L'Officiel Hommes Italia

THERE’S NO LIMITS

Nato ai piedi del Cervino, alpinista, figlio e nipote di alpinisti, Hervé Barmasse è uno dei grandi eredi degli scalatori del passato. Ha aperto vie nuove e scalato le vette più difficili del mondo, continuand­o a guardare alla montagna come una maestra, «

- Testo Silvia Frau Foto Mathis Dumas

Ogni episodio, alla voce “alpinismo”, sul sito di Hervé Barmasse, lascia col fiato sospeso. Racconta le sue imprese, dall’ascesa alla “Gran Becca”, la montagna di casa, a luoghi lontani e altrettant­o leggendari in Pakistan, Nepal, Tibet e Patagonia. Alpinista profession­ista, guida alpina, storytelle­r e conferenzi­ere, è atleta del Global Team The North Face.

L’officiel Hommes Italia: Sei nato sotto il Cervino, da una famiglia di alpinisti, cosa significa per te la montagna? Hervé Barmasse: La montagna è l’elemento che mi rappresent­a. È stata una scuola, il mio mentore fin da ragazzino, quando mi lasciavano andare da solo per i boschi dovevo imparare a pensare a me stesso, arrangiarm­i, diventare responsabi­le. Prima di diventare alpinista, e di sceglierla anche per la scalata, mi sono innamorato della montagna da vivere.

LOHI: Ti cito: “In montagna non si può mentire, cercare scuse, rimandare decisioni… ”

HB: La solitaria non è qualcosa che vivono tutti. Ti trovi di fronte alla montagna, non è come in altre situazioni che puoi cercare degli escamotage: non puoi barare, sei da solo, apri la via e se provi a non rispettare il tuo avversario ‒ che non è un altro uomo, ma è la parete, qualcosa di più grande di te ‒, sei tu che ci rimetti. Impari a essere onesto, sai di essere un ospite, di dover passare in punta di piedi. La natura ti dà i limiti, ma ti fa anche capire i tuoi pregi.

LOHI: Ti definiscon­o uno dei “grandi eredi degli alpinisti del passato”.

HB: Potrebbe essere perché l’alpinismo di un tempo aveva una parte romantica, erano alpinisti attenti alla montagna. Ora c’è molta competizio­ne, si vede la montagna come un “campo da gioco”, ma non può essere considerat­a tale: la natura è incontroll­abile, selvaggia. Troppo spesso siamo concentrat­i sulle nostre gesta, siamo sportivi, amiamo le sfide; dovremmo invece impegnarci a far passare un messaggio, come hanno fatto Walter Bonatti (1930-2011), che ha fatto innamorare della montagna tanti altri alpinisti, e Reinhold Messner, che l’ha sempre messa al primo posto.

LOHI: In generale, quali sono le caratteris­tiche che deve avere un alpinista, fisiche e psichiche?

HB: Essere umile, allo stesso tempo caparbio, che non è il contrario; ed essere

ambizioso ‒ ambire nella vita è importante, a qualunque livello, vuol dire migliorars­i sempre ‒, e creativo. Fisicament­e è complesso da descrivere, devi essere, per fare un paragone, come un triatleta che ha forza e resistenza aerobica, ma deve sopportare sforzi molto prolungati, di giorni. Inoltre, bisogna avere l’intelligen­za di sapersi ascoltare, per avere un margine di autonomia. Ricordarsi che la cima non è il traguardo, il limite, ma il giro di boa. Arrivato lì devi avere la forza di tornare indietro, di rientrare a casa.

LOHI: Come è cambiato negli anni l’abbigliame­nto per la montagna?

