Come ricevono le grandi famiglie
Cuor di Leonia. Eleonora e Lamberto Frescobaldi
Si preannuncia un’annata divertente». Lamberto Frescobaldi sorride parlando della vendemmia 2018. Accanto a lui, sul divano ci sono la moglie Eleonora e il cane Brunello, che scodinzola con altrettanto ottimismo. Il marchese, 55 anni, da 5 a capo dell’omonima azienda vinicola (circa 1400 ettari di vigneti in Italia per 11 milioni di bottiglie prodotte l’anno), ci riceve nel palazzo di Firenze, dimora dei Frescobaldi da circa 35 generazioni. Il motto di famiglia fa pensare a un divino fatalismo: «Spera in Deo (confida in Dio, ndr)». «Risale al Mille, quando decidemmo di opporci al paganesimo». Non a caso, lì accanto c’è la chiesa del Santo Spirito, commissionata dai suoi avi al Brunelleschi.
Tanta storia sulle spalle (i vini erano apprezzati già nel Cinquecento, tra gli estimatori anche Donatello) potrebbe irrigidire un po’, ma i padroni di casa hanno un fare pragmatico e familiare che, unito ai profumi provenienti dalla cucina, stempera in fretta tanta solennità. «Ci piace ricevere 10-12 persone al massimo», spiega Eleonora, «è più intimo. Amo apparecchiare con un bel centrotavola, come mi ha insegnato mia suocera, magari qualche opera di arte contemporanea, per cui nutro una grande passione trasmessami da mia madre». Tra le ricette di famiglia, un risotto ai porcini, «un omaggio a mio marito, strepitoso nei risotti. Io invece metto d’accordo tutti con la mia torta di pere e con il roast-beef. Pensare che da giovane ai fornelli ci stavo davvero poco. Con Lamberto d’estate giravamo su un furgoncino in stile «figli dei fiori» e pasteggiavamo ad anacardi e bollicine». Anche oggi, ad accompagnare le pietanze c’è uno spumante: Leonia, un Pomino Metodo Classico chiamato così in omaggio alla figlia 24enne dei ➝
marchesi (genitori anche di Edoardo, 25, e Carlo, 22), ma anche a un’antenata di grande personalità vissuta nell’Ottocento. «Questo vino è stato una sfida: fare bollicine a 600 metri di altitudine. Trasmette un’allegria strepitosa. Me lo ispirò una studentessa di enologia, che incontrai in Germania. “Vorrei fare un’esperienza da voi”, mi disse. Le diedi carta bianca», racconta Lamberto, una laurea in enologia e un passato da ufficiale dei carabinieri. «Lavoravo nell’antiterrorismo. Fu una grande scuola». Di rivoluzioni la storia di famiglia è piena. «Cinquant’anni fa si consumavano 120 litri di vino pro capite all’anno. Oggi solo 35. Per fare questo mestiere bisogna fare i conti con la realtà. È fondamentale avere una visione. La prossima sfida? Il rapporto tra cibo e vino mi affascina. Debuttiamo ora con il nostro olio, abbiamo tre ristoranti, e nelle nostre tenute serviamo ortaggi, carne e cacciagione. Ma quello che tutti ci chiedono sono le uova biologiche. L’idea mi venne durante una cena a Hong Kong, quando un cameriere mi propose della maionese sottolineando: “È fatta con uova italiane, lo sa?”. Vede, le nostre origini sono sempre il valore aggiunto».