POSITANO
il san pietro
Arrivare dal mare al San Pietro è un’esperienza che bisognerebbe provare almeno una volta, raccontarla non fa lo stesso effetto. Aggrappata a uno sperone di roccia e contornata dal verde, la dimora appare un poco alla volta, con discrezione. Un ascensore scavato nella pietra conduce alla terrazza e ai giardini, «fiore» all’occhiello di questo hotel.
Qui bisogna fermarsi, respirare e lasciare che lo sguardo vaghi: da una parte Positano, dall’altra Praiano, di fronte i faraglioni di Capri. Ci sarà ben un motivo se la Costiera Amalfitana è patrimonio mondiale dell’Unesco. Dalla terrazza, cuore di tutta la struttura, è impossibile non rimanere ammirati dai terrazzamenti dell’orto-giardino, opera dell’ingegno, della forza di volontà e dell’audacia di colui che ha voluto questo posto: Carlino Cinque. Oggi sono i pronipoti Carlo e Vito con la mamma Virginia ad accogliere gli ospiti nella loro dimora, con savoir faire ed eleganza.
Del piennolo, ramati, Pachino, San Marzano, cuore di bue, datterino... la lista delle varietà dei pomodori è lunga, come quelle del basilico, che crescono in tutte le aiuole. Poi ravanelli, rabarbaro, peperoni,
melanzane, zucchine, fagiolini, cavoli, broccoli e un tripudio di erbe aromatiche. Ma dove affondano le radici tutte queste piante?
Dopo lo straordinario sbancamento e la costruzione delle terrazze, la terra venne portata a mano. Ogni centimetro quadrato è quindi preziosissimo e reso fertile da concimi organici e dal compost prodotto con i resti della cucina e degli sfalci verdi. Il divieto di usare sostanze chimiche è fondamentale perché, come dice Vito Cinque, «ogni cliente deve sentirsi libero di prendere un pomodoro direttamente dalla pianta e mangiarlo subito». All’irrigazione si presta una grande cura, ovviamente. Dapprima l’acqua viene raccolta in alcune vasche, dove staziona il tempo necessario affinché il cloro evapori, poi viene distribuita per caduta (percolazione), partendo dalle terrazze più alte, così che non ne vada sprecata neanche una goccia.
Tutti gli ortaggi, i frutti e anche i fiori commestibili (anch’essi coltivati «al naturale») arrivano alle mani dello chef Alois Vanlangenaeker e della sua affiatatissima brigata composta di trentadue giovani cuochi (di cui sei sono donne). Sono due i ristoranti, disposti ai due estremi dell’hotel: il Carlino ai piedi della scogliera, con affaccio diretto alla spiaggia a disposizione solo degli ospiti, e lo Zass, di fianco alla terrazza, aperto anche a clienti esterni (una stella Michelin nel 2002). Le origini belghe del cuoco non gli impediscono di sentirsi un vero locale, anzi ama mercanteggiare con i pescatori per scegliere i migliori ingredienti che trasformerà nella grandissima cucina: rinnovata completamente nel 2016, si estende su 400 metri quadrati, senza gas, senza fuochi, è un gioiello tecnologico che vanta sanificazione all’ozono, celle frigorifere avveniristiche e uno strumento per la cottura sottovuoto a ultrasuoni, l’unico in Europa. Però il prodigio del San Pietro per me non è la tecnologia, è la cura estrema dei dettagli, dalle porte delle stanze dipinte a mano ai pali tutori per sostenere le piante di pomodoro, è la poesia che circonda ogni cosa e la quiete. L’eleganza delle buganvillee che crescono in volute anche all’interno dell’atrio dell’hotel (nel giardino se ne contano almeno 12 varietà) o quella delle imponenti piante di Chorisia speciosa che si slanciano dalla terrazza. Chi avrà la fortuna di ammirarne la fioritura, resterà senza parole. ilsanpietro.it/it