Con la gentilezza si ottiene tutto?
Intervista a Samuele Bottaro
Samuele Bottaro è un addestratore giovane, un educatore che insegna diverse discipline cinofile e che si è avvicinato alle razze del gruppo sette con una mentalità diciamo “nuova” e un metodo basato sostanzialmente sul rinforzo positivo. Quest’anno ha partecipato alle prove Classiche presentando un breton e un drahthaar. In un mondo molto tradizionalista, come il nostro, che sembra non voler lasciar spazio alla modernità, concediamoci almeno la curiosità di ascoltare una nuova versione Per un addestratore la prova Classica è un test non solo per i propri soggetti, ma anche delle proprie capacità “comunicative”. Cosa ne pensi della nota e di tutti i suoi mille aspetti? Quali precauzioni deve mettere in atto un dresseur per farla interpretare senza conseguenze negative sulla psiche del cane?
“Certamente la nota Classica la ritengo la più complessa e articolata. In assoluto. Richiede una preparazione e un addestramento addirittura maniacale, bisogna anche considerare che non si lavora su parametri strettamente legati agli istinti, quindi bisogna mettersi a “costruire”. L’addestramento diventa quindi tutt’altra cosa. Credo che per funzionare, questo tipo di addestramento, ci debba essere un connubio molto particolare, tra cane e conduttore. Bisogna poter e saper leggere molto bene la psiche di ciascun soggetto in modo da attuare il lavoro a lui più consono, bisogna valutare quelle che sono le caratteristiche e le qualità di quel soggetto, perché se tutto non viene supportato da una buona base genetica e ancor di più da un’ottima “centralina” (cervello) tutto il lavoro che richiede la nota diventa difficilmente attuabile. Un soggetto per fare la nota Classica deve possedere, in primis, un cervello, perché questo supporterà l’addestrabilità, di conseguenza la docilità (accettazione dell’uomo come figura di rilevo). Poi la prestazione, supportata da un’azione di ritmo, sostenuta, lacets con geometrie ben precise, ampiezza, profondità ed equilibrio la fanno da padrona. In virtù di tutto questo è indispensabile avere soggetti accondiscendenti e con molta avidità. In Classica le gambe devono girare forte”.
Usualmente è una nota “cuscinetto” tra una stagione di caccia e la successiva, tra le coppie di starne della primavera e i branchi d’autunno. Non tutti i soggetti riescono a passare con quella naturalezza, che fa la differenza nell’interpretazione, da una nota all’altra, dal genio alla regolatezza e ritorno. Non è sicuramente una nota per tutti e non solo per questioni di stile. Il trialler puro qualcuno sostiene che lo si snaturi metterlo su un percorso così geometrico e regolare, tu cosa ne pensi?
“Penso che il trialler puro, quello autentico, possieda e debba possedere la capacità di adattarsi a diversi tipi di nota, in base al terreno che si trova ad affrontare. Ma soprattutto credo che debba avere la capacità di recepire quello che il suo addestratore e conduttore vuole impartirgli. Quel soggetto che dimostra di poter approdare anche
alle Classiche a quaglie, possiede sicuramente un valore aggiunto, che in riproduzione diventa un tassello importantissimo ai fini della valutazione per un discorso di selezione zootecnica, anche perché l’addestrabilità è una dote che si trasmette (e ne abbiamo tanto bisogno)”.
Sei entrato nel mondo della cinofilia venatoria per una porta diversa, proponendo un metodo di addestramento molto “scientifico”, basato su teorie etologiche di reazione a stimoli, e soprattutto di un grande rispetto per la psiche di ciascun cane, invitato a collaborare con metodi nuovi. Come si struttura il tuo metodo? Come sviluppi un percorso addestrativo per un cane da ferma?
