La Cucina Italiana

ZUPPA IN ORBITA

Abbiamo chiesto a due astronauti italiani dell’ESA, l’Agenzia Spaziale Europea, di raccontarc­i il loro rapporto con il cibo (e con la Luna)

- ANGELA ODONE

Paolo Nespoli

Dopo essere stato nello spazio per tre volte (313 giorni in totale), oggi ha una nuova missione da portare a termine sul nostro pianeta: narrare la meraviglia del mondo celeste e le potenziali­tà del genere umano.

La giornata nello spazio è scandita dai pasti come sulla Terra? «Vivendo ogni 40-50 minuti un’alba o un tramonto (la stazione internazio­nale viaggia intorno alla Terra a 28.000 km/h, ndr), il senso del tempo risulta stravolto. Così seguiamo l’ora di Londra, riferiment­o di tutti i centri di controllo nel mondo. La colazione si fa presto, per iniziare a lavorare alle 7.30 a.m. (si fanno esperiment­i di ogni genere: studi dei materiali, studi sul corpo umano, agronomici..., ndr), abbiamo un’ora di pausa per il pranzo e ceniamo a fine turno, dopo le 7.30 p.m.». Come si nutrono gli astronauti? «La NASA ci vede come macchine e il cibo come carburante. Oggi, per fortuna, c’è attenzione anche per la parte affettiva di ciò che si mangia. Detto questo, ricordo che in orbita non si può cucinare, che i liquidi si comportano in modo diverso, che non si può seguire una corretta catena del freddo e che qualsiasi cosa si lasci in giro andrà in giro...». Com’è il menu? «I cibi idonei sono ormai circa 150: devono rispondere a criteri di conservabi­lità, genuinità, qualità e varietà. Per questo possono subire trattament­i diversi, da quello termico all’irradiazio­ne con raggi gamma (soprattutt­o la carne, per azzerare la carica batterica). Un menu di base, uguale per tutti, si ripete ogni 14 giorni. Da lì si può scegliere quello che si vuole (finché c’è). Si integra poi con il «bonus food», ovvero cibi che sono stati portati in orbita specificat­amente per ciascun astronauta e che si possono condivider­e con i colleghi di missione». Ha mai provato cibi di altri equipaggi? «Apprezzavo (e apprezzo tuttora) il borsch, la tradiziona­le zuppa di barbabieto­la del menu dei russi. Io offrivo le mie lasagne: venerdì cena russa, sabato americana-italiana. Così il cibo nutriva anche il cuore». E che cosa si beve? «Tutte le bevande sono a base di acqua in cui si possono sciogliere polverine: caffè, tè, succhi liofilizza­ti... Niente bibite gassate e niente alcol. Le prime perché fanno disastri, il secondo principalm­ente perché complica la depurazion­e dell’acqua». Qual è il suo piatto preferito? «Ammiro la creatività dei cuochi stellati, ma preferisco un risotto o un pesce cotto senza arzigogoli. Le faccio un esempio estremo. Nella missione coltivavam­o 5-6 varietà di insalata per capirne il comportame­nto in assenza di gravità; quando ci hanno concesso di assaggiarn­e una (sola) foglia, ho capito quanto sapore, profumo e colore ci siano in un semplice vegetale». Torneremo sulla Luna? «Non ho dubbi. Però dobbiamo cambiare la nostra prospettiv­a e fare progetti a lungo termine come razza umana, non come italiani, tedeschi, americani, russi... Se mi chiedesser­o di andare, partirei subito!». E che cosa si porterebbe da mangiare? «La zuppa di pollo di mia moglie, una delizia per corpo e spirito».

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