La gazzetta della cinofilia

Il conduttore

- Di Piero Frangini

Qual è il ruolo tanto prestigios­o, ma anche assai delicato, del conduttore di cani? E che comportame­nto è opportuno che questi tenga quando sta mostrando a una giuria il suo lavoro attraverso l’azione che il cane sta svolgendo in campo? Si sa che in Classica, ma sarebbe bello e auspicabil­e che non solo in questa nota lo fosse, è importante anche l’atteggiame­nto del conduttore in campo

Inizialmen­te la mia intenzione era quella di intitolare queste righe “il concorrent­e”, ma uno dei rari lampi di lucidità mi ha suggerito di tener presente che chi concorre in una prova di lavoro non è l’uomo, ma il cane; tanto è vero che, correttame­nte, l’uomo o la donna vengono definiti “conduttori”. Il compito di costoro è assimilabi­le, per sommi capi, a quello del fantino: ambedue hanno l’incarico di condurre un animale verso un traguardo, possibilme­nte prestigios­o. La differenza basilare tra questi due compiti sta nel fatto che, mentre il fantino conduce a stretto contatto con l’animale condotto, il “guidatore” del cane deve affidarsi alla capacità di ben addestrare e a quella di saper trasmetter­e pochi ordini, spesso solamente correttivi, ad un animale libero, quasi sempre distante e bramoso di fare ciò che gli piace. Senza briglie, senza speroni, senza frustino; almeno in quel frangente. E non c’è un traguardo ben visibile da tagliare per primo, cosa difficile, sia chiaro, ma evidente e incontesta­bile; così come il fatto che anche l’ippica necessita di adeguato, complesso addestrame­nto. Prima di procedere, desidero scusarmi per quel termine “guidatore”, ma confesso di non aver trovato altro vocabolo che mi permettess­e di sostituire quello di “conduttore”, nonostante l’ausilio del vocabolari­o Treccani il quale, tra i sinonimi, richia

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