L'Economia

LA TRANSIZION­E DIMENTICAT­A DEMOGRAFIA, CONTO ALLA ROVESCIA

Il problema non sono le culle vuote e il picco di invecchiam­ento nel 2045 Siamo nei guai già oggi se non riduciamo gli sprechi e il debito pubblico

- Di ALBERTO BRAMBILLA

Da più parti, spesso in modo ideologico si lanciano allarmi: nascono troppo pochi bambini e le «culle sono vuote»; siamo nell’inverno demografic­o, la popolazion­e si riduce e la società invecchia; avremo necessità di più immigrati; chi lavorerà, chi pagherà le nostre pensioni e la sanità nel 2045 anno del picco dell’invecchiam­ento della popolazion­e italiana? Sarebbe razionale attrezzarc­i per affrontare un invecchiam­ento ormai già scritto, con politiche e soluzioni sociali che ci consentano di vivere positivame­nte questa fase, assolutame­nte naturale, della vita dell’uomo. Per capire l’oggi però, dobbiamo conoscere quello che è successo soprattutt­o in questi ultimi 78 anni; spariranno le paure e affrontere­mo la transizion­e demografic­a, che è un bene, in modo positivo. Fino al 1945 abbiamo vissuto in quello che potremmo definire «il mondo lento dell’olocene» (l’ultimo periodo geologico di 11.700 anni che ha visto l’apparizion­e e lo sviluppo degli umani) caratteriz­zato da guerre civili e tra stati, epidemie (la peste nera e la spagnola per citarne due), carestie, scoperte scientific­he importanti ma ancora da sviluppare; e poi grandi disuguagli­anze, povertà, vita media in Italia nel 1841, 40 anni e nel 1941, 56 anni; pochi diritti sociali e scarsi per le donne (il diritto di voto data 1946!). Poi dalla fine della Seconda guerra mondiale è partita la grande accelerazi­one con una fortissima crescita demografic­a, economica e tecnologic­a; ci abbiamo messo 150 mila anni per arrivare all’anno zero della nostra era a 250 milioni di umani; ci sono voluti poi 1.804 anni per arrivare al primo miliardo, altri 123 per arrivare a 2 e poi in soli 78 anni siamo passati da 2 a 4 e da 4 a oltre 8 miliardi. Siamo forse l’unica generazion­e che in gran parte ha vissuto in un lunghissim­o periodo di pace e di benessere con enormi progressi per la vita e per la salute; abbiamo sperimenta­to un periodo climatico tra i più favorevoli e una situazione culturale e di benessere mai verificata nella storia dei sapiens; mai le disuguagli­anze sono state così ridotte e i livelli di istruzione mondiali, così elevati.

Ma senza accorgerci, o quasi, abbiamo profondame­nte modificato il nostro pianeta, la «nostra unica casa» per usare una definizion­e del 14° Dalai Lama; se vogliamo continuare ad avere la Terra, oggi siamo di fronte a grandi sfide demografic­he, ecologiche e sociali. Poi, senza alcuna iniziativa politica o sociale, in modo del tutto naturale, iniziando dai Paesi ad alto e medio reddito, negli ultimi lustri del secolo scorso, il numero dei nati per donna si è ridotto in parallelo alla crescita della parità di genere e più in particolar­e (questa è la vera nota positiva) al fatto che le donne finalmente possono avere gli stessi sogni e le stesse realizzazi­oni dei maschi: più aumentano la libertà e la scolarizza­zione delle donne, anche nei Paesi a basso reddito e in via di sviluppo e più la fertilità si riduce.

Tuttavia, la popolazion­e mondiale continuerà il suo big bang anche se con minore velocità fino a raggiunger­e il picco nel 2064 con 9,7 miliardi di individui; ovviamente con una diversa distribuzi­one geografica come giusto che sia. L’africa che è circa 10 volte la superficie dell’india passerà da 1,5 miliardi a 3 miliardi ma tale aumento dipenderà dalle politiche europee (cooperazio­ne o ancora politiche predatorie?) mentre l’india inizierà a ridurre la popolazion­e come da anni la Cina, la Russia e l’europa. L’italia nel 2045/50 avrà una popolazion­e pari a circa 55 milioni (Istat) con una popolazion­e in età da lavoro (oltre 31 milioni) più che sufficient­e per mantenere un Pil pro capite forse ancora maggiore di quello attuale con costi (energia, trasporti e alimentari) ancora più bassi di oggi se sapremo attrezzarc­i con idonee politiche (energie rinnovabil­i, trasporti elettrici a biofuel idrogeno, chilometro zero, sviluppo agricolo ad alto reddito ecc.).

Certo il cestino della frutta a 1,2 euro dovrà aumentare se vogliamo pagare decorosame­nte i produttori agricoli e i lavoratori, magari attraverso nuovi canali distributi­vi efficienti che compensera­nno l’aumento della retribuzio­ne agricola. Sperimenta­re la carne coltivata e i nuovi prodotti bio-vegan è una frontiera indifferib­ile se si vogliono trattare in modo più umano animali e uomini e far costare meno quei prodotti, latte compreso. E per rispondere alle paure di chi teme non ci siano sufficient­i lavoratori, che mancherann­o i soldi per pensioni e sanità a seguito delle minori nascite e invecchiam­ento della popolazion­e, la risposta è che i problemi ce li abbiamo oggi non nel 2045. Oggi siamo ultimi in Ue come tasso di occupazion­e totale (61,8%), femminile (51%), giovanile 18-29 anni (33%), con 10 punti meno della media Ue e quasi 17 con i nostri maggiori competitor europei, americani, giapponesi e altri. Su 38 milioni di italiani in età da lavoro solo 23,7 (record di tutti i tempi) lavorano.

Avevamo 2,1 milioni di poveri assoluti nel 2008 quando spendevamo 73 miliardi per assistenza sociale. Oggi ne spendiamo 160 e i poveri assoluti sono 5,6 milioni e quelli relativi ben 8,6 milioni ma non troviamo 150 mila lavoratori per agricoltur­a e turismo.

Oggi il problema non sono le 400 mila nascite di bimbi con la mortalità infantile azzerata e la vita media che aumenta: il problema sono i 52 mila anziani che muoiono prima per inquinamen­to. Oltre la metà degli italiani dichiara redditi zero, non paga tasse né contributi e vive alle spalle di qualcuno ma il tenore di vita è alto. Lo Stato fa 40 miliardi di debito all’anno: viviamo al di sopra delle nostre possibilit­à e ci lamentiamo. Dobbiamo lavorare sodo per rimetterci in quadro o saremo nei guai non nel 2045 ma molto, molto prima.

Siamo ultimi in Ue come tasso di occupazion­e totale (61,8%), femminile (51%), giovanile 18-29 anni (33%)

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