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IN UN BORGO DI MONTAGNA SOPRA LECCO, I SANELLI PRODUCONO COLTELLI COME UN SECOLO FA. CON IL MEGLIO DELLA TECNOLOGIA DI OGGI, MOLTA FANTASIA E POCHISSIMA NOSTALGIA
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L’officina di famiglia? Era il mio doposcuola già dalle elementari: sono cresciuto fra i coltelli». Strana infanzia quella di Antonio Sanelli. Un luogo che per la maggior parte di noi sarebbe stato tassativamente proibito per lui era un «parco giochi». Ecco come è cominciata la storia di un signore dalla parlata schietta, un po’ ruvida e le idee molto chiare, che è riuscito a prendere le redini, insieme con i cugini, dell’attività di famiglia, le Coltellerie Sanelli, e a renderla un successo internazionale. Fondata nel 1864, la Sanelli ha la sua sede storica a Premana, un borgo di poco più di duemila abitanti a 1000 metri di altitudine, con case arroccate sulla roccia nella remota Valvarrone, sopra Lecco. Qui, già dal Medioevo, si forgiavano spade, forbici e articoli da taglio e si lavorava il ferro, estratto dalle vicine miniere.
Oggi siete famosi nel mondo: l’intuizione giusta?
«Ci siamo specializzati in strumenti da cucina di alto livello. Dobbiamo tutto però all’intraprendenza del bisnonno Ambrogio Sanelli, che nella seconda metà dell’800 avviò l’attività. Aveva fatto pratica nelle officine veneziane e affinato l’arte su un barcone galleggiante, a Verona. Rientrato a Premana, rimise in funzione da solo uno degli antichi forni fusori abbandonati. Una piccola rivoluzione con cui è iniziata la nostra storia».
Qual è stata, invece, la sua rivoluzione?
«Abbiamo introdotto le macchine, le più tecnologiche, acquistate in Germania. Il problema di tante aziende italiane è quello di riuscire a evolversi senza perdere il patrimonio storico di artigianalità ed esperienza. Oggi noi siamo hi-tech ma, se volessimo, potremmo produrre ancora coltelli come nell’800. Nel 2014, per i 150 anni della Sanelli, l’abbiamo anche fatto, rieditando un modello d’archivio».
Come si fanno convivere artigianalità e tecnologia?
«Con la creatività. Sa come mi è venuta l’idea per la nostra linea di coltelli di ispirazione orientale? Da una scopa. Stavo cercando un pezzo di legno per abbozzare un’impugnatura: in azienda c’era solo una vecchio manico di scopa. L’ho utilizzato per creare un prototipo da passare al no- stro progettista. Ne è nata una collezione di utensili che ci invidiano in tutto il mondo».
Qui vedo l’artigianato, ma la tecnologia dov’è?
«Nella continua ricerca dei materiali. Abbiamo brevettato un’impugnatura, battezzata Biomaster. Ha un nuovo rivestimento verde arricchito di ioni d’argento, con una funzione antibatterica. Un fattore molto importante per chi lavora con gli alimenti».
Gli chef amano molto i vostri prodotti: come rispondete alle loro esigenze?
«La cucina è in forte evoluzione e gli strumenti richiesti devono essere sempre più sicuri e performanti, avere una buona tenuta del filo e grande maneggevolezza. Per ottenere questo risultato bisogna disporre di un ottimo acciaio: noi utilizziamo quello chirurgico».
Che cosa rende speciale un vostro coltello?
«L’affilatura perfetta, per esempio. In questo la bravura di un artigiano è fondamentale: quella manuale sarà sempre migliore di quella meccanica. Un buon prodotto inoltre ha lama e impugnatura ben bilanciate. Abbiamo collaborato con il Politecnico di Milano per ottimizzare l’ergonomia dei nostri coltelli, in modo che chi li usa non si affatichi. Devono essere come un paio di occhiali: ci si deve dimenticare di indossarli, tanto sono leggeri».
Dalle montagne lombarde alla televisione: voi siete i fornitori di vari show cooking.
«Collaboriamo con Masterchef e Celebrity Masterchef Italia, con Hell’s Kitchen, sia per la versione italiana sia polacca, e con il talent Top Chef Italia».
Che cosa vogliono star della cucina come Antonino Cannavacciuolo o Carlo Cracco?
«Prodotti personalizzati. C’è un coltello per ogni occasione: lunghi e sottili per i salumi, alti e spessi per le verdure. Ne produciamo anche uno creato apposta per un formaggio cremoso come il gorgonzola. Il più strano? Uno a croce, con due lame perpendicolari per tagliare la mortadella a spicchi. Ce lo commissionò una nota azienda di salumi».
Lei ha tre figli: in bottega si sta formando una quinta generazione di Sanelli?
«Dipende, il loro posto se lo dovranno guadagnare. Voglio che prima imparino le lingue, viaggino. Il mio rimpianto è quello di non aver studiato di più».
Oltre a produrli, li colleziona i coltelli?
«No, però ne conservo uno regalatomi anni fa da colleghi americani che riforniscono anche l’esercito. Sostenevano che le nostre lame eguagliavano in qualità le loro, studiate per usi militari. Per il resto non mi piace guardare al passato. Il mio motto è lo stesso di mio nonno: sempre avanti».
Gli chef chiedono strumenti sempre più sicuri e performanti. Per questo ci siamo concentrati sull’af latura perfetta. E abbiamo brevettato un manico “intelligente”.