La tata dei tortellini. Angela Hartnett
Dal fish and chips alla stella Michelin. La cuoca italo-britannica Angela Hartnett racconta come è diventata la custode di una cucina italiana autentica a Londra
Amo gli anolini in brodo, taglio ancora al coltello le carni per il ragù e mi rifiuto di servire il risotto “ben cotto” agli inglesi amanti del porridge». Così si è descritta la cuoca italo-britannica Angela Hartnett durante il nostro incontro in Maremma, nella Tenuta Fertuna. L’azienda vinicola, di proprietà del Gruppo Meregalli, presentava in quell’occasione tre nuove etichette create per i suoi ristoranti.
La Hartnett è una chef stellata a Londra, conduce un programma di cucina nel Regno Unito e ha scritto un best seller di ricette in inglese, ma quando a tavola si stacca un boccone di pane per fare la scarpetta lascia trasparire la sua italianità di fondo. È nata in Inghilterra, ha il cognome e, probabilmente, gli occhi chiari del padre irlandese arruolato nella Royal Navy, ma il sangue materno è Margaritelli-Pesci.
I nonni partirono dopo la Prima guerra mondiale da Bardi, borgo medievale della valle del Ceno in provincia di Parma. Direzione East London. Qui, scambiandosi il know-how tra cugini, aprirono fino a dieci chioschi di «fish and chips», il tipico street food britannico, cucinato in realtà da noialtri.
Non è il cartoccio di merluzzo e patatine fritte però ad avvicinare la Hartnett alla cucina, bensì l’idea di sviluppare un business in proprio. La cuoca più famosa di Londra cena presto come i britannici e parla italiano solo per ordinare al ristorante. Tuttavia in cucina non transige.
Prima regola: «Basta imbastardire le ricette del Belpaese, come accade troppo spesso in Inghilterra e negli Stati Uniti, con un uso smodato di erbe aromatiche e spezie». Bye bye, Jamie Oliver. La Hartnett pensiona il giovane enfant prodige della cucina mediterranea in Inghilterra e con la sua pasta fresca taglia il cordone da Julia Child (pioniera della cucina francese negli Usa durante gli anni Sessanta, ndr). La scuola è quella di Gordon Ramsay. Angela Hartnett è stata col mattatore della gastronomia britannica per quasi vent’anni, durante i quali ha sopportato «le sue molte offese sul campo», pur con riconoscenza («mi ha dato il primo vero lavoro») e soprattutto senza fermarsi alle apparenze: «Dietro l’intransigenza che trasmette, Gordon è una persona di grande generosità».
Mentre a Londra ancora si mangiava so and so, così così, Angela Hartnett, nata con le cipolle ripiene e la sfoglia della nonna, si formava tecnicamente da uno dei migliori chef del mondo. Per Gordon Ramsay ha gestito, tra gli altri, il ristorante del Connaught Hotel a Mayfair, uno dei luoghi più esclusivi della capitale britannica. Ha poi aperto il suo Murano, sempre a Londra, e nel New Forest National Park, con il socio Luke Holder, l’Hartnett Holder & Co, dove si mangia italiano. «La mia famiglia», racconta oggi, «non ha mai smesso di festeggiare il Natale con gli anolini in brodo». L’imprinting della sfoglia all’emiliana è la firma della sua cucina, con uno stile che non abbandona il senso stesso della pasta ripiena: «Tortelli con molte erbette e poca ricotta, come faceva mia nonna, perché il latte costava», sottolinea la cuoca.
La sua ricetta degli anolini appare invece discostarsi di più dalla tradizione con «manzo, pancetta e cannella brasati col vino rosso per tre ore, poi parmigiano e pangrattato», ma ognuno ha un po’ la sua. «Cucina povera, very simple», ama ripetere, «ma senza ingredienti cheap, senza compromessi con le materie prime, senza varianti al parmesan o salami per preparare il ragù».
Nemmeno sulla salsa la Hartnett fa concessioni al gusto british. Gli inglesi amano un sughetto molto liquido con le tagliatelle che quasi ci nuotino dentro, ma alla tavola di Angela è come aver attraversato la Manica, valicato le Alpi, anticipato la Brexit e sarebbe inconcepibile non servirle asciutte e mantecate come in Italia.