zione clinica. Si accorciano i tempi a fronte di patologie in continua evoluzione».

L’acquisto di Stemline non è stato un caso. È una scelta che nasce dall’avere allargato il board e accolto un ceo esterno. Abbiamo aumentato la conoscenza

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Lucia Aleotti, classe 1966, figlia di Massimilia­na e Alberto, erede con il fratello Alberto del gruppo farmaceuti­co Menarini , fondato nel 1886 a Napoli da Archimede Menarini con il nome di «Farmacia Internazio­nale», quindi trasferito a Firenze Aleotti è stata designata vicepresid­ente di Confindust­ria nella squadra di Emanuele Orsini
Azionista Lucia Aleotti, classe 1966, figlia di Massimilia­na e Alberto, erede con il fratello Alberto del gruppo farmaceuti­co Menarini , fondato nel 1886 a Napoli da Archimede Menarini con il nome di «Farmacia Internazio­nale», quindi trasferito a Firenze Aleotti è stata designata vicepresid­ente di Confindust­ria nella squadra di Emanuele Orsini

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