Elogio dell’ospitalità
Tutto studiato e organizzato nei minimi particolari. Ma l’ospite in vacanza all’hotel Il Pellicano di Porto Ercole non lo deve sapere. Mentre, come uno spettatore al cinema, si gode il tempo al proprio ritmo, lo stile disinvolto e una dose di dolce vita
100% atmosfera
Il Pellicano è nato da una doppia storia d’amore. Quella di Michael e Patsy Graham che comprarono un pezzo di terra all’Argentario, in Toscana, perché ricordava la California dove si erano incontrati la prima volta, e vi costruirono un hotel che aprì il 2 giugno 1965. La seconda è quella della famiglia Sciò che lo acquistò nel 1979 e ancora lo cura come il primo giorno. La premessa è necessaria per capire come questo piccolo resort di 53 camere sia diventato un pezzo di storia dell’ospitalità italiana. Spesso i resort sono belli solo all’inizio. Poi cominciano a costruirci intorno e il luogo si snatura. Non al Pellicano, dove la struttura degli anni Sessanta ha retto al tempo, e anzi lì non si riesce a immaginare qualcosa di diverso da quello che c’è. La scritta al neon fucsia, i colonnati di cipressi attorno al campo da tennis, i cuscini di rosmarino che ti ci vorresti tuffare dentro...
È un paradiso, e ti chiedi perché. La risposta sta in una somma complessa di cose, alcune evidenti e altre molto meno. Ma poi un ospite non deve studiare
l’hotel, deve starci bene. Cosa che accade facilmente se ti portano uno spiedino di frutta in spiaggia e ti asciugano gli occhiali dopo il bagno. E ti senti viziato se chiedi dov’è il giornalaio più vicino, e mezz’ora dopo ti trovi in camera la rivista che cercavi. Se il primo giorno hai ordinato caffè nero senza zucchero, al pasto successivo arriva automaticamente così. Se hai espresso entusiasmo per un certo tavolino, cercano di tenertelo. Se sei alto più di due metri, ti fanno fare un letto su misura e lo conservano per ogni volta che tornerai. E le persone tornano, perché si sentono in un ambiente familiare, dove c’è qualcuno che li aspetta e li conosce. Ovviamente il trucco c’è (un database in cui registrano preferenze e desiderata), ma c’è anche l’intuito del personale. Se hai lasciato il libro aperto sul letto, la cameriera lo chiude mettendo il segno.
Nell’hôtellerie il successo dipende più di quanto si pensi dalla soddisfazione di chi ci lavora: persone orgogliose del proprio ruolo sono il tramite più coerente dei valori di un progetto, specialmente quando è una villeggiatura. In fondo, cose semplici: buon cibo, serenità, tempo per te. Un bell’albergo non basta: è una scatola vuota che va animata. E il segreto sta in quell’alchimia che nasce tra gli ospiti e chi lavora per loro. E poi nel comun denominatore di uno stile spontaneo ma raffinato, nel gusto per una estetica sofisticata e per la sostanza di qualità, che sia una gassosa Tassoni o una pasta astice e zucchine. Sta, in una parola, nell’atmosfera che si percepisce senza necessariamente saperla spiegare. E in questa materia, al Pellicano sono dei maghi.