Dollari, sterline, franchi e corone: quei rendimenti da globe-trotter
Una lista di titoli con scadenza massima a sei anni e cedole comprese tra l’1,6% e il 5% per costruirsi anche una posizione extra euro. In attesa di capire quale sarà la prima banca centrale a muoversi per un taglio dei tassi
Dollaro canadese, corona norvegese, sterlina inglese, dollaro statunitense, franco svizzero. Cinque monete che, quotidianamente, si confrontano tra di loro e, naturalmente, con l’euro. E ora, più che in altre occasioni, potrebbe essere il momento in cui affidarsi sia ad emittenti governativi che a debitori lontani da casa. Le prospettive sul futuro valore dei tassi di riferimento riguardano l’intero globo. Ed è la ragione che induce a ritenere interessante affidare parte del patrimonio alle diverse anime dell’occidente, alla luce delle attese su quale banca centrale deciderà, per prima, di ridurre il valore del tasso di riferimento. Anche se, al momento, i tempi paiono allungarsi, perché la propensione ai consumi non evidenzia cali significativi.
I numeri
La tabella è suddivisa in due parti. Nella prima durate brevi, scadenza massima due anni. Nella seconda parte titoli con rimborso fissato fra tre e sei anni, per finire con un Btp 2033, dedicato a chi opta per un investimento foriero di un flusso cedolare interessante. I prezzi sono quasi tutti sotto 100 e i rendimenti spaziano dal l’1,61% del bond Intesa in franchi svizzeri (scadenza luglio 2028) al 5,2% del T bond Usa maggio 2025. Con propensione al rischio di medio livello, il 65% della disponibilità potrebbe essere destinata alle emissioni con durata massima 2026, di cui una quota pari al 20 per cento circa da dedicare a monete non euro, per sfruttare, nel caso la Bce decidesse di ridurre per prima il tasso di riferimento, un possibile incremento del valore delle monete anglosassoni, canadese e, forse in misura più contenuta, della corona norvegese.
Le scelte di portafoglio indicate tengono conto anche degli esami che caratterizzeranno il grado di affidabilità dell’emittente governativo italiano. Tre date per ricominciare. Venerdì scorso, 19 aprile, Standard & Poor’s ha confermato il grado di affidabilità del debito pubblico italiano, alla luce anche dell’ipotesi che l’economia del nostro Paese possa crescere, quest’anno e nel 2025, di poco meno dell’1%.
Tra qualche giorno, il 3 maggio, sarà Fitch ad esprimere la propria valutazione, mentre Moody’s chiuderà rendendo noto il proprio parere nel penultimo giorno del mese.
Difficile pensare che in una fase politica abbastanza complessa, permeata in parte anche dai timori che i conflitti in corso suscitano, le agenzie di rating possano emettere giudizi particolarmente severi. Anche se le ultime vicende europee, tra cui l’approvazione del Patto di Stabilità nuovo modello, potrebbero intensificare i problemi dell’italia e del suo enorme debito pubblico. Siamo alla quasi vigilia della quarta emissione del Btp Valore, cui potrebbe arridere un’altra, significativa risposta positiva, da parte dei risparmiatori del nostro Paese. Al tempo stesso, la strategia degli investitori dovrebbe aprirsi anche a soluzioni che prevedano una diversificazione. Ragione per cui, accanto al Btp Valore e ai tradizionali Bot, da utilizzare in fasi di assoluta incertezza, come l’attuale, altre opportunità si propongono agli investitori. Espatriando, come indicato poco sopra, non fisicamente, ma rivolgendosi anche ad obbligazioni denominate in monete di altri Paesi, sia europei che non hanno adottato la moneta unica, sia d’oltre Atlantico, quali gli Stati Uniti e il Canada.
Il rating
Il grado di affidabilità assegnato alle emissioni che compaiono in tabella è di livello medio alto. Naturalmente la rischiosità che deriva dall’investimento in monete non euro va ad integrare il rischio che nasce, in ogni caso, dall’effettuare un investimento. Sia in beni mobili, quali i titoli azionari, obbligazionari, sia in beni immobili, appartamenti, magazzini e altre tipologie di costruzioni.
I rapporti di cambio tra le monete internazionali vengono rilevati quotidianamente dalla Banca d’italia e pubblicati. E possono subire variazioni positive e negative.
Al tempo stesso, la presenza di più monete differenti può anche aiutare a moderare il rischio dell’investitore, se l’unica moneta di riferimento cui si affida dovesse attraversare una fase economica negativa. Situazione, questa, che non dovrebbe caratterizzare l’area euro e, di conseguenza, la moneta unica.