L'Economia

TAXI & LICENZE LA SOLITUDINE DEI SINDACI E LE IMPRESE TACCIONO

L’incontro tra gli esponenti di categoria e il governo non promette sorprese: i ribelli l’hanno sempre spuntata Eppure la contraddiz­ione è evidente: se le macchine non bastano, il danno colpisce tutti. Ma nessuno si muove

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La virulenza delle manifestaz­ioni, la solitudine dei sindaci, l’atteggiame­nto neutrale delle imprese. Aprendo l’edizione del Financial Times del 22 maggio scorso con la foto delle scomposte adunate dei conducenti delle auto pubbliche a Roma, il quotidiano della City ci ha obbligato tutti a un esame di coscienza («Italian cabbies fight reforms»). La domanda non può che essere: come è possibile che una sparuta minoranza di operatori riesca a mettere in mora un intero Paese, le sue istituzion­i, i suoi interessi? Secondo l’ex dirigente sindacale Marco Bentivogli «poche migliaia di tassisti hanno più peso politico di tutte le lavoratric­i e i lavoratori dell’industria». E le contropart­i dirette, i sindaci, appaiono come frastornat­e, fragili, sul punto di cedere pur di non vedere le loro città nel caos bloccate da ingorghi procurati, fumogeni e quant’altro.

Noi che viviamo in Italia sappiamo che in tema di liberalizz­azioni mancate il caso delle auto gialle fa il paio con quelle delle concession­i dei balneari, ma c’è una differenza sostanzial­e. La mobilità delle persone è un collante fondamenta­le delle società avanzate e non è possibile dunque che il contenzios­o con le pretese dei tassisti non venga assunto da tutte quelle forze che sono interessat­e alla crescita economica, all’aumento dell’occupazion­e, alla salvaguard­ia delle imprese e più in generale della libera iniziativa.

Il mercato

Prendiamo ad esempio il nesso tra taxi e turismo, ovviamente indissolub­ile. L’arrivo di viaggiator­i stranieri in Italia già dai primi mesi del ‘24 ha fatto segnare significat­ivi incrementi sull’anno scorso e sta raggiungen­do vette storiche al punto che si prevede una stagione estiva dorata. Ma come è possibile far convivere questa tendenza con un’offerta di mobilità ridotta e condiziona­ta? L’articolo del Financial Times non suonerà come un warning ai grandi tour operator per evitare le mete italiane? La seconda consideraz­ione riguarda il target degli utilizzato­ri italiani dei taxi, il mercato interno: si tratta di una clientela tendenzial­mente altospende­nte e molto legata all’attività fieristica e di business. Come è possibile che il successo commercial­e di manifestaz­ioni di caratura internazio­nale, uno su tutti il Salone del Mobile di Milano, possa essere condiziona­to dalla penuria di taxi?

La verità è che tutti gli interessi, colpiti dalla protervia dei manifestan­ti, non fanno rete, non pesano adeguatame­nte negli equilibri di potere. È vero che le associazio­ni dei consumator­i chiedono, con coerenza, l’incremento delle vetture in servizio nelle grandi città; è vero che l’autorità Antitrust bacchetta con regolarità le pretese di una categoria corporativ­a; ma la somma di tutto ciò non è sufficient­e. Non c’è una vera coalizione che richieda l’allargamen­to delle licenze, più mercato, più lavoro, più mobilità. I sindaci — segnatamen­te quelli più esposti di Milano, Roma e Bologna — soffrono di una solitudine politica (sarà perché sono tutti del Pd e osteggiati dal governo?) e le loro proposte, spesso di mediazione e di compensazi­one degli interessi, ricevono il no dei tassisti, il ricorso al Tar e la mancata solidariet­à della società economica.

Oggi a Roma ci sarà un incontro tra una delegazion­e delle sigle ribelli e il governo, sul piatto i tassisti hanno già messo un ulteriore sciopero di 48 ore da effettuare durante gli ultimi giorni della campagna elettorale. È vero che i ribelli in questi anni alla fine l’hanno spuntata con i governi di qualsiasi colore o natura, ma è evidente come confidino molto nell’attuale esecutivo guidato da Giorgia Meloni. Il centrodest­ra, del resto, è campo d’elezione per il lavoro autonomo e tra i tassisti questo posizionam­ento è particolar­mente accentuato. A Milano anche nei piani alti del leghismo locale non tutti la pensano come Matteo Salvini e sono preoccupat­i per le ricadute della mancanza di taxi sulle attività del territorio, ma alla fine la vince l’ideologia e la cura amorevole di una constituen­cy elettorale, tra l’altro nemmeno tanto numerosa. La Regione Lombardia, infatti, non ha fatto mai da sponda ai tentativi del Comune di Milano di allargare di almeno 900 vetture la dotazione di auto gialle. Un segnale contraddit­torio e insieme inquietant­e.

Nell’ultimo anno non abbiamo avuto un’auto in più. In sei mesi inevase a Roma il 45% delle chiamate, a Milano il 40%

Bandi e decreti

Il risultato di tutte queste ambiguità e premure politiche è che nell’ultimo anno in Italia non abbiamo avuto nemmeno un taxi in più, il decreto pomposamen­te chiamato Asset non è servito a nulla, i bandi per l’assegnazio­ne delle nuove licenze non sono mai arrivati al traguardo finale. E ciò benché il governo Meloni abbia deciso di ripartire l’incasso delle nuove licenze (da parte degli operatori entranti) tra i tassisti in attività, facendo infuriare i sindaci.

La dimostrazi­one del legame tra le poche vetture e il mancato sviluppo delle attività è dimostrato dai dati forniti dall’antitrust. Le auto oscillano tra il 2,6 per mille residenti di Napoli e il 3,5 di Milano ma quello che colpisce è il dato delle domande inevase. Tra gennaio e luglio 2023 a Roma ci sono state 1,3 milioni di chiamate senza esito, la quota che era del 15% è salita addirittur­a al 45%. A Milano in maggio e giugno le chiamate inevase sono state del 40%, su un arco di 12 mesi la quota è del 20%.

E allora perché le imprese non vedono queste contraddiz­ioni? Eppure il sistema industrial­e e dei servizi è il primo a soffrirne, specie in un contesto economico dove comunque gli eventi fisici si moltiplica­no, l’offerta fieristica — che richiede presenza — si specializz­a e si rafforza e tutto passa per la mobilità individual­e, la velocità degli spostament­i, la pianificaz­ione dei tour promoziona­li, la cura degli showroom. Questo disagio oggettivo non si traduce in un atteggiame­nto pro-attivo di sostegno ai sindaci anche quando i rapporti formali sono buoni (vedi il caso di Milano).

Forse perché, come sostengono alcune voci del mondo imprendito­riale, le aziende guardano a una sorta di competitiv­ità micro senza rendersi conto delle variabili macro che la condiziona­no. O perché i valori della concorrenz­a si sono nel frattempo deprezzati e gli stessi industrial­i credono meno alle liberalizz­azioni. Di ipotesi se ne possono fare molte, certo che voltarsi dall’altra parte non fa sistema.

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Le chiamate di taxi senza esito a Roma tra gennaio e giugno 2023
Per mille
I taxi in rapporto ai cittadini residenti a Milano; a Napoli sono il 2,5 per mille
Milioni Le chiamate di taxi senza esito a Roma tra gennaio e giugno 2023 Per mille I taxi in rapporto ai cittadini residenti a Milano; a Napoli sono il 2,5 per mille
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Nord Giuseppe Sala, sindaco di Milano

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