Nuovo come L’OLIO
È BUONO, FA BENE E NON POSSIAMO FARNE A MENO (OGNI ANNO NE CONSUMIAMO PIÙ DI DIECI CHILI A TESTA). IN OTTOBRE ARRIVA QUELLO DELL’ANNO. PREPARIAMOCI A SCEGLIERLO CON I CONSIGLI DEL NOSTRO ESPERTO
Ifrantoi lavorano a pieno ritmo per spremere le olive del nuovo raccolto. È questo il momento di organizzare uno shopping tour in uno dei tanti paesi dell’olio italiani. Come si riconosce quello di qualità? Lo abbiamo chiesto a Luigi Caricato, scrittore e oleologo, organizzatore dell’evento Olio Officina Festival (la settima edizione si terrà a Milano dall’1 al 3 febbraio 2018) e autore di molti libri, tra cui, ultimo, l’Atlante degli oli italiani per Mondadori. Come si sceglie un olio extravergine? «Assaggiandone tanti, con un atteggiamento di curiosità e senza preclusioni riguardo l’area geografica di provenienza. Il colore non è sinonimo di qualità, a patto che l’olio non sia molto pallido, invece i profumi ci possono dare indicazioni importanti; devono sempre essere gradevoli, puliti e riconducibili alla verdura o alla frutta: pomodoro, carciofi, mandorla, mela… All’assaggio l’olio deve essere fluido e non deve mai lasciare la bocca unta o impastata. Meglio appuntarsi via via gli oli preferiti, con i relativi prezzi, per conservarne ricordo. L’ideale è selezionarne almeno due o tre, da usare in base alle diverse preparazioni». Come si legge l’etichetta? Quali sono gli «indicatori» da tenere d’occhio per valutare la qualità? «L’etichetta riporta una serie di informazioni importanti, ma che di per sé non assicurano la bontà di un olio. Prima di tutto è indicata la tipologia merceologica: extravergine o semplice olio di oliva; il tipo di coltivazione: agricoltura convenzionale o biologica; l’origine: Dop, Igp, 100% italiano o di produzione estera. Vi sono poi altre voci informative, come la dicitura “spremitura o estrazione a freddo”, da preferire poiché indica un processo produttivo in grado di mantenere intatte le proprietà benefiche dell’olio: ma più che un’informazione è uno specchietto per le allodole, perché, a differenza di vent’anni fa, oggi è un procedimento usato da tutti». Parliamo dei polifenoli. Che cosa sono e perché sono importanti? «I polifenoli, ma è più corretto chiamarli biofenoli, sono l’anima dell’olio. Si tratta di una vasta famiglia di componenti che svolge diverse funzioni, nutritive, conservanti e antiossidanti. Sono anche i responsabili delle sensazioni gustative e olfattive e quindi determinano la caratterizzazione sensoriale degli oli». Qual è il prezzo corretto dell’olio? Serve per orientarsi nella grande distribuzione? «Il prezzo inganna. In Italia l’olio è il prodotto più soggetto a promozioni. È una politica commerciale sbagliata che danneggia tutti, anche il consumatore, che può essere indotto a pensare che un prezzo basso sia per forza sinonimo di bassa qualità, mentre non è sempre vero. Stabilire un prezzo “sicuro” non è possibile: l’olivicoltura ha costi di produzione molto differenti tra pianura, collina e montagna. L’olio estero, per esempio, costa meno perché la produzione è più economica. Conviene quindi scegliere in base alle proprie preferenze, e con un’accortezza: riservare gli oli meno pregiati per la cottura e quelli più particolari per l’impiego a crudo». E i tanti extravergini esteri venduti in Italia? «Quest’anno abbiamo importato l’80% dell’olio, perché non ne produciamo abbastanza. Non piantiamo più olivi e molti oliveti sono in stato di abbandono; abbiamo un’olivicoltura vetusta, con costi di produzione elevati e consumatori poco disposti a spendere. Per importare meno olio dall’estero, dobbiamo rinnovarci e produrre di più. Ma non bisogna avere pregiudizi. Tutti gli oli sono buoni, se lavorati bene; l’origine cambia solo il profilo sensoriale, ma la qualità può essere alta ovunque».