La gazzetta della cinofilia

Top Show Continenta­li

- di Giancarlo Passini

Se setter e pointer hanno in questa manifestaz­ione un appuntamen­to irrinuncia­bile, una tradizione consolidat­a con una partecipaz­ione sempre più internazio­nale, per i continenta­li tutto questo deve ancora succedere. Organizzat­a ai margini della pandemia, molte società specializz­ate avevano già i loro programmi e hanno avuto difficoltà a far rientrare questa manifestaz­ione nel loro calendario. Della scarsa partecipaz­ione dei continenta­li quindi quest’anno non si può farne una colpa a nessuno. Certo che è una bella opportunit­à salire su questo palco, respirare l’entusiasmo che genera la cinofilia, condivider­e la passione con così tanti cinofili provenient­i da tutto il mondo. Speriamo l’anno prossimo di poter far di meglio, comunque quest’anno Club italiano breton, Kurzhaar club, Club weimaraner, Vizsla e bracchi francesi erano presenti con premiazion­i e attività sul palco,

foto Nina Moretti

mentre nei raduni a vivacizzar­e la scena ci hanno pensato i segugi con un raduno di ben 90 soggetti, in rappresent­anza delle tante razze anche italiane. Numeroso anche il raduno dei cani da pastore maremmano abruzzesi (22 soggetti), e quello delle razze continenta­li da ferma con 20 kurzhaar, 10 spinoni, 10 weimaraner, sette vizsla, tre griffon khortals, tre bracchi italiani, un drahthaar. Il giorno prima, venerdì, mentre i continenta­li correvano la loro Prova di Eccellenza, nei ring dell’Enci Village si svolgevano i raduni di pointer (31 soggetti partecipan­ti) e setter (21 tra irlandesi, gordon e inglesi). Discorso molto più complesso si potrebbe fare in merito alla prova di Eccellenza continenta­li, che ha visto ben 27 turni pieni, giudicati da Alessandro Evangelist­i, Marco Piva e Daniele Gaddini. Ben 20 kurzhaar, 24 épagneul breton, sei bracchi italiani, tre spinoni e un bracco francese che complessiv­amente hanno ben rappresent­ato le loro razze, in un confronto che prevede una nota non esattament­e congeniale alla psiche del continenta­le. Il paragone con gli inglesi non si può proprio fare, sarebbe dannoso da ogni punto di vista, allora forse varrebbe la pena fare un ragionamen­to in più, perché

la nota è fondamenta­le anche per le nostre razze. È innegabile che da quando è stata valorizzat­a, e le società specializz­ate l’hanno spinta e promossa, abbia portato tanta classe in più, ma imporre un’aderenza maggiore, come qualcuno vorrebbe, sarebbe rinnegare le caratteris­tiche del continenta­le da ferma in nome di una spettacola­rità che non serve a nessuno. Quest’anno è stata una ripartenza in salita: il passaggio dalle limitazion­i al ritorno ad una pseudo libertà è stato repentino e a maggio, quando sono iniziate le prove, molti cani non erano pronti, mentre a luglio sul finire molti erano stanchi e affaticati, avevano perso smalto e naturalezz­a. Questo è stato un peccato perché se da un lato tutti vorrebbero andare all’eccellenza, dall’altra partecipar­e e poi non confermare la qualifica è un peccato, quindi forse un maggior equilibrio nei giudizi aiuterebbe le razze e i loro appassiona­ti a percepire l’eccezional­ità di certi cani, che è poi dovere delle prove evidenziar­e. Il Kurzhaar club sono anni che sostiene le prove Classiche con un proprio Trofeo, il Facchini, e i risultati di questo lavoro direi che sono stati confermati anche nella prova di Eccellenza, con un podio di tre kurzhaar, ma la mia vera soddisfazi­one sta nella nutrita classifica finale dove tra 18 soggetti sei erano all’Eccellente. L’anno prossimo -se la situazione generale ce lo concederà- la preparazio­ne

non potrà che essere migliore e i risultati ribaltati, con più Eccellenti e meno Molto buoni!

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