Zara, starne e soprattutto cani
Zara è sicuramente una delle palestre che per varietà di terreni è più diversificata, passando da distese pratose secche d’inverno come i terreni delle antenne, alle pietraie di Prkos, alle siepi di Gorica, alle vignette e uliveti di Nadin e Skabrnja, fino alle culture più lineari della bassa Zemunik, dove le difficoltà nell’interpretazione della nota non esitano a mancare, dove se manca il coraggio manca la nota. Si sente dire che stenta la presenza di starne, forse non ci sarà una quantità massiccia, ma non si può certo dire che non ci siano, o forse solamente mancano i cani che le trovano (il tutto intendo, con condizioni favorevoli, perché gli sbalzi climatici portano il selvatico a ripararsi e quindi lo rendono difficile da reperire, ma questa è la natura e a me piace così).
La prima volta che misi piede in questi posti non riuscii a vedere un branco, poi Radames Benetti mi prese sotto braccio e mi disse nel suo modo colorato che lo rende unico: ‘lo starnista è il cane e il conduttore che accetta il sacrificio e la difficoltà, qui ci vuole il garista e il cacciatore se no non trovi neanche le allodole.’
Così con tanto lavoro e dedizione ma soprattutto selezione, sono riuscito a tirar su una squadretta
di cani che interpretano la nota. Detto questo, siamo appena freschi di questa ultima turnee di prove autunnali 2021, forse una delle più belle degli ultimi anni , perché la rotazione e il mescolamento dei concorrenti delle batterie ci ha portato ad un confronto reale per noi continentalisti che purtroppo troppo spesso corriamo soli senza mai avere una visione ed un idea completa dei cani, e per me questo è deleterio perché senza confronto e competitività non c’è crescita. La modernità e il sistema ha portato la cinofilia ad aspettare un risultato via social, ma a vedere i cani non c’è quasi mai nessuno e forse si sta perdendo il concetto di quello che un cane deve manifestare. Dico questo perché credo che più passi il tempo e più vengono a mancare personaggi illustri che dedichino il loro tempo di allevatori e proprietari, alla selezione, quella vera fatta dal gusto di un galoppo, di un trotto, di un portamento, da una presa di punto o un espressione di ferma; da un concetto del cane da ferma a servizio di un fucile, di decine di scarponi consumati incamerando esperienza, ora si parla dei cani dai telefoni e sempre meno sui terreni. Dico questo perchè nell’ultimo anno ho l’onore di condividere ogni mio pensiero con un illustre allevatore
che ha basato la sua selezione su questi concetti, sulla pratica, sull’utilizzo personale del cane in gara e a caccia. Sette su sette. 365 giorni all’anno. Un concetto di vita basata sulla selezione, allevatori ormai rari… ma il risultato parla da sé. Provare per credere.
Quindi dopo un anticipazione sulle difficoltà di Zara e un accenno sulla selezione basata su queste palestre, servono quei soggetti che le starne e la caccia, le hanno nel dna, perché serve una dose di intelligenza e di avidità superiore alla media, perché un conto è inciampare sul selvatico una volta ogni tanto, un altro è andare a punto quasi sempre. Premetto che ogni parola è fonte di miei pensieri personali; il cane da gara, lo starnista per eccezione, te lo dimostra come tocca terra appena sceso dal furgone, il quale una volta legato per iniziare il turno, impone la sua predominanza come fosse una statua con lo sguardo sull’orizzonte e lo il naso già tirato sul vento, segno immediato di grande concentrazione, come a dire: “slegami, sono pronto”, perché per il vero cane non esiste il ridicolo minuto, il branco può essere subito lì sul primo lacet (non ho mai visto
la safety car perché un pilota ha dimenticato di metter la prima), le prove si vincono dalla partenza all’arrivo.
La cerca di uno starnista ove non c’è grande densità di starne andrà in crescendo per ampiezza con il passare dei minuti se non si arriva facilmente all’incontro, perché il vero cane non ha bisogno di incontrare per andare sempre più ma casomai il contrario, ovvero meno saranno le possibilità di incontro e più il soggetto si impegnerà nella ricerca, e in palestre difficili come Zara le profondità di ogni lacet devono essere notevoli per avanzare in più terreno possibile, pur sempre proporzionate alla potenza olfattiva del cane e all’intensità del vento. I punti di passaggio dei lacet andranno dove è più probabile il reperimento della selvaggina da buon cacciatore senza sprecare tempo ed energia inutile in coltivazione altrettanto inutili, ma pur sempre rimanendo ordinati nel vento (perché a starne è il vento che fa da padrone). E poi arriva la più grande difficoltà di Zara ovvero gli ostacoli che la natura pone sul terreno, saltare siepi e terreni spezzati senza porsi limiti è una dote solo de grandi starnisti. Infine se si arriva all’incontro questa palestra ti offre (per condizioni atmosferiche) la possibilità di vedere grandissime prese di punto, anticipate da impressionanti risalite e chiusure in ferma in grande espressione, tutto questo con soggetti che abbiano questo patrimonio qualitativo. Solo lavorare su questi terreni può far sviluppara un cane con grandi mezzi tutti questi requisiti, che Zara sono indispensabili, e credo che più aumenta la difficoltà più aumenta il livello di selezione.
Senza nulla togliere ad altre palestre perché ovunque c’è selvaggina vera rimane sempre una grande scuola ma Zara è Zara e per i continentali è la più grande impronta selettiva sulla quale lavorare.