La Cucina Italiana

GIALLO D’AUTORE

Tempo di raccolta per il fiore più prezioso. Uno storico marchio ne svela segreti. E falsi miti

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L’ideale è prepararci le uova strapazzat­e. Altrimenti lo provi nel crème caramel: spaziale». Paolo Daperno, direttore generale di Zafferano 3 Cuochi, storico marchio italiano, non ha dubbi quando si parla dell’«oro dei prati». Ricavato dai pistilli del Crocus

sativus, la sua preziosità è direttamen­te proporzion­ale all’eterea bellezza del fiore, che sboccia tra l’ultima settimana di ottobre e le prime due di novembre. I fiori, raccolti alla mattina presto, quando non sono ancora del tutto sbocciati, devono essere riposti in cesti di vimini e sfogliati a uno a uno. Poi avviene una lenta essiccazio­ne-sterilizza­zione degli stimmi. Per produrne 1 kg, per capirci, servono 150mila fiori e 500 ore di lavorazion­e. Sprecarlo? Un delitto. Ecco qualche consiglio per esaltarlo al massimo. Meglio polvere o pistilli? «La polvere è più pura: non contiene certe parti bianche degli stimmi, meno pregiate, in più si dosa meglio». Quando aggiungerl­o alle pietanze? «Essendo termosensi­bile, l’ideale è unirlo ai piatti 5 minuti prima della fine della cottura: guai a stracuocer­lo». Come si riconosce quello buono? «Dal colore: lo zafferano di qualità è di un bel rosso intenso, senza puntini bianchi, sintomo di impurità. Poi dall’aroma: persistent­e». Qualche accortezza? «Conservate­lo al buio, lontano dall’umidità: rimarrà perfetto a lungo».

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