LA TRANSIZIONE DIMENTICATA DEMOGRAFIA, CONTO ALLA ROVESCIA
Il problema non sono le culle vuote e il picco di invecchiamento nel 2045 Siamo nei guai già oggi se non riduciamo gli sprechi e il debito pubblico
Da più parti, spesso in modo ideologico si lanciano allarmi: nascono troppo pochi bambini e le «culle sono vuote»; siamo nell’inverno demografico, la popolazione si riduce e la società invecchia; avremo necessità di più immigrati; chi lavorerà, chi pagherà le nostre pensioni e la sanità nel 2045 anno del picco dell’invecchiamento della popolazione italiana? Sarebbe razionale attrezzarci per affrontare un invecchiamento ormai già scritto, con politiche e soluzioni sociali che ci consentano di vivere positivamente questa fase, assolutamente naturale, della vita dell’uomo. Per capire l’oggi però, dobbiamo conoscere quello che è successo soprattutto in questi ultimi 78 anni; spariranno le paure e affronteremo la transizione demografica, che è un bene, in modo positivo. Fino al 1945 abbiamo vissuto in quello che potremmo definire «il mondo lento dell’olocene» (l’ultimo periodo geologico di 11.700 anni che ha visto l’apparizione e lo sviluppo degli umani) caratterizzato da guerre civili e tra stati, epidemie (la peste nera e la spagnola per citarne due), carestie, scoperte scientifiche importanti ma ancora da sviluppare; e poi grandi disuguaglianze, povertà, vita media in Italia nel 1841, 40 anni e nel 1941, 56 anni; pochi diritti sociali e scarsi per le donne (il diritto di voto data 1946!). Poi dalla fine della Seconda guerra mondiale è partita la grande accelerazione con una fortissima crescita demografica, economica e tecnologica; ci abbiamo messo 150 mila anni per arrivare all’anno zero della nostra era a 250 milioni di umani; ci sono voluti poi 1.804 anni per arrivare al primo miliardo, altri 123 per arrivare a 2 e poi in soli 78 anni siamo passati da 2 a 4 e da 4 a oltre 8 miliardi. Siamo forse l’unica generazione che in gran parte ha vissuto in un lunghissimo periodo di pace e di benessere con enormi progressi per la vita e per la salute; abbiamo sperimentato un periodo climatico tra i più favorevoli e una situazione culturale e di benessere mai verificata nella storia dei sapiens; mai le disuguaglianze sono state così ridotte e i livelli di istruzione mondiali, così elevati.
Ma senza accorgerci, o quasi, abbiamo profondamente modificato il nostro pianeta, la «nostra unica casa» per usare una definizione del 14° Dalai Lama; se vogliamo continuare ad avere la Terra, oggi siamo di fronte a grandi sfide demografiche, ecologiche e sociali. Poi, senza alcuna iniziativa politica o sociale, in modo del tutto naturale, iniziando dai Paesi ad alto e medio reddito, negli ultimi lustri del secolo scorso, il numero dei nati per donna si è ridotto in parallelo alla crescita della parità di genere e più in particolare (questa è la vera nota positiva) al fatto che le donne finalmente possono avere gli stessi sogni e le stesse realizzazioni dei maschi: più aumentano la libertà e la scolarizzazione delle donne, anche nei Paesi a basso reddito e in via di sviluppo e più la fertilità si riduce.
Tuttavia, la popolazione mondiale continuerà il suo big bang anche se con minore velocità fino a raggiungere il picco nel 2064 con 9,7 miliardi di individui; ovviamente con una diversa distribuzione geografica come giusto che sia. L’africa che è circa 10 volte la superficie dell’india passerà da 1,5 miliardi a 3 miliardi ma tale aumento dipenderà dalle politiche europee (cooperazione o ancora politiche predatorie?) mentre l’india inizierà a ridurre la popolazione come da anni la Cina, la Russia e l’europa. L’italia nel 2045/50 avrà una popolazione pari a circa 55 milioni (Istat) con una popolazione in età da lavoro (oltre 31 milioni) più che sufficiente per mantenere un Pil pro capite forse ancora maggiore di quello attuale con costi (energia, trasporti e alimentari) ancora più bassi di oggi se sapremo attrezzarci con idonee politiche (energie rinnovabili, trasporti elettrici a biofuel idrogeno, chilometro zero, sviluppo agricolo ad alto reddito ecc.).
Certo il cestino della frutta a 1,2 euro dovrà aumentare se vogliamo pagare decorosamente i produttori agricoli e i lavoratori, magari attraverso nuovi canali distributivi efficienti che compenseranno l’aumento della retribuzione agricola. Sperimentare la carne coltivata e i nuovi prodotti bio-vegan è una frontiera indifferibile se si vogliono trattare in modo più umano animali e uomini e far costare meno quei prodotti, latte compreso. E per rispondere alle paure di chi teme non ci siano sufficienti lavoratori, che mancheranno i soldi per pensioni e sanità a seguito delle minori nascite e invecchiamento della popolazione, la risposta è che i problemi ce li abbiamo oggi non nel 2045. Oggi siamo ultimi in Ue come tasso di occupazione totale (61,8%), femminile (51%), giovanile 18-29 anni (33%), con 10 punti meno della media Ue e quasi 17 con i nostri maggiori competitor europei, americani, giapponesi e altri. Su 38 milioni di italiani in età da lavoro solo 23,7 (record di tutti i tempi) lavorano.
Avevamo 2,1 milioni di poveri assoluti nel 2008 quando spendevamo 73 miliardi per assistenza sociale. Oggi ne spendiamo 160 e i poveri assoluti sono 5,6 milioni e quelli relativi ben 8,6 milioni ma non troviamo 150 mila lavoratori per agricoltura e turismo.
Oggi il problema non sono le 400 mila nascite di bimbi con la mortalità infantile azzerata e la vita media che aumenta: il problema sono i 52 mila anziani che muoiono prima per inquinamento. Oltre la metà degli italiani dichiara redditi zero, non paga tasse né contributi e vive alle spalle di qualcuno ma il tenore di vita è alto. Lo Stato fa 40 miliardi di debito all’anno: viviamo al di sopra delle nostre possibilità e ci lamentiamo. Dobbiamo lavorare sodo per rimetterci in quadro o saremo nei guai non nel 2045 ma molto, molto prima.
Siamo ultimi in Ue come tasso di occupazione totale (61,8%), femminile (51%), giovanile 18-29 anni (33%)