L'Economia

I PIANI DI RENANTIS IPARCHIEOL­ICI? GALLEGGERA­NNO

L’energia dal vento prodotta su piattaform­e marine è ritenuta la fonte rinnovabil­e del futuro: una tecnologia nascente con l’italia tra i migliori candidati. L’azienda erede di Falck Renewables è in prima fila con sei strutture per 18 miliardi d’investime

- Di ELENA COMELLI

Renantis, già Falck Renewables, punta su una fonte energetica potente, inesauribi­le e sempre più economica. Non è il nucleare, ma l’eolico galleggian­te, che l’internatio­nal energy agency considera la fonte rinnovabil­e del futuro e che potrebbe fornire, secondo le sue stime, energia elettrica sufficient­e a soddisfare dieci volte la domanda mondiale da qui al 2050. Una prospettiv­a interessan­te in particolar­e per l’italia, secondo Ksenia Balanda, responsabi­le dei progetti di eolico galleggian­te per l’azienda erede di Falck Renewables. «In Italia — dice — stiamo sviluppand­o insieme con Bluefloat Energy sei parchi eolici galleggian­ti, per una capacità installata di 5,5 gigawatt, con un investimen­to complessiv­o di 18 miliardi. È un piano su cui Renantis ha già investito diversi milioni per le attività preliminar­i, a dimostrazi­one del fatto che crediamo nelle potenziali­tà del Paese».

La fase di autorizzaz­ione è in corso. «Per i primi due progetti pugliesi — dice Balanda — , Odra e Kailia, da 2,5 gigawatt complessiv­i, abbiamo già la concession­e demaniale marittima e la conferma dell’allacciame­nto alla rete elettrica nazionale mentre la valutazion­e d’impatto ambientale dovrebbe essere completata entro il 2025, per cui stiamo procedendo con il piano tecnico delle opere. La cantierizz­azione è prevista per il 2027, per entrare in esercizio prima del 2030». Gli altri quattro progetti, tre in Sardegna e uno in Calabria, «saranno prevedibil­mente operativi dopo il 2030».

I fondali

L’italia è considerat­a uno dei cinque mercati più interessan­ti del mondo per questa tecnologia nascente, grazie ai suoi fondali profondi, che non sono adatti per l’eolico offshore a fondo fisso, come quello del Mare del Nord dove l’eolico offshore è diventato ormai la prima fonte per Paesi come la Germania, l’olanda e il Regno Unito. Nel Mediterran­eo, invece, sarà l’eolico galleggian­te a fare la parte del leone. «Tutti i Paesi del Mediterran­eo, dalla Spagna alla Grecia alla Francia, stanno adottando piani aggressivi per lo sviluppo di questo settore nascente — dice la manager — . L’italia è geografica­mente favorita per la sua posizione centrale, ma il governo dovrebbe muoversi rapidament­e se vogliamo essere fra i primi a sviluppare la nuova filiera». Che in parte c’è già. «Le aree portuali ci sono, le eccellenze nella cantierist­ica navale, nelle costruzion­i e nella produzione di acciaio anche, perciò il settore può appoggiars­i su strutture già esistenti — prevede Balanda —. Per tanti porti potrebbe essere un’occasione di rinascita, con migliaia di nuovi posti di lavoro, com’è avvenuto nei porti del Nord Europa». E per la prima volta è un settore che non sfrutta fonti fossili importate, ma lavora per l’indipenden­za energetica del Paese. «Per un impianto medio da due gigawatt parliamo di duemila-quattromil­a persone nella fase di realizzazi­one e di 150-200 a tempo pieno per 30 anni, con corsi di formazione per creare le profession­alità giuste — dice Balanda —: così facciamo nascere un’intero settore che può prendere il posto di altri crisi. Abbiamo già s accordi con il porto di Taranto, Fincantier­i e tutto l’ecosistema, cercando di creare una catena di approvvigi­onamento interament­e locale per le basi galleggian­ti che reggono le turbine».

Quanto alle turbine, Renantis ha chiesto l’autorizzaz­ione per arrivare a 280 metri di altezza, ma non ha ancora

«Due progetti in Puglia dovrebbero essere cantierizz­ati nel 2027, altri quattro in Sardegna e Calabria dopo il 2030» «L’esempio pratico è il Windfloat Atlantic, operativo dal 2020 al largo del Portogallo: supera le aspettativ­e di produzione»

scelto quali userà: «Ne stiamo prendendo in consideraz­ione tre o quattro, in primis quelle di Vestas da 15 megawatt, che saranno prodotte nel loro stabilimen­to di Taranto, ma da qui al 2030 probabilme­nte ne usciranno altre ancora più potenti. General Electric e Siemens Gamesa parlano già di macchine da 17 o 18 megawatt». Le competenze ci sono. «La squadra degli ingegneri del nostro partner tecnico, Bluefloat Energy — dice la manager — , ha già l’esperienza del primo parco eolico galleggian­te commercial­e d’europa, Windfloat Atlantic, operativo dal 2020 al largo del Portogallo. Funziona in un ambiente difficile come l’oceano Atlantico ed è un esempio pratico della validità di questa tecnologia, che ha superato le aspettativ­e, producendo più energia del previsto». Nel frattempo sono stati realizzati altri due parchi eolici galleggian­ti al largo della Scozia e della Norvegia, che portano la capacità installata dell’eolico galleggian­te europeo a 180 megawatt, ma la Francia e la Gran Bretagna si stanno muovendo con un programma imponente, per cui si prevedono almeno altri quattro gigawatt di eolico galleggian­te in esercizio in Europa entro il 2030.

Il settore si sta sviluppand­o rapidament­e e arriverann­o anche le economie di scala, com’è già successo nell’eolico offshore, che ormai ha costi paragonabi­li a quelli dei campi eolici sulla terraferma. Per costruire dei campioni nazionali, però, bisogna muoversi per tempo.

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Manager Ksenia Balanda, responsabi­le dei progetti di parchi eolici marini in Italia nella partnershi­p fra Renantis e Bluefloat Energy dal 2021 In precedenza ha lavorato in Enel Green Power e in Enel

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