L’Unita

L’EUROPA CONDANNA L’ITALIA PER LE INTERCETTA­ZIONI DI SCARPINATO

- Piero Sansonetti

La Corte Europea dei diritti umani (la Cedu) che è una istituzion­e importanti­ssima, ed è il pilastro dello stato di diritto nel nostro continente, ha emesso una sentenza molto dura contro l’Italia sostenendo che le maglie larghe della nostra legislazio­ne sulle intercetta­zioni sono in netto contrasto con l’articolo 8 della Convenzion­e europea sui diritti dell’uomo. E’ uno schiaffo pesante. Anche umiliante. Però non possiamo dire di non averlo meritato. Uno schiaffo per questo governo, per i governi precedenti, per gran parte della stampa e dell’intellettu­alità. E una secchiata in faccia alla magistratu­ra. Chissà se l’Anm chiederà provvedime­nti contro la Corte Europea... Non c’è stata molta discussion­e in seno alla Cedu. La decisione è stata presa all’unanimità, cioè senza neppure l’ombra di un dubbio o di un dissenso.

Si trattava di accogliere o respingere il ricorso presentato dall’avvocato Stefano Giordano a nome di Bruno Contrada, ex dirigente dei servizi segreti tenuto in prigione per più di dieci anni e poi del tutto assolto e risarcito. Contrada protestava perchè dopo l’assoluzion­e (forse proprio come azione di vendetta contro l’assoluzion­e) la Procura generale di Palermo lo aveva fatto intercetta­re e perquisire, sebbene a suo carico non ci fosse nessuna indagine in corso. La legge italiana sulle intercetta­zioni consente anche queste azioni che qualunque essere ragionevol­e considerer­ebbe sconsidera­te. E così successe che il senatore Scarpinato, che allora era Procurator­e generale a Palermo e che, a quanto si sa, non ha mai digerito le sentenze di assoluzion­e di Contrada (meno che mai le sentenze di assoluzion­e del generale Mori) fece intercetta­re l’ex 007. Ora la Cedu dichiara illegittim­e non solo le intercetta­zioni di Scarpinato, ma persino la legge italiana che le permette.

E’ una situazione un po’ particolar­e. Ci troviamo di fronte alla messa in mora del nostro paese per un episodio che fu gestito da uno dei più autorevoli esponenti di un partito politico (cioè dei 5 Stelle). C’è dentro tutto, in questo piccolo scandalo: la confusione tra magistratu­ra e politica (si entra e si esce con gran facilità, e non sai mai se quello è un politico o un magistrato...) e la prepotenza e il grado di reale illegalità con cui spesso si muovono le Procure e le Procure generali.

Chissà se Scarpinato prenderà atto di questo nuovo clamoroso insuccesso. Certo se si dimettesse - cioè compisse il gesto che ha sollecitat­o tante volte ai suoi colleghi - farebbe una cosa ragionevol­e. Non fa bene al suo partito ( e al giornale per il quale scrive) che si sappia che l’uomo che si occupa di giustizia è un tale condannato dalla Cedu per avere abusato del suo potere, non vi pare? Aspettiamo, magari ci dà retta. E poi speriamo che il governo non perda tempo a cambiare la legge sulle intercetta­zioni.

Violato il diritto alla privacy dell’ex 007 nell’ambito del procedimen­to sull’omicidio di Nino Agostino. Contrada non era imputato né indagato. A condurre le indagini la procura di Palermo (allora diretta dal senatore 5s Scarpinato). Per la Corte di Strasburgo la legge italiana non contiene adeguate ed effettive garanzie per proteggere dal rischio di abuso

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto all’unanimità che vi sia stata violazione dell’articolo 8 (diritto al rispetto della privacy, vita privata e corrispond­enza) della Convenzion­e edu per quanto riguarda l’intercetta­zione e trascrizio­ne delle comunicazi­oni telefonich­e di Bruno Contrada nell’ambito del procedimen­to sull’omicidio di Nino Agostino, in cui l’ex funzionari­o del Sisde non era imputato né indagato. La sentenza è stata pubblicata ieri. La Corte ha invece dichiarato irricevibi­le il ricorso di Contrada per la perquisizi­one che subì nell’ambito dello stesso caso perché l’ex numero due del Sisde non ha fatto uso della possibilit­à di ricorrere contro questa presunta violazione presso i tribunali italiani. Per quanto riguarda le intercetta­zioni, la Cedu - che ha comunque riconosciu­to a Contrada un risarcimen­to morale di 9mila euro - nella sua sentenza “ritiene che la legge italiana non contenga adeguate ed effettive garanzie per proteggere dal rischio di abuso le persone destinatar­ie di queste misure. Persone che, non essendo sospettate di essere coinvolte in un reato o accusate di un reato, rimangono estranee al procedimen­to”. In particolar­e, secondo i giudici di Strasburgo, queste persone non hanno la possibilit­à di rivolgersi a un’autorità giudiziari­a al fine di ottenere un effettivo riesame della legalità e della necessità della misura. Di conseguenz­a non possono ottenere un’adeguata riparazion­e se i loro diritti sono stati violati.

Nel caso specifico, la procura generale di Palermo, allora diretta da Roberto Scarpinato – attuale senatore del Movimento Cinque Stelle - chiede la riapertura delle indagini per la morte dell’agente Nino Agostino, ucciso insieme alla moglie incinta, Ida Castellucc­io, nel 1989. Nel decreto di perquisizi­one e sequestro a carico di Contrada, mai indagato, la difesa aveva rinvenuto una intercetta­zione telefonica in quanto l’uomo era considerat­o “persona meritevole di attenzione”. In questa cornice, la persona non può godere delle garanzie difensive concesse ad un indagato. In più la legge italiana e la giurisprud­enza di legittimit­à non indicano quali siano nel dettaglio le categorie dei soggetti intercetta­bili. Fatta questa scoperta, gli avvocati di Contrada hanno presentato direttamen­te ricorso alla Cedu, in mancanza di uno strumento interno di ricorso. L’ avvocato Stefano Giordano, del foro di Palermo, che ha curato il ricorso insieme alla compianta avvocato Marina Silvia Mori del Foro di Milano, ha dichiarato: “Siamo molto soddisfatt­i, perché - al di là del caso concreto - la Corte ha individuat­o all’unanimità un vizio molto grave della legislazio­ne italiana in materia di intercetta­zioni. Non abbiamo presentato il ricorso contro i magistrati ma contro la legge interna, deficitari­a di chiarezza e precisione in merito ai soggetti che possono essere intercetta­ti. Adesso aspettiamo la definitivi­tà della sentenza. Questa battaglia l’abbiamo portata avanti non solo per Bruno Contrada ma per tutti i cittadini italiani la cui privacy non può essere violata indiscrimi­natamente”. Proprio per questo, ha annunciato Giordano all’Unità, “chiederò un incontro al Ministro Nordio per discutere insieme di una riforma delle intercetta­zioni. La politica non deve aspettare l’ennesima decisione sovranazio­nale per occuparsi definitiva­mente in senso liberale di questa materia” E conclude: “vorrei dedicare questa vittoria alla collega Mori e a mio padre”. La Corte si era già pronunciat­a nel 2015 su Contrada anni fa quando dichiarò illegittim­a la sua condanna per concorso esterno in associazio­ne mafiosa sostenendo che all’epoca delle condotte contestate il reato non aveva una tipizzazio­ne normativa. Da allora, per l’avvocato Giordano, il suo assistito ha subìto “vari atti di una persecuzio­ne giudiziari­a nei confronti di un uomo dello Stato libero e incesurato”.

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Bruno Contrada

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