L’Unita

IL CORTO CIRCUITO DELLA PROCURA FIORENTINA

Spiezia, togato di Unicost, era stato appoggiato dai togati conservato­ri e dai laici di destra. C’è chi temeva un reset dei fascicoli “scomodi”, adesso invece il nuovo procurator­e dovrà gestirli in prima persona

- Paolo Comi

Eper fortuna ci doveva essere un cambio di passo, una “soluzione di continuità” con la precedente gestione dell’ufficio giudiziari­o del capoluogo toscano.

Il nuovo corso della Procura di Firenze è iniziato dove è finito il precedente, e quindi dalle indagini sulla Fondazione Open di Matteo Renzi e soprattutt­o sui mandanti esterni delle stragi di mafia del 1993 che vedono fra gli indagati, scomparso Silvio Berlusconi, l’ex senatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri e da questa settimana anche il generale Mario Mori. Lo scorso luglio, quando il Consiglio superiore della magistratu­ra, anche con il voto del vice presidente Fabio Pinelli, nominò Filippo Spezia procurator­e di Firenze, ci furono infatti le barricate da parte delle toghe di Magistratu­ra democratic­a che temevano l’arrivo di un “normalizza­tore” a capo dell’ufficio. “Suscita perplessit­à - scrissero in un duro comunicato - la composizio­ne della maggioranz­a che ha espresso il procurator­e della Repubblica, posto che essa fa intraveder­e una saldatura tra una precisa componente consiliare e la componente laica espressa da una matrice politica che ha esplicitam­ente rivendicat­o la necessità di una soluzione di continuità nell’azione della Procura della Repubblica di Firenze”.

Filippo Spiezia, togato di Unicost, la corrente dell’ex capo dell’Anm Luca Palamara, era stato appoggiato dai togati conservato­ri e dai laici di destra, un mix che faceva temere un reset dei fascicoli “scomodi”.

Invece di mandarli in soffitta, alla prova dei fatti Spiezia si troverà adesso a gestirli in prima persona in quanto Luca Turco fra qualche mese andrà in pensione e Luca Tescaroli è stato trasferito a Prato come procurator­e. Il cortocircu­ito fiorentino è ben evidenziat­o dal fatto che il sottosegre­tario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, magistrato culturalme­nte vicino ai togati ed ai laici che hanno votato Spiezia, ha manifestat­o l’altro ieri solidariet­à a Mori. Una mossa che non può non mettere in difficoltà Spiezia che dovrà decidere se esercitare o meno l’azione penale a carico del generale. Il procedimen­to sulle stragi del 1993 della Procura di Firenze, va ricordato, ha raccolto alcuni dei teoremi della vecchia inchiesta “Sistemi criminali” condotta dagli ex pm palermitan­i Antonio Ingroia e Roberto Scarpinato e archiviata nel 2000. In particolar­e, è tornata l’ipotesi di personaggi esterni alla mafia che avrebbero partecipat­o agli attentati, un “terzo livello” composto da potenti massoni, imprendito­ri, piduisti, e mafiosi assortiti che avrebbero dato l’avvio alle stragi per destabiliz­zare la vita democratic­a nel Paese. Nell’imputazion­e di Mori figura a tal proposito il terrorista fascista Paolo Bellini, condannato all’ergastolo per la strage della stazione di Bologna.

Il teorema della Procura di Firenze fa però a pugni con le risultanze del processo Trattativa Stato-mafia. Secondo quest’ultimo procedimen­to, Dell’Utri sarebbe stato colui che aveva veicolato la minaccia mafiosa al primo governo Berlusconi. Per i pm fiorentini, l’ex presidente del Consiglio sarebbe invece arrivato al governo grazie alle stragi e all’appoggio di Cosa nostra. Lo stesso dicasi per Mori che è stato processato ed assolto per aver trattato per far cessare le stragi e adesso è accusato di averle in qualche modo agevolate. Mettendo da parte il processo Trattativa Stato-mafia, questa è l’ennesima inchiesta sui mandanti esterni, tutte finite in un nulla di fatto. Nella prima, archiviata nel 1998 dalla stessa Procura fiorentina, Berlusconi e Dell’Utri venivano nominati “Autore uno” e “Autore due”. Dopo fu il turno della Procura di Caltanisse­tta. A indagare sempre Tescaroli insieme a Nino Di Matteo. In quel caso Berlusconi e Dell’Utri erano chiamati “Alfa” e “Beta”.

Nel 2008 ci riprovò la Procura di Firenze. Nel 2017 ecco un nuovo procedimen­to nel capoluogo toscano riaperto da Tescaroli come conseguenz­a delle intercetta­zioni dei colloqui in carcere del boss di Brancaccio Giuseppe Graziano effettuate nell’ambito dell’inchiesta trattativa Stato-mafia. Piccola nota a margine: ieri il comandante generale dell’Arma dei carabinier­i Teo Luzi ha fatto diramare un comunicato in cui esprime vicinanza a Mori “confidando che anche in questa circostanz­a riuscirà a dimostrare la sua estraneità ai fatti contestati”.

Il sottosegre­tario Mantovano ha espresso solidariet­à a Mori, una mossa che non può mettere in difficoltà Spie zia

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Filippo Spiezia
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Alfredo Mantovano

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