La Cucina Italiana

Il foraging, oggi tanto di moda, per gli sloveni è sempre stato una delle fondamenta­li e più amate pratiche quotidiane

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Tutto viene annientato con gusto perché, donna o uomo, gli sloveni sono grandi sciatori, grandi bevitori, grandi mangiatori, grandi cacciatori. Un adagio locale dice che il turista italiano a Lubiana chiede dove sono i musei, quello sloveno dov’è la foresta. E la foresta, a pochi chilometri da lì, è popolata, secondo le statistich­e, da 800 orsi e da un numero crescente di lupi, cinghiali, cervi, camosci, marmotte. Tutti piatti di elezione dello Strelec, il ristorante più «alto» della città, in senso figurato per la cucina di livello e in senso letterale perché ricavato nella torre del castello che domina Lubiana. Un posticino dove, spiega il dépliant, c’erano due tipi di prigioni: quelle all’aperto (le temperatur­e invernali raggiungev­ano i 45 sotto zero) e quelle dei nobili (al coperto). E basta. I tempi sono cambiati, ma tra il menu dichiarato «tradiziona­le», le pareti decorate con storie inquietant­i della mitologia slovena, le finestre a feritoia, i camerieri in tunica da arcieri, si teme l’arrivo di zampe d’orso fritte in grasso di marmotta. Invece compare l’immacolato chef Igor Jagodic a dimostrare come piatti che sfamavano bracconier­i e cacciatori abbiano fatto un enorme salto di status. I brodi di carne grassi e indigesti diventano elisir dorati; il capriolo è accompagna­to dal fegato d’anatra, dai lamponi, dall’olio di pino; il maialino da latte gioca con polvere di pancetta, chips di verza e aglio fermentato; la cipolla passa da cenerentol­a a principess­a con una pennellata di salsa al formaggio e birra, rilevata da aceto di mele. LEZIONE N. 4 Sopra, crema, tronchetti di cavolfiore, gnocchi, briciole di pane e nocciole di Igor Jagodic, chef dello scenografi­co ristorante ricavato nel castello di Lubiana. Sotto, la città vecchia è un paradiso di tranquilli­tà.

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