TORINO, TRIESTE E LE ALTRE LE PARTITE DI FABRIZIO
Generali, Cassa depostiti e prestiti, Unicredit... Il ciclone Palenzona ha scosso alle fondamenta Crt e alcuni equilibri. Le mosse delle autorità locali per ripartire dal territorio. Con meno finanza?
«Se camperemo ne vedremo delle belle, diceva il mio vecchio parroco». E Fabrizio Palenzona forse la sa più lunga del suo prelato: con le dimissioni, lunedì scorso, dalla presidenza di Fondazione Crt, l’ente torinese è salito a onor delle cronache, ma non per operazioni finanziarie o progetti filantropici. Perché il passo indietro dell’ex banchiere di Tortona è stato l’ultimo atto di una storia piena di tensioni tra gli organi della fondazione che va avanti da settimane. E che difficilmente vedrà scriversi presto la conclusione. Anzi, un nuovo atto è cominciato giovedì scorso, quando si è appreso che il Ministero dell’economia, organismo vigilante sugli enti ex bancari, ha depositato un esposto alla Procura di Roma. Un atto dovuto dopo la segnalazione di Palenzona al Tesoro in cui si denunciava l’esistenza di un presunto «patto occulto» all’interno di Crt e dopo la comunicazione di un altro esposto alla Procura di Torino. Lo stesso giorno il Mef, per la penna di Marcello Sala, ha anche scritto una lettera all’indirizzo del presidente ad interim Maurizio Irrera, ai consiglieri di cda Caterina Bima, Davide Canavesio, Anna Maria Di Mascio, Marco Giovannini, Antonello Monti e di indirizzo, al collegio sindacale e all’organo di vigilanza chiedendo di far pervenire entro 10 giorni un’informativa sui fatti avvenuti, corredandola dei verbali delle riunioni consiliari del 19 e del 22 aprile, cioè quella dove i consiglieri del board hanno recriminato la segnalazione a Roma di Palenzona e quella dove è stato sfiduciato il segretario generale Andrea Varese e alcuni consiglieri hanno proceduto alle nomine nelle partecipate - Officine Grandi Riparazioni, Equiter e Ream - dopo che il presidente ha abbandonato la seduta, avendo preso atto di essere in minoranza. Il dicastero di Giancarlo Giorgetti ha l’obbligo di vigilanza su aspetti ben precisi come, tra gli altri, il rispetto del bilancio d’esercizio, l’equilibrio finanziario delle fondazioni, il rispetto degli statuti e dei regolamenti. In ultima ratio, detiene il potere di commissariamento. Che è stato esercitato, prima e unica volta, nel 2018 con la Fondazione Banco di Napoli.
Palenzona nella sua lettera di dimissioni parla apertamente di «taluni componenti degli organi sociali, che hanno cercato di piegare a logiche spartitorie la gestione di un ente volto invece all’aiuto filantropico e al sostegno di iniziative sociali ed economiche» e all’esistenza «di patti occulti tali da creare una fondazione nella Fondazione e alterare le dinamiche di funzionamento degli organi sociali stabilite dalla legge e dallo statuto».
Le operazioni sono avvenute tutte «all’unanimità» del cda. Ma nel consiglio di indirizzo e nel consiglio d’amministrazione c’è chi punta il dito contro gli investimenti in Banca del Fucino e nella vigna Enosis, lontano cioè da Torino. La vendita dei titoli Banco Bpm peraltro ha comportato a una rinuncia al dividendo e al successivo apprezzamento del titolo per cui a mercoledì scorso Crt avrebbe maturato una perdita teorica di 45 milioni.
Il rinnovo
In molti scommettono che Palenzona non abbandonerà l’incarico come se nulla fosse. Vero che gli impegni e le cariche non mancano all’ex vicepresidente di Unicredit: ora ad esempio sarà impegnato nel finalizzare la cessione di Prelios alla Ion di Pignataro per 1,3 miliardi. Da lì quel suo sibillino «ne vedremo delle belle». A Torino intanto si è già aperto il cantiere per la successione. Il consiglio di indirizzo di Crt, appena rinnovato, si riunirà il 7 maggio per valutare i requisiti di eventuali candidati che verranno votati intorno al 20 maggio. Dopo la nomina del presidente toccherà al nuovo segretario generale. Il cda invece resterà in carica ancora un anno. I kingmaker sono il sindaco Stefano Lo Russo (Pd) e il governatore del Piemonte Alberto Cirio (FI), protagonisti di una fase di rinnovata vivacità del cosiddetto «Sistema Torino»: secondo indiscrezioni avrebbero stretto un patto con la Camera di Commercio per trovare un presidente super partes in grado di riportare l’ente azionista di Unicredit (2,1%), Generali (1,92%) e Mundys (5%) in un alveo di azione più territoriale: meno partite finanziarie, più sostegno a Terzo settore, università, scuola e cultura. Il grande sestante del padre nobile delle fondazioni, Giuseppe Guzzetti. A quel mondo guarderebbero Lo Russo e Cirio: replicare la buona riuscita dell’operazione Compagnia di San Paolo, dove dopo Francesco Profumo è approdato l’ex rettore del Polito, Marco Gilli. In consiglio di indirizzo Crt i due politici contano 5 consiglieri su 21, con enti camerali e università possono arrivare tranquillamente sopra la maggioranza. Per la presidenza si fanno i nomi dell’ex rettore del Politecnico Guido Saracco, del notaio Andrea Ganelli, del presidente del Museo del Cinema, Enzo Ghigo, dell’economista Pietro Garibaldi, dell’imprenditrice Licia Mattioli.
C’è anche chi starebbe sondando anche la possibilità di riportare al vertice il vecchio presidente Giovanni Quaglia, che Palenzona detronizzò assieme al segretario Massimo Lapucci. In realtà il tandem Lo Russo-cirio starebbe pensando pure al nome del segretario, presentando così un ticket con competenze e caratteri complementari. Il buon esito della nomina permetterebbe a Cirio di guadagnare punti (e posizioni) in vista del voto di giugno. Ma non è escluso che nella partita si faccia avanti anche Fratelli d’italia, che guarderebbe alle fondazioni come nuovi centri di potere da presidiare.
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I kingmaker per la successione sono il sindaco Stefano Lo Russo (Pd) e il presidente della regione Alberto Cirio (FI)