La Gazzetta dello Sport - Bologna
«DE ZERBI, I LIBRI E IL MIO MANTOVA ALL’ATTACCO»
Il calcio del tecnico della capolista: «Da ex bomber ho capito cosa fare»
Ill nome è un po’ pretenzioso: Mantovanello. E’ un centro sportivo spartano, ma funzionale. Niente lounge e clubhouse, solo servizi essenziali e tanti progetti per migliorare. Tempo, forza e idee ci sono. All’entusiasmo ha contribuito Davide Possanzini, che ha risvegliato una città e dato forza a una società comunque solida. Il Mantova in estate è stato riammesso dopo la retrocessione grazie alla rinuncia del Pordenone, è primo con 6 punti di vantaggio sul Padova e gioca il vero calcio moderno. Come vuole Possanzini.
▶ Lo sa che è l’allenatore di tutta la Serie C che incuriosisce di più, anche ai piani più alti?
«Io? I giocatori, non io».
▶Non faccia il modesto.
«Qui abbiamo un motto: l’idea esalta la qualità, e la qualità esalta l’idea. Senza qualità, l’idea non serve. Molto semplice».
▶L’idea, vedendovi, è: costruzione da basso, sviluppo del gioco, giochismo estremo.
«E’ così da sempre. C’è la diatriba tra giochisti e risultatisti, per me questo è il modo per arrivare più facilmente al risultato, creando spazi agli attaccanti».
▶Sì ma un conto è costruire il gioco con difensori di Serie A, un altro (con tutto il rispetto) con ragazzi di Serie C...
«Due cose. Intanto le qualità ci sono anche qui: l’importante è tirarle fuori. E’ vero che questo è un campionato di partite sporche, ma è vero anche che si può vincere giocando. E poi questo è il campionato degli under, giocando così crescono meglio. La cosa fondamentale è stata aver costruito una squadra funzionale al mio modo di giocare».
▶ Il Possanzini attaccante avrebbe preferito giocare in questo Mantova o contro?
«La mia idea nasce da lì, ho subito frustrazioni mentali quando mi arrivavano solo palloni sporchi. Invece va agevolato il compito di chi sta in attacco».
Nato a Loreto (Ancona) il 9 febbraio 1976, cresce nel Torino. Dopo due anni (1992-94) alla Recanatese in D, torna al Toro vincendo il Torneo di Viareggio. Viene girato in C2 a Lecco e a Varese per passare nel 1998 alla Reggina in B, con la quale conquista la promozione e nel 1999-2000 debutta in A segnando tre gol. Nel 2001 torna in B a Catania, va poi all’AlbinoLeffe, nel gennaio 2005 al Palermo e in estate al Brescia, dove resta fino al 2011 ottenendo la promozione in A nel 2010: in tutto 212 gare e 64 gol. Chiude la carriera tra Lugano (2011) e Cremonese (2012). Da allenatore, oltre agli anni con De Zerbi, ha lavorato nel settore giovanile del Brescia e a febbraio 2023 ha guidato la prima squadra per due partite (perse).
Insieme per quasi 8 anni e poi ho preferito camminare da solo: un giorno forse lo sfiderò...
Capisco Spalletti, ma i tempi sono diversi: io preferivo filosofia zen e anche umanesimo