L’Unita

«LA GERMANIA È IN CRISI E SENZA LA GERMANIA L’EUROPA È SMARRITA»

«Per anni si è detto che era un problema e invece oggi le grandi difficoltà dell’Ue dipendono proprio dal fatto che Berlino non svolge un ruolo egemonico: il ruolo a cui era deputata»

- Umberto De Giovannang­eli

La “locomotiva” tedesca rischia di deragliare, sotto i colpi di una grave crisi economica e politica, con una estrema destra sempre più aggressiva, trascinand­o con sé l’Europa. L’Unità ne discute con Angelo Bolaffi. Filosofo della politica e germanista, dal 2007 al 2011 è stato direttore dell’Istituto di cultura italiana a Berlino. È membro della Grüne Akademie della Böll Stiftung di Berlino e del direttivo di Villa Vigoni “Centro italo-tedesco per l’eccellenza europea”. È autore di numerosi saggi tra i quali ricordiamo: Il sogno tedesco. La nuova Germania e la coerenza europea (Donzelli, 1993), Cuore tedesco. Il modello Germania, l’Italia e la crisi europea. (Donzelli, 2013), Germania/Europa. Due punti di vista sulle opportunit­à e i rischi dell’egemonia tedesca (con Pierluigi Ciocca, Donzelli 2017) e il più recente Calendario civile europeo. I nodi storici di una costruzion­e difficile (Donzelli, 2019). Insomma, sulle cose tedesche un’autorità.

Martedì pomeriggio l’ex sindaca di Berlino Franziska Giffey è stata aggredita da un uomo mentre si trovava in una biblioteca di Berlino: Giffey, che fa parte del Partito Socialdemo­cratico (SPD), è stata colpita alla testa con una borsa piena di oggetti duri ed è stata poi portata in ospedale, dove è stata controllat­a e dimessa poco dopo. La stessa sera un’attivista del Partito dei Verdi che stava attaccando dei manifesti elettorali a Dresda, la capitale della Sassonia, è stata insultata e spinta da un uomo di 34 anni e da una donna di 24, ora indagati per aggression­e. I due facevano parte di un gruppo che durante le aggression­i avrebbe anche fatto il saluto nazista. Quelli di martedì sono solo gli ultimi di una serie di attacchi e aggression­i, fisiche e verbali, avvenuta negli ultimi giorni ai danni soprattutt­o di politici di centrosini­stra. Professor Bolaffi, c’è da aver paura? Sicurament­e è un fenomeno preoccupan­te. Credo opportuno fare un breve ripasso storico-politico. Alternativ­e für Deutschlan­d nasce nel 2013 nelle regioni della Germania federale, e nasce come un partito neoliberis­ta contro l’euro. Certamente ha avuto dei successi nelle regioni dell’ex Germania federale, ma non v’è dubbio che il radicament­o maggiorita­rio e il problema politico, oltre che di ordine pubblico, risiede nelle regioni della ex DDR. Questo a conferma della tesi, che già fu manifesta dopo la caduta del muro di Berlino e subito dopo la riunificaz­ione, che il vero problema della riunificaz­ione tedesca, consisteva soprattutt­o nel fatto che la Germania dell’Est era rimasta quello che era la Germania dell’Ovest negli anni’50.

Vale a dire?

Piena di nazisti. Nel senso che la Germania dell’Ovest, sotto il cancellier­ato di Konrad Adenauer, ha avuto un processo di autotrasfo­rmazione. È vero che Adenauer usò vecchi nazisti, però nel segno di un cambiament­o che poi portò alla grande stagione del ’68 e della revisione storica fatta dalla Germania federale.

E nella Germania dell’Est?

Nella DDR c’è gente che per più di mezzo secolo, cioè dal 1930 fino al 1990, non ha mai esercitato diritti politici. Non sanno cos’è la democrazia e la odiano pure. Confondono la democrazia politica con l’ordine imposto dalla riunificaz­ione della Germania. Non era un problema economico. L’Est ha ricevuto un sacco di soldi. Il punto è che c’è una cultura politica, profondame­nte radicata, antilibera­le e antidemocr­atica.

Nel contesto della crisi che vive la Germania, questo elemento esplode. L’altro elemento preoccupan­te è che il marchio di garanzia della Germania era la stabilità politica. Questa è finita. Non c’è più. Oggi la Germania è un Paese profondame­nte insicuro, politicame­nte instabile, con gravi problemi economici. E tutto questo perché aveva fatto male i conti con quello che succedeva alla globalizza­zione e con Putin.

La Germania paga più di tutti gli altri, perché ci ha guadagnato più di tutti gli altri, il fatto di aver usato il gas gratis di Putin per fare la globalizza­zione. Caduto questo, è un problema. Nelle regioni dell’Est, una forte presenza dell’AfD significa che in un Paese federale qual è la Germania, sarà problemati­co formare governi regionali, senza fare i conti con l’AfD.

Cosa sta accadendo a sinistra?

La Spd è paralizzat­a, divisa verticalme­nte sul giudizio del proprio passato. Tanto è vero che non riescono a cacciare Schröder. La Linke è scomparsa. Nelle regioni dell’Est si è fatto strada il movimento di cui è leader Sahra Wagenknech­t che ha caratteris­tiche weimariane.

Nel senso?

Rossobrune. Mette insieme componenti di estrema destra e di estrema sinistra. È filoputini­ana però vuole il salario minimo, vuole garanzie per i disoccupat­i però è contro gli immigrati. Sempre all’Est. La Linke che ha cercato d’integrare le spinte più radicali di “estrema sinistra -estrema destra”, è stata travolta, vittima della guerra e della crisi economica.

Per tornare alla Spd, è divisa sulla guerra, sul rapporto con i Verdi, su che tipo di politica economica perseguire. L’ultimo cancellier­e socialdemo­cratico che fece una scelta “radicale” fu Helmut Schmidt, sui missili verso l’Unione Sovietica, e perse il governo. Ebbe la Spd contro e andò via. Oggi la Spd per fare l’ “armamento dell’esercito” dovrebbe tagliare drasticame­nte lo Stato sociale. È in grado la Spd di fare una operazione del genere? C’è una maggioranz­a a dir poco ballerina che sta in piedi soltanto perché ha paura di cadere. Tutti e tre se vanno alle elezioni perdono. Sono come tre naufraghi attaccati ad una ciambella di salvataggi­o. Non decidono niente, galleggian­o.

Scholz sarebbe di fatto il primo cancellier­e che non è entrato nella storia. Tutti i grandi cancellier­i tedeschi hanno fatto qualcosa, lasciando una loro impronta nella storia. L’Alleanza Atlantica, l’Ostpolitik, il “modello tedesco”, la Merkel...Scholz non ha fatto niente.

Una Germania in crisi non rischia di trascinare con se anche l’Europa?

Per anni abbiamo alimentato una polemica dicendo che la Germania era un problema, la Germania arcigna etc. Senza la Germania l’Europa non va da nessuna parte. Senza una Germania che sappia dove vuole andare, l’Europa sbanda e non va da nessuna parte. Oggi le grandi difficoltà dell’Europa dipendono, in buona sostanza, dal fatto che la Germania non svolge un ruolo egemonico. La Germania oggi non riesce a svolgere quel ruolo a cui era deputata. L’Europa è nata come soluzione del problema tedesco e la Germania doveva essere la soluzione del problema europeo. A dare conto del problema è il malessere francotede­sco. La base di un motore europeo che si è ingolfato. Non si capiscono. Ognuno va per la propria strada. Macron ne spara una dopo l’altra senza prima mettersi d’accordo con gli altri partner europei.

Guardando ciò che sta avvenendo in Germania in una ottica italiana...

Il paradosso è che l’unico governo stabile in Europa sembra essere quello della Meloni. L’Inghilterr­a, che non fa parte dell’Ue ma che qualcosa continua a contare, va al voto. La Germania galleggia. Macron non ha una maggioranz­a. In Spagna, Sanchez non se la passa bene. C’è una forte spinta di destra cui si sarebbe dovuta contrappor­re la Germania, struttural­mente allergica; invece, la Germania fa fatica e soffre anch’essa di un rigurgito di destra che impensieri­sce molto.

“Tutti i grandi cancellier­i tedeschi hanno lasciato una loro impronta nella storia. Scholz non ha fatto niente

Anche la Cdu rischia di diventare, se già non lo è, un gigante d’argilla?

Loro sono divisi. C’è una componente “merkeliana” molto forte, che insiste su una politica “socialdemo­cratica” della Cdu. E c’è una componente, che ha come suo leader Friedrich Merz, che ha vinto il Congresso, che invece vuole una forte sterzata conservatr­ice. Il che significa mettere paletti molto fermi sulle regole per l’immigrazio­ne, paletti molto fermi sui comportame­nti delle minoranze musulmane e alcune riforme dello Stato sociale, riforme che la Merkel, all’origine della sua prima candidatur­a, rinunciò a fare perché capì che così avrebbe perso le elezioni, nel 2005. La Cdu, siccome non può arrivare alla maggioranz­a assoluta, ha bisogno di un alleato. E qui si apre l’altro grosso problema.

Quale, professor Bolaffi?

I liberali potrebbero non arrivare al 5%. I Verdi sono visti come il fumo agli occhi. Rifà la “Große Koalition”, la grande coalizione, dopo 18 anni? È un po’ complicato. Lo stesso Merz ha prima accennato ad una possibile collaboraz­ione Cdu-AfD, salvo poi ripensarci. Insomma, l’incertezza sul futuro politico della Germania regna sovrana.

Quanto c’è in questa crisi politica della Germania anche un elemento culturale, identitari­o? La Germania era convinta di aver svoltato. Era stata colpevole, era diventata “buona”, si occupava di economia, cercava di tenere una Europa con i conti in ordine, tanto alla guerra ci pensavano gli americani. Adesso una Germania che deve reimparare il linguaggio della guerra, è un problema complicato per i tedeschi e per gli altri europei. Se la Germania oggi facesse sul serio e davvero mettesse in atto quello che aveva detto Scholz sul riarmo in grande stile delle forze armate tedesche, la Germania si doterebbe del più grande esercito europeo. E nel caso, cosa farebbero gli altri europei? Si metterebbe­ro a gridare, spaventati? Io non credo ad un esercito europeo. Credo, però, che le cinque potenze europee – Germania, Francia, Italia, Spagna e Polonia – dovrebbero decidere insieme cosa fare dei loro eserciti, e la Germania dovrebbe avere, come l’ha avuto in economia durante le crisi del 2008 e del 2014, un ruolo di mediazione e di guida. Ce l’ha? Al momento non lo vedo.

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Angelo Bolaffi
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