VIGILANZA A UOMO QUELLE ATTENZIONI DI FRANCOFORTE A SQUADRE MANAGEMENT
Intesa Sanpaolo e Unicredit cambiano le prime linee, in un caso con un recente riassetto, nell’altro con più avvicendamenti successivi. I criteri dell’authority che sorveglia sulla stabilità dei grandi gruppi In estrema sintesi: servono indicazioni chiare
«Ileader più in gamba non pronunciano mai la parola io. Non lo fanno perché non pensano in termini di io ma di noi, in un’ottica di squadra. È questo che crea la fiducia e fa in modo che si lavori bene». Lo ha detto Peter Ducke, un economista e saggista austriaco naturalizzato statunitense. Questo atteggiamento è ancora più importante se si parla di una banca, a causa della stabilità finanziaria.
Nelle settimane scorse, secondo Reuters, la Vigilanza ha avvertito Unicredit che i continui cambi nel management rischiano di ritardare l’attuazione delle strategie e in particolare la transizione verso il sistema digitale. Segnalazione che però è stata smentita. «La storia è falsa. L’unica volta in cui la Bce ha sollevato la questione della continuità della leadership è stata in relazione al programma di gestione del cambiamento avvenuto all’inizio del mandato dell’amministratore delegato, Andrea Orcel», ha dichiarato Unicredit. La voce sulla banca milanese è nata perchè l’attenin zione della Vigilanza su governance e compliance sta aumentando. Francoforte ritiene che l’amministratore debba aver ben presente che i continui avvicendamenti nell’organizzazione possono rendere instabile l’istituto. La governance e la compliance devono quindi garantire che le procedure interne siano coerenti con l’obiettivo previsto al fine di evitare rischi sistemici. Specialmente in un momento dominato da cambiamenti tecnologici che comportano trasformazioni nei processi organizzativi.
I controlli annuali
L’autorità è molta attenta alla gestione di rischi imprevisti, come quelli che l’anno scorso hanno causato il fallimento di diverse banche regionali statunitensi. Incaricata di preservare la sicurezza creditizia, la Vigilanza guarda con preoccupazione a un alto turnover perché i frequenti passaggi di consegne possono aumentare gli azzardi operativi. Francoforte effettua quindi revisioni annuali sulle modalità di gestione. Questo esame rientra in una più ampia valutazione della capacità di gestire i rischi che porta ogni anno la Bce a definire i requisiti patrimoniali.
La voce su Unicredit è nata perché, da quando Orcel ha preso il bastone del comando, l’azienda ha continuato a conoscere degli avvicendamenti. L’istituto ha recentemente nominato un nuovo responsabile ad interim degli affari legali dopo l’uscita di Gianpaolo Alessandro, che è stato segretario del consiglio per un decennio. Qualche settimana fa è stata nominata vicepresidente vicario Elena Carletti che da tempo guida il comitato rischi, dopo che Lamberto Andreotti, in carica dal 2019, ha preferito non candidarsi al rinnovo del consiglio. Altre uscite riguardano manager nominati o promossi dallo stesso Orcel. Nel luglio ‘23 è stato annunciato l’arrivo di un nuovo chief digital officer (Ali Khan) in seguito all’abbandono di Jingle Pang.
Dopo le dimissioni di Bart Schlatmann, Unicredit è al suo terzo chief operating officer da quando Orcel ha preso le redini del gruppo. Il manager tedesco, che doveva essere uno dei punti di forza al fianco del ceo, è durato otto mesi. Aveva sostituito Ranieri De Marchis, che è stato anche dg, poi accompagnato in pensione. Schlatmann ha lasciato la poltrona di coo a Gianfranco Bisagni, uno dei pochi dirigenti in grado di muoversi in questi anni agitati. Tra le altre partenze c’è quella di Niccolò Ubertalli, che ha lasciato nel luglio 2022, un anno dopo che gli erano state affidate le attività domestiche. Nello stesso mese Stefano Vecchi, promosso responsabile Italia per il wealth management, ha lasciato l’istituto a dieci mesi dall’incarico. Anche Alfredo Maria De Falco se ne era andato visto che la carica da lui ricoperta, ovvero quella di responsabile del team Italy client solutions, è stata cancellata.
Anche Intesa Sanpaolo, guidata da Carlo Messina, di recente ha cambiato struttura. La riorganizzazione ha interessato alcune posizioni chiave della banca, ma è avvenuta modo più organico. Tra le principali novità c’è la nascita di un’area che accorpa tutte le attività di wealth management. Il timone è stato affidato a Tommaso Corcos. Nicola Fioravanti, sinora capo della divisione insurance, ha assunto il ruolo di chief governance e a lui faranno riferimento le attività sinora coordinate da Paolo Grandi. A conferma del rilievo attribuito ai temi esg è stata costituita un’area affidata a Paola Angeletti. Nell’ambito dell’international subsidiary banks, in capo a Marco Rottigni, Paola Papanicolaou è stata nominata deputy del responsabile di divisione. Nel settore technology officer e chief data, guidato da Massimo Proverbio, Enrico Bagnasco e Tommaso Pellizzari sono diventati responsabili rispettivamente delle strutture di coordinamento group technology services e isytech evolution. La posizione di cfo è stata affidata a Luca Bocca.
Per la Vigilanza, le ristrutturazioni all’interno di qualsiasi banca sono inevitabili ma devono avvenire seguendo logiche di stabilità. Nei grandi gruppi la governance si manifesta attraverso la capacità di dare indirizzi adeguati. Il vertice definisce gli obiettivi ed è fondamentale che vengano espressi in modo chiaro e motivato, perché devono essere facilmente comprensibili da chi lavora nel gruppo.
Tre elementi
È di vitale importanza definire tre elementi: la mission, la vision e i valori. Il primo principio è chiarire lo scopo che l’organizzazione intende perseguire, motivare l’esistenza della stessa e individuare gli elementi che la contraddistinguono. Il secondo elemento è formulare obiettivi di mediolungo periodo ed esplicitare le aspirazioni future. Infine, bisogna definire le doti che orientano il comportamento e fungono da guida per i comportamenti futuri. Tutto questo passa ovviamente attraverso il Ceo. È fondamentale quindi che sia riconosciuto come una guida idonea grazie a una credibilità fondata su autorevolezza e coerenza. La condizione imprescindibile per gestire un istituto è conoscerne in profondità attività e processi. Il ceo deve indicare l’indirizzo strategico, in modo da fornire a tutti i dipendenti il senso della sfida comune a cui sono chiamati. I modelli di lavoro devono essere sempre più agili, ma fondati sulla responsabilizzazione individuale. Non è il controllo a portare risultati, ma la disponibilità di tutti a mettersi in gioco. In poche parole, meglio il lavoro di squadra di «io».