“Ho fatto una scelta molti anni fa, soprattutto cercando di mantenere il più possibile il rispetto e l’etica per il cane. Praticando più discipline, soprattutto alcune dove non si fa leva su basi genetiche, ma tutto va costruito, mi sono reso conto e ho imparato che per avere determinate prestazioni si sarebbe dovuto lavorare in “rinforzo positivo”. Principalmente, lavoro sia sul condizionamento classico (perciò: stimolo, risposta, rinforzo), che sul condizionamento operante, tramite clicker training, detto anche: per prove ed errori. Ho lavorato molti altri animali (rapaci, gatti, pappagalli, delfini) con questo condizionamento e posso affermare che quello che sicuramente fa la differenza è il fatto che si tende a far sviluppare nella mente del cane una capacità cognitiva di ragionamento e di conseguenza di azione, che se andrà verso ciò che noi abbiamo stabilito essere il nostro target finale, verrà rinforzato. Altra cosa molto importante, in alcune discipline che pratico si guarda il cosiddetto “atteggiamento” del cane, ovvero come esegue un esercizio, il piacere nel farlo, la velocità, ma soprattutto l’espressione nel suo viso, quando costruiamo un qualcosa che non è supportata su base genetica nel cane, possiamo e spesso e volentieri notiamo in tanti cani un disagio, un rifiuto, una bruttissima esecuzione. Spesso il riporto, pensando ai cani da caccia, è un esempio molto chiaro e palese: quante volte assistiamo a cani che non riportano, cani
che fanno fatica ad abboccare, cani che al momento che abboccano il selvatico o un riportello sono molto preoccupati nel ritorno (riporti lenti, cani con atteggiamenti e segnali di sottomissione etc). Ecco: lavorare in rinforzo positivo, ma soprattutto lavorare con delle didattiche ben chiare nella mente e facendo leva su ciò che sono determinati parametri addestrativi, sicuramente migliorerà il rapporto col proprio cane, e di conseguenza l’esecuzione, perché il cane trarrà beneficio dal piacere nel fare qualcosa col proprio conduttore. In addestramento bisogna imparare ad avere molto chiaro quelli che sono i passaggi da seguire col nostro cucciolo, cucciolone, cane adulto. Dobbiamo avere assoluta chiarezza nel sapere, eventualmente, come poter intervenire su possibili errori dell’allievo, ma soprattutto tante volte dobbiamo farci un minimo di autocritica, cercando di tornare indietro e ripartire, perché se il cane sbaglia qualcosa è perché noi in primis non siamo stati chiari nel fargli capire ciò che volevamo. Oppure abbiamo esagerato e abbiamo fatto il passo più lungo della gamba. Un cane “collocato” correttamente col suo proprietario è un cane felice, felice perché sereno, perché equilibrato, ma soprattutto senza timori, ombre e quando ci troviamo di fronte ad un allievo così tutto il lavoro non potrà che essere un piacere svolgerlo assieme. Io una delle prime cose che faccio con l’allievo, è cercare di strutturare un rapporto basato sulla fiducia. Una volta che ho conquistato la fiducia e il rispetto del cane inizio a strutturare i primi comandi, partendo dal nome del cane, il richiamo sia col nome che col fischio, per poi passare ai riporti. Ovviamente tutte queste fasi le vado a strutturare e a costruire in ambiente e situazioni prive di distrazioni, per poi in un secondo momento inserirle in contesti con cui il cane in età più avanzata verrà a contatto.Una volta che ho l’assoluta certezza di avere un cane che mi rispetti e di conseguenza che ho in “mano” posso iniziare a portarlo ai primi incontri sulla selvaggina, possibilmente buona... conseguentemente verrà portato a caccia, perché ritengo che i cani da ferma anche quelli che andranno a svolgere sia gare che prove devono cacciare. La caccia deve rimanere alla base di tutto, perché un cane finita la carriera delle prove, dovrebbe tranquillamente poter tornare a cacciare, cioè a fare ciò per cui è nato. Alla fine le prove, tramite tutta una serie di verifiche zootecniche, servono a selezionare dei bravi cani da caccia”.