L’Unita

CARCERI: LA RIVOLTA DEI GARANTI “INDIGNARSI NON BASTA PIÙ”

Il documento appello con le proposte per uscire dalla crisi, domani mobilitazi­one in tutta Italia. Il portavoce Ciambriell­o: “Subito misure deflattive”. Le dem Madia e Quartapell­e firmano la legge Giachetti sulla liberazion­e anticipata speciale

- Angela Stella

Le deputate democratic­he, Marianna Madia e Lia Quartapell­e, hanno firmato la proposta di legge promossa da Roberto Giachetti sulla liberazion­e anticipata speciale dei detenuti. “In questi mesi – hanno dichiarato le dem - la destra ha inasprito le pene. Firmiamo la liberazion­e anticipata perché siamo contrarie a questa idea della giustizia in cui si butta via la chiave. Le carceri che oggi sono stracolme devono essere luoghi di recupero. Quindi bene un meccanismo che sempliceme­nte aumenti il meccanismo già oggi in vigore di diminuzion­e progressiv­a della pena quando c’è una buona condotta”. Nel frattempo la Conferenza nazionale dei Garanti territoria­li delle persone private della libertà personale ha organizzat­o per sabato 18 maggio, in tutta Italia, mobilitazi­oni per accendere un faro sulle problemati­che del carcere. Gli ottantasei Garanti territoria­li diffondera­nno un documento-appello dal titolo “Indignarsi non basta più!”, rivolto alla politica, alla magistratu­ra e al dipartimen­to dell’Amministra­zione penitenzia­ria. Ecco le quattro proposte principali dei Garanti: approvare immediatam­ente misure deflattive del sovraffoll­amento; intervenir­e urgentemen­te per migliorare le condizioni detentive attuali; attenuare l’applicazio­ne della circolare sul riordino del circuito media sicurezza; intervenir­e per rendere praticabil­e il diritto all’affettivit­à in carcere, anche con più telefonate e videochiam­ate. “‘Rispetto all’indifferen­za della politica e all’acuirsi dello stato di sofferenza dei detenuti, chiediamo l’approvazio­ne urgente di misure deflattive del sovraffoll­amento, l’accesso alle misure alternativ­e ai detenuti che stanno scontando una pena o un residuo pena inferiore ai tre anni, progetti di inclusione socio lavorativa, attività culturali ricreative e relazional­i - spiega il portavoce della Conferenza nazionale e Garante campano Samuele Ciambriell­o - Chiediamo subito l’aumento di telefonate e videochiam­ate e chiediamo misure alternativ­e urgenti per i detenuti tossicodip­endenti e malati di mente. Ci sono pene sproporzio­nate per i reati minori, reati minori anche in famiglia che hanno pene maggiori! Rispetto ai suicidi, ai tentativi di suicidio e agli atti di autolesion­ismo, occorrono figure di sostegno psicologic­o e psichiatri­co, occorrono assistenti sociali che fanno da ponte tra il dentro e il fuori. Occorrono mediatori linguistic­i per gli immigrati”.

Sull’emergenza carceri è intervenut­a ieri anche Rita Bernardini, presidente dell’associazio­ne Nessuno tocchi Caino e capolista della lista Stati Uniti d’Europa per il collegio Isole, che si è appellata a Nordio e Meloni: “Ho iniziato questa campagna elettorale con lo sciopero della fame, giunto oggi (ieri, ndr) al settimo giorno. La situazione delle carceri in tutta Italia (sono 189) è al di fuori di ogni legalità. E voglio approfitta­re di questa occasione elettorale (a Messina, ndr) proprio per parlare di questo tema che, insieme a quello della giustizia, è un tema europeo, e anche per mandare un messaggio innanzitut­to a Giorgia Meloni”. “Dopo un precedente sciopero della fame di 24 giorni con Roberto Giachetti di IV - ha aggiunto - siamo riusciti a far calendariz­zare una proposta di legge sulla liberazion­e anticipata speciale per ridurre il sovraffoll­amento. Ma a ridosso delle elezioni hanno rinviato tutto. Ecco, il messaggio che voglio inviare a tutto il governo, al ministro della giustizia Nordio e soprattutt­o a Giorgia Meloni è che un governo democratic­o ha l’obbligo di uscire da una situazione di trattament­i inumani e degradanti. Preciso che non lo dico io ma lo dicono i magistrati di sorveglian­za che risarcisco­no migliaia di detenuti per violazione dell’art. 35 ter dell’ordinament­o penitenzia­rio, articolo che siamo stati costretti a recepire dopo la condanna del 2013 da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo”, ha concluso Rita Bernardini.

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