La Gazzetta dello Sport - Bologna

«POGACAR È UNICO E VI SPIEGO PERCHÉ: MITO DEL PRESENTE TRIONFA COL SORRISO»

Il critico tv Aldo Grasso e il fenomeno Tadej «Le imprese al Giro rimandano al passato, ma senza la retorica della sofferenza...»

- di Francesco Ceniti

«Sì, vedendo Tadej Pogacar è facile viaggiare nel tempo, scomodare paragoni illustri, somiglianz­e, cartoline in bianco e nero. L’impresa di Livigno ha dispensato emozioni come solo il ciclismo sa fare. E quindi ognuno di noi chiudendo gli occhi può aver rivisto il proprio mito, il campione mai dimenticat­o. Una magia che però è anche un’illusione: secondo me Pogacar ha una sua unicità, riesce ad andare in fuga anche dagli accostamen­ti». Aldo Grasso non è solo il più importante critico televisivo italiano (autore di tantissimi libri, ha una rubrica giornalier­a sul Corriere della Sera), ma è anche un appassiona­to di sport, di ciclismo in particolar­e. Chi meglio di lui per capire dove ci rimanda e cosa passa attraverso lo schermo seguendo il Giro d’Italia. Questo Giro in particolar­e, già consegnato alla storia grazie a Pogacar.

▶Profe⏻⏻or Grasso, perché secondo lei lo sloveno è così prezioso tanto da non avere uguali neppure scavando nel passato?

«Quello che sta compiendo è straordina­rio, ma lo è ancora di più il modo in cui lo fa: trionfa domando i giganti innevati senza la maschera di retorica e sofferenza tipica dei campioni in bici. Lui no, sfodera sorrisi. Felice della vita e del ruolo che il destino gli ha assegnato. Sembra un bambino mentre pedala in scia al proprio papà, estasiato dalla bellezza di una gita domenicale. Pogacar è contento di vincere e non lo nasconde, condivide questa gioia con noi. Ecco perché è unico. Nessuno ha mai fatto così».

▶ Quindi, distacco e vittoria d’altri tempi, ma fenomenolo­gia da Terzo Millennio?

«Esatto, Pogacar ha unito il passato con il presente. Fa delle cose che ci rimandano ai miti di quando avevamo i pantalonci­ni corti, ma poi ci mette dentro la ricerca, la programmaz­ione e il lavoro dei nostri giorni. Nulla è lasciato al caso, mentre prima chi saliva a duemila metri era un pioniere. Tadej incarna la grande bellezza di una stagione d’oro del ciclismo».

▶Ci sono tanti altri fuoriclass­e...

«Certo, pensiamo a Vingegaard. Però sembra clonato dal passato, fa della sofferenza il suo biglietto da visita. Chi si avvicina allo sloveno è soprattutt­o Van der Poel, anche per lui andare in bici è felicità. Ma non è in grado di estenderla alle tre settimane di un grande giro oppure alle ascese epiche. Questo fa la differenza: la salita è l’essenza del ciclismo».

▶ Pogacar sta dominando il Giro...

«Di più, lo sta onorando in tutto e per tutto. Sa che la gente lo attende e lui non si limita a controllar­e, non si risparmia. Attacca appena può, lo trovi persino a sprintare. E a cronometro è stato battuto solo da un immenso Filippo Ganna. Ecco, per noi l’unico rimpianto è non avere un italiano in grado di lottare per la maglia rosa. Ma per il resto è un Giro bellissimo, mai noioso. Una goduria per i tifosi».

▶Se parliamo di rimpianti e di campioni indimentic­abili...

«Sì, Marco Pantani. Io per il Pirata mi sono denudato, spiegando in ogni salsa perché resta il più amato. Era la maschera della sofferenza, il contrario di Pogacar. Ma poi sono molto simili nel modo di concepire la gara, senza calcoli. E quel recuperare e saltare i rivali in salita. Pogacar a Livigno come Pantani ad Oropa. Certo, Marco ha vinto molto poco solo perché lo hanno fermato in modo assurdo nel momento migliore».

▶Tadej è il nuovo Cannibale, l’erede di Merckx?

«Soprannome sbagliato... Eddy quando vinceva lo faceva con cattiveria, aveva un furore che gli sprizzava dagli occhi. Non stava molto simpatico al resto del gruppo, mentre Pogacar è il ragazzo della porta accanto. No, come soprannome per lo sloveno molto meglio il Piccolo Principe: un vestito di sartoria. Poi, ovvio: come Merckx pure Tadej ha l’istinto che lo porta sempre a caccia dell’impresa. Sa di poter vincere tutto: classiche e grandi giri. Persino le crono. A proposito...».

▶Co▼ti▼ui.

«Quando viaggia contro il tempo è di una bellezza ed eleganza paradisiac­a. Sembra tutt’uno con la bici, l’aria quasi non fa resistenza al suo passaggio. Ecco, queste caratteris­tiche mi hanno ricordato Jacques Anquetil».

Merckx

Eddy vinceva con furore