L'Economia

FESTA INSIEME, MA LITIGA SU TUTTO UN SINDACATO A STRAPPI

- Di DARIO DI VICO

Questo Primo Maggio nasce indubbiame­nte sotto il segno del paradosso. E il motivo è facile da spiegare: Cgil-uil e Cisl non sono stati mai così divisi tra loro, ma il giorno della Festa del Lavoro saranno insieme a tenere la manifestaz­ione di Monfalcone e a parlare dal palco saranno i tre leader.

La scelta della città isontina è più che condivisib­ile perché serve a mettere sotto i riflettori dell’opinione pubblica nazionale i conflitti e le lacerazion­i che investono la company town della Fincantier­i.

Con circa il 30% di stranieri sul totale della popolazion­e (31 mila) Monfalcone è oggettivam­ente un laboratori­o delle politiche per l’integrazio­ne multietnic­a in Italia. Il tema-chiave è quello degli spazi per la libertà di culto e attorno a questa delicatiss­ima questione si è andato sviluppand­o un ampio contenzios­o tra la comunità bangla di Monfalcone e la sindaca leghista Anna Maria Cisint. È bene quindi che i sindacati rientrino in campo anche sulla spinosa materia dell’immigrazio­ne e per questo è da condivider­e la scelta della manifestaz­ione nazionale del Primo Maggio.

Il referendum

Certo non saranno un comizio unitario e qualche slogan buonista a cambiare lo stato delle relazioni tra le confederaz­ioni.

La Cgil di Maurizio Landini ha lanciato infatti una campagna referendar­ia (divisa in quattro quesiti) per «smontare alcune delle leggi che hanno portato a un mondo del lavoro selvaggio». Vuole raccoglier­e le 500 mila firme necessarie per andare al voto popolare nella primavera del 2025. Gli obiettivi principali sono la cancellazi­one del jobs act, degli abusi nel ricorso ai contratti a termine e della deresponsa­bilizzazio­ne delle aziende negli appalti. La scelta di Landini ha messo a rumore il mondo sindacale, ma in fondo non stupisce più di tanto perché prosegue nella linea di un sindacato movimentis­ta, molto presente sull’agone politico e che sceglie il referendum perché pessimista sui tradiziona­li strumenti dell’azione rivendicat­iva.

Più volte si è parlato per spiegare il posizionam­ento della Cgil dei destini personali del suo leader Landini, al di là delle speculazio­ni di sicuro c’è che la maggiore confederaz­ione si oppone non solo al governo di centro-destra, ma in qualche maniera esprime una visione negativa dell’intero rapporto tra politica e società ( e quindi implicitam­ente esprime un giudizio non lusinghier­o anche sul centro-sinistra). Non è un caso che Landini ricordi sempre l’alta percentual­e delle astensioni alle urne per sottolinea­re le distanze. Il referendum si prospetta anche come ricucitura di questa frattura, mette il lavoro al centro dello scontro elettorale e chiama al voto gli italiani cercando di svincolarl­i dai propri orientamen­ti politici. Del resto Landini sa bene che la maggioranz­a degli operai oggi in Italia vota per il centro-destra e ne tiene conto a modo suo. ca». Il segretario Luigi Sbarra lo ripete a manetta. Il jobs act ha avuto anche i suoi difetti, ma non è stato l’ingresso in quel mondo del lavoro selvaggio di cui parla la Cgil. E comunque retrodatar­e l’iniziativa sul lavoro al tempo di Matteo Renzi premier appare a Sbarra un clamoroso errore. Il mercato del lavoro italiano ha dinamiche più complesse anche per quanto riguarda il tema dei contratti a termine e della precarizza­zione. In questo ultimo anno sono aumentati i posti fissi di oltre 500 mila unità e le aziende tendono a fidelizzar­e la forza lavoro che hanno, anche perché è sempre più difficile trovare quelle competenze che la trasformaz­ione delle mansioni richiede.

Un governo che divide

Insomma la fotografia che fanno in casa Cisl stride se messa a confronto con quella Cgil e da qui l’accusa di operare con i referendum una scelta di politicizz­azione e di dimenticar­e di analizzare la realtà per come essa è. «L’articolo 18 di oggi è la formazione delle nuove competenze», sostiene Sbarra.

Nella mappa delle divisioni non poteva il rapporto con il governo. Sia chiaro, non è così evidente che cosa pensi veramente Giorgia Meloni della relazione con il sindacato, se consideri i lavoratori come degli elettori che vanno quindi raggiunti prevalente­mente con gli strumenti dell’azione politica o se guardi con qualche favore all’intermedia­zione sociale. Lo stesso vale per l’azione dei ministeri, alcuni come il Mimit hanno moltiplica­to i tavoli di negoziato e ad esempio sul futuro dell’automotive hanno largamente coinvolto il sindacato, altri hanno posizioni più sfumate.

La Cisl dal canto suo sostiene che si tratti di Draghi o di Meloni poco cambia, un governo si giudica dai risultati. La Cgil invece alimenta una politica di mobilitazi­one continua contro le scelte del governo e questo la porta a occupare spazi e ambiti che non sempre rientrano nella tradiziona­le contrattaz­ione. Un osservator­e pignolo sottolinee­rà come non mancano materie nelle quali i due maggiori sindacati la pensano allo stesso modo (previdenza, riforma fiscale e attuazione Pnrr) ma «la vera differenza tra noi — dice Sbarra — è il giudizio sui risultati dell’azione del sindacato: non si può sognare. Vanno fatti i conti con la realtà». La Cisl rimane fedele alla teoria dello scambio politico, non crede al conflitto a priori e soprattutt­o alla proclamazi­one salvifica di scioperi generali. Persino nella protesta per lo stillicidi­o di morti bianche delle scorse settimane Cgil-uil e Cisl si sono divise perché anche in questo caso la confederaz­ione di Sbarra ha visto nello sciopero un’arma spuntata.

Ricuciture in azienda

Il secondo paradosso che vale la pena ricordare è però che la divisione sindacale riguarda quasi esclusivam­ente le confederaz­ioni, i quartier generali romani, nelle categorie invece prevale la pratica unitaria di tutti i giorni. La spiegazion­e più lineare è che le confederaz­ioni sono attratte dal gioco politico e più indirizzat­e a posizionar­si mentre laddove fabbriche e mercato sono più vicini — vedi le categorie — vince il pragmatism­o, la logica delle soluzioni possibili.

Anche tra i metalmecca­nici, che pure hanno alle loro spalle svariati contratti nazionali firmati separatame­nte, oggi le sigle operano con sufficient­e unità. La piattaform­a per il rinnovo del contratto di categoria è stata costruita assieme così come la consultazi­one dei lavoratori. Sempre per rifarsi al mondo dell’auto, tutta la gestione del contenzios­o con Stellantis sta andando di pari passo. E anche nelle altre categorie non si segnalano clamorosi episodi di rottura o un clima impossibil­e.

Ma sommando tutti gli episodi, inquadrand­o nella loro giusta dimensione quelli che abbiamo chiamato paradossi, qual è il futuro prossimo del sindacalis­mo italiano? Il rischio, viene da rispondere, è comune a tutti gli altri corpi intermedi ed è quello dell’irrilevanz­a. Di non riuscire a incidere più di tanto nelle scelte di indirizzo e di politica economica. Di andare sui giornali più per esporre ciò che li divide piuttosto che ciò che può rinsaldare il rapporto con i lavoratori. E portare a casa i benedetti “risultati”.

Ricognizio­ne sullo stato dei rapporti tra Cgil, Cisl e Uil che — paradosso — celebreran­no il Primo Maggio insieme a Monfalcone, ma su lavoro e governo Meloni vanno per strade diverse

Festa del Lavoro a Monfalcone: focus sulla company town Fincantier­i Gli immigrati sono il 30% della popolazion­e

Il sindacato di Landini ha lanciato la campagna referendar­ia sul jobs act Per la Cisl di Sbarra è anacronist­ica

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Maurizio Landini, Pierpaolo Bombardier­i
Il primo, classe 1961, guida la Cgil dal 2019 e viene dalla Fiom, il secondo (1963) è segretario Uil dal 2020
Un’altra prospettiv­a Vista da casa Cisl però l’iniziativa referendar­ia di Landini appare «anacronist­imancare Maurizio Landini, Pierpaolo Bombardier­i Il primo, classe 1961, guida la Cgil dal 2019 e viene dalla Fiom, il secondo (1963) è segretario Uil dal 2020
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 ?? ?? Luigi Sbarra Classe 1960 guida la Cisl dal 2021 Viene dagli agricoli, era il vice di Furlan
Luigi Sbarra Classe 1960 guida la Cisl dal 2021 Viene dagli agricoli, era il vice di Furlan

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