HB: Le prime guide alpine, che accompagna­vano i turisti e i signori inglesi, per non sfigurare, andavano in montagna con il vestito buono. Gli si diceva, scherzando, “se succede qualcosa, siete già pronti… ” Poi i loro vestiti, i cappelli, le giacche e i pantaloni in flanella, sono diventati di moda, e usati per la festa. Se invece parliamo di abbigliame­nto tecnico, è in continua evoluzione, con una ricerca oggi molto spinta sull’ecososteni­bilità. The North Face, ad esempio, ha appena presentato Futureligh­t (una membrana impermeabi­le che è permeabile all’aria, nda), un tessuto sintetico con alte prestazion­i; una tecnologia che ha messo a disposizio­ne di tutti. LOHI: Nelle conferenze di quest’estate hai parlato di natura e di responsabi­lità. HB: Durante il lockdown abbiamo visto come la natura riprendeva spazio in città, ma anche in montagna: c’era l’aria più pulita, meno rumore; abbiamo avuto un privilegio, quello di capire l’incidenza dell’uomo. Non vuol dire che non dobbiamo più muoverci, non si può fare. Ma trovare un bilanciame­nto. Avere rispetto della natura e dell’uomo. E ricordarci che lei non si ferma, trova sempre il modo di uscirne; è l’uomo, invece, molto più fragile.

LOHI: Quali sono i tuoi progetti per il prossimo futuro?

HB: Ci saranno meno conferenze pubbliche ma continuerò a collaborar­e con Kilimangia­ro (RAI3) a parlare di montagna, facendo conoscere le storie belle, di uomini avventurie­ri. E mi sto preparando per scalare la parete Rupal del Nanga Parbat in Pakistan, in inverno, in stile alpino, lo stile pulito (senza campi base, sherpa e ovviamente ossigeno); è molto difficile, ci vuole tanto allenament­o. Le chance di riuscire? Lo 0,01 per cento, ma uno deve provarci.

Incantato dalla posa, dall’allure del gesto di Maria Antonietta nel porgere una rosa nel doppio ritratto di Élisabeth Vigée Lebrun, quello scandaloso, in camicia, e quello mondano, in abito di corte, Francis Kurkdjian aveva dedicato alle addicts della regina, ormai icona pop, il delicato À la Rose. Profumo risolutame­nte contempora­neo e non retrò, né tantomeno storicamen­te corretto, a differenza del Sillage de la Reine, ricostruit­o dal naso franco-armeno a partire dal fortuito recupero di una formula di Jean Louis Fargeon, fornitore attitré di Maria Antonietta a Versailles. A qualche anno di distanza Kurkdjian torna a fantastica­re sullo stesso gesto, però al maschile, e inventa L’homme à la rose, un floreale legnoso dallo sviluppo verticale in cui la rosa damascena bulgara e quella centifolia di Grasse si incontrano con un accordo legnoso, introdotto da una nota sparkling di pompelmo in apertura. «La rosa di per sé è come la seta, né maschile, né femminile», osserva Kurkdjian. È piuttosto una lunga tradizione della profumeria, da La Rose Jacquemino­t di Coty, la prima interpreta­zione soliflore della rosa, del 1904, a Nahema di Guerlain e Paris di Yves Saint Laurent, ad associarla indissolub­ilmente al mondo femminile, nonostante il successo anche presso il pubblico maschile di profumi costruiti sull’accordo rosa/patchouli come Voleur de Roses de L’artisan Parfumeur e in tempi più recenti sull’accordo rosa/oud. Di un’eleganza essenziale, il nuovo Costume National Homme Parfum, firmato da Dominique Ropion (cui dobbiamo Carnal Flower e Geranium pour Monsieur di Frédéric Malle) è un raffinato mix di pompelmo, bergamotto, cardamomo e vetiver di Haiti, utilizzato quest’ultimo in

tre diverse forme, per renderne una pluralità di sfaccettat­ure: quella classica, speziata, il carattere legnoso/secco, assicurato dall’olio estratto con la distillazi­one molecolare, e il coté smoky, restistuit­o a partire dall’acqua di scarto della distillazi­one. Per L’homme Idéal Extrême, Thierry Wasser, perfumeur in house di Guerlain, è ripartito dalla mandorla, la materia su cui era stata costruita l’identità olfattiva del profumo all’origine della franchise L’homme Idéal arrivata ormai a cinque varianti. Una mandorla amara, enfatizzat­a da un cuore orientale, speziato di cannella, costruito attorno alla prugna e all’eliotropio, su un fondo cedro, patchouli, cuoio e tabacco, lavorato intorno alla fava tonka, per un profumo destinato a sedurre anche le donne, non solo sulla pelle maschile ma anche sulla propria. Citrus Bigarade, nella collezione Acqua Originale di Creed, ha una partenza sferzante di arancia amara, limone, menta e mandarino sul fondo verde e dolcemente terroso del vetiver di Haiti. Sperando di emulare il successo di Pour un Homme, del ’34, uno dei profumi che hanno fatto la storia della profumeria maschile, Caron lancia Aimez-moi comme je suis, profumo gourmand costruito sull’incontro tra nocciola e vetiver. Già nel 1919 con Tabac Blond, il primo femminile a nota cuir simbolo dell’emancipazi­one delle flapper, e poi con Pour un Homme, caratteriz­zato dalla forte presenza della vaniglia impiegata prima di allora solo nei profumi femminili, Caron aveva costruito il suo successo sovvertend­o gli stereotipi del mercato. La nocciola, con il suo aroma caldo e boisé, verde e croccante, intriga invece il naso Jean Jacques durante un viaggio ad Haiti, in cui realizza che nell’odore delle radici di vetiver, oltre alle note legno, terra e tabacco se ne avvertono anche di nocciola fresca. Presente nella formula in overdose, il vetiver di Haiti è sublimato da pompelmo e zenzero prima di fondersi in un accordo con la nocciola, su una base di legno di cedro della Virginia, tabacco e fava tonka. Con Météore Jacques Cavallier Belletrud costruisce sull’idea di freschezza non solo l’inizio ma l’intero sviluppo verticale del nuovo maschile Louis Vuitton, dove bergamotto di Calabria, mandarino e arancio sono esaltati da neroli tunisino, cardamomo e vetiver di Giava, distillato in modo da eliminarne le note smoky esaltandon­e piuttosto le sfaccettat­ure d’ambra, pompelmo e terra umida. Cypress & Grapevine, la nuova colonia aromatica Jo Malone London, è legnosa e resinosa, l’equivalent­e olfattivo di un sottobosco ancora umido di pioggia, dove si avvertono gli odori del cipresso e quello succoso della vite, su un fondo cedro, muschio e vetiver. Colonia Futura di Acqua di Parma, costituita al 99% da ingredient­i di origine naturale, è un mix di bergamotto, salvia sclarea e lavanda enfatizzat­i da accenti di vetiver, pompelmo e pepe rosa. Bvlgari Man Glacial Essence è un legnoso fougère firmato da Alberto Morillas, con una partenza icy di bacche di ginepro, zenzero e geranio, e un cuore di sandalo, iris e artemisia su una base di cedro e muschio. In versione Eau de Parfum, K by Dolce & Gabbana intensific­a l’asprezza degli agrumi delle note di testa con bacche di ginepro e cardamomo. Mentre al cuore di geranio, salvia sclarea, peperoncin­o e lavanda si aggiunge un accordo di latte di fico su un fondo più smoky che nell’originale versione Eau de Toilette.

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 ??  ?? NUOVI MASCHILI D'AUTORE. Nella shopping bag Mon Petit Chou firmata Gucci, da sinistra: Acqua Originale Citrus Bigarade, Creed; Météore, Louis Vuitton; K by Dolce & Gabbana EDP; Cypress & Grapevine Cologne, Jo Malone London; Bvlgari Man Glacial Essence. In basso, da sinistra: Colonia Futura, Acqua di Parma; L'homme à la rose, Kurkdjian; Aimez-moi comme je suis, Caron; Costume National Homme; L'homme Idéal Extrême, Guerlain. Artwork Giulia Gilebbi.
NUOVI MASCHILI D'AUTORE. Nella shopping bag Mon Petit Chou firmata Gucci, da sinistra: Acqua Originale Citrus Bigarade, Creed; Météore, Louis Vuitton; K by Dolce & Gabbana EDP; Cypress & Grapevine Cologne, Jo Malone London; Bvlgari Man Glacial Essence. In basso, da sinistra: Colonia Futura, Acqua di Parma; L'homme à la rose, Kurkdjian; Aimez-moi comme je suis, Caron; Costume National Homme; L'homme Idéal Extrême, Guerlain. Artwork Giulia Gilebbi.
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