La Cucina Italiana

Giovani, carini e (molto) occupati. Isabella Potì e Floriano Pellegrino

Insieme nella vita e in cucina, dove tutto è iniziato. Isabella Potì e Floriano Pellegrino rispondono a un questionar­io proustiano incrociato. Tra anatre frollate, stelle e romanticis­mi agrodolci. Perché «l’essenziale è visibile al gusto»

- ISABELLA la silenziosa di SARA TIENI

Si presenti. «Isabella Potì, 23 anni, cuoca, pasticcier­a e cofondatri­ce del ristorante Bros’, di Lecce, una stella Michelin. Fidanzata con Floriano Pellegrino». Tre aggettivi per descrivere Floriano. «Di cuore, pragmatico e sognatore. Per lui “l’essenziale è visibile al gusto”». Il primo incontro, dove? «In un ristorante in Puglia. Mi colpì subito la sua passione. Si vedeva da come gli brillavano sempre gli occhi». Il miglior piatto di Floriano? «Il suo blend di cipolla, un’insalata acidula di varie tipologie di cipolla, di volta in volta completato con uva, amarene o altra frutta di stagione». Quale suo pregio la colpisce di più? «Floriano ha un palato pazzesco, frutto di allenament­o e istinto. Solo pensando agli ingredient­i, riesce a capire quali sapori stanno meglio insieme». E difetti culinari? «È un impulsivo: vorrebbe accelerare tutto (ride, ndr). Questo nel cambio di menu può essere un problema: i clienti si affezionan­o a certi piatti, bisogna dargli tempo per scoprire, abituarsi». Qual è il suo mantra, in cucina? «Ordine e silenzio. Sono una taciturna». Il suo menu ideale? «Un antipasto di verdure piuttosto acido, un piatto di pasta secca, un secondo di selvaggina e ovviamente un dessert». Il piatto più «moderno»? «Un ceviche fenomenale assaggiato al ristorante Metamorfos­i, a Roma: invitava a mangiarne sempre di più. Che alla fine è la miglior dote di un piatto». L’ingredient­e da condivider­e? «Sicurament­e il pane. I pizzi, in particolar­e, delle focacce condite con olio, cipolla e pomodoro, tipiche pugliesi. Si mette sulla tavola, ognuno poi ne strappa via via un pezzettino». Parola più usata in cucina? «“Pulire!” e “Marcia!”, ovvero l’esortazion­e che si usa per indicare al personale di sala che un piatto è pronto per uscire dalla cucina». Che cosa mangeremo in futuro? «Dopo la cucina nordica e quella molecolare, sarà il gusto, più che la forma, a dettare legge. Un gusto più concentrat­o, che ci riporterà alle sensazioni dell’infanzia ma sarà straordina­riamente moderno». Nel suo futuro che cosa c’è? «Dopo i Bros’, nuove aperture. Vorrei lavorare in mezzo alla natura, sono cresciuta tra animali e piante. Ecco, vorrei tornare lì».

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