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ISRAELE E L’ATTACCO SOFT MINIDRONI E ZERO VITTIME TEHERAN MINIMIZZA PROVE DI DE-ESCALATION
Tel Aviv mira al centro nevralgico militare e nucleare di Isfahan Per l’Iran è un fallimento: nessuna ritorsione pianificata finora Il G7 al lavoro per la distensione. Assalto a Rafah, fermo no Usa
La temuta replica israeliana 1 è arrivata, con tre minidroni contro postazioni militari in Iran. Strano a dirsi, però, l’azione potrebbe non innescare una reazione più dura, com’era stato paventato. Anzi, pare il viatico per la de-escalation.
L’annuncio, la minaccia, l’attesa di un attacco senza preavviso. Fino a ieri (in Italia erano le 4 del mattino), quando Israele ha colpito l’Iran nella regione centrale di Isfahan - dove si trovano obiettivi militari, tra i quali un impianto di arricchimento dell’uranio - e a Tabriz. I siti nucleari non sono comunque stati danneggiati dal raid, confermano dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) e hanno continuato a operare in totale sicurezza, spiegano gli esperti. Si è trattato dunque di un attacco modesto, nella modalità e negli effetti, come preannunciato, «senza vittime né feriti», per non allargare la distanza con gli Stati Uniti, l’alleato fedele che non ha mai nascosto la contrarietà ad una linea di Tel Aviv troppo aggressiva.
Israele non rivendica l’attacco. 2 L’Iran ipotizza persino il “fuoco interno”.
Teheran prospetta anche la possibilità che i droni utilizzati siano stati lanciati, dal territorio iraniano, da alcuni «infiltrati». Certezze non ce ne sono. Le poche notizie arrivano dal ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amir-Abdollahian: «Sono stati abbattuti senza fare vittime o danni». E da un membro della Commissione parlamentare per la sicurezza di Teheran, Shahriar Heidari, che li definisce «minidroni di sorveglianza, americani o israeliani». L’attacco contro l’Iran ha preso di mira il sistema di difesa aerea che protegge i cieli sopra l’impianto nucleare di Natanz, nella provincia di Isfahan, secondo la televisione saudita Al Hadath. E un’agenzia vicina al regime riferisce di esplosioni nella base militare di Isfahan, che la difesa aerea era stata attivata e un drone era stato avvistato a Tabriz, non lontano da una raffineria. In ogni caso, Teheran – nel giorno dell’85° compleanno della Guida suprema Ali Khamenei – minimizza e non pianifica una ritorsione immediata. Avverte però che «un nuovo errore di Israele provocherà una risposta durissima». Ma si vedrà...
Gli Stati Uniti hanno ribadito 3 di non aver condiviso la scelta israeliana.
Il segretario di Stato, Antony Blinken, ha sottolineato che l’amministrazione del presidente Joe Biden, avvisata solo poco prima, «non è stata coinvolta nell’operazione contro l’Iran», ha detto Blinken da Capri, dove si è concluso il G7 Affari Esteri. «Invitiamo tutte le parti a lavorare per prevenire un’ulteriore escalation. Il G7 continuerà in questo senso», si legge nel documento finale. Potrebbe trattarsi di un do-ut-des. Ora che Israele ha “vendicato” (in modo soft) l’attacco con droni e missili dall’Iran, gli Usa possono sperare di ottenere che si rinunci all’azione militare a Rafah, nella Striscia di Gaza. Vedremo, però, cosa ne pensa Netanyahu. Intanto, dopo gli Usa, anche «i Paesi del G7 adotteranno altre sanzioni contro l’Iran», ha aggiunto Blinken. E secondo il Wall Street Journal, la Casa Bianca potrebbe fornire nuove armi e altri aiuti militari a Israele, per oltre un miliardo di dollari. Ieri, intanto, tensione e paura a Parigi, dove un uomo – noto come oppositore del regime degli ayatollah - ha minacciato il consolato iraniano, fino all’intervento delle “teste di cuoio”. È stato arrestato ma non aveva esplosivi con sé.
Cos’è e cosa rappresenta 4
Isfahan, il sito colpito.
La scelta di colpire lì trova giustificazione sotto il profilo militare ed economico. Isfahan, nel centro dell’Iran, è patrimonio mondiale dell’umanità secondo l’Unesco, ma anche un polo industriale nel quale si contano 9.200 aziende e da dove proviene il 40% dell’intera produzione tessile iraniana. Soprattutto, è un centro militare della Repubblica islamica. Ospita impianti nucleari, un’importante base
aerea e fabbriche dove si producono droni militari. Il più noto impianto di arricchimento dell’uranio è a Natanz, ma la struttura di conversione dell’uranio si trova nella zona sud-orientale di Zerdenjan, nel territorio di Isfahan. L’impianto, la cui costruzione iniziò nel 1999, ospita tre piccoli reattori forniti dalla Cina. Isfahan è anche sede di un’importante base aerea iraniana, che ospita la flotta ormai obsoleta di F-14 Tomcat di produzione americana, acquistata dall’Iran prima della rivoluzione islamica del 1979. Isfahan era già finita sotto attacco nel gennaio dello scorso anno.
Perché si potrebbe arrivare 5
ad una de-escalation.
Per gli osservatori internazionali, l’attacco israeliano contro l’Iran sarebbe in realtà un messaggio “distensivo”. La reazione dello Stato ebraico al lancio di missili e droni da parte dell’Iran, avvenuto proprio una settimana fa (in risposta al blitz del 1° aprile contro il consolato iraniano a Damasco), è stata molto contenuta e piuttosto limitata. Tel Aviv, ufficialmente, non ha rivendicato l’attacco, ma per il
Washington Post si sarebbe trattato di un “segnale” all’Iran, per dimostrare la capacità di arrivare ovunque. E i danni, che l’Iran ha ulteriormente minimizzato, sono stati ridottissimi. Gli esperti leggono così l’episodio: «Possiamo colpirvi quando e dove vogliamo, stavolta siamo stati molto cauti. Pertanto, finiamola qui», sarebbe il messaggio israeliano. E così andrebbe letta la posizione attendista di Teheran, che non parla più di reazione «immediata» e «senza precedenti», come aveva fatto fino a martedì scorso. D’altronde, l’Occidentale ha esercitato una fortissima pressione affinché Israele non reagisse all’attacco di Teheran, salvo farlo in modo molto contenuto. Per questo, è verosimile che la tensione diretta tra Israele e Iran possa fermarsi qui, evitando un conflitto regionale che nessuno vuole realmente. Intanto, però, la guerra a Gaza continua. Si continua a lavorare per la tregua e per la soluzione dei “due Stati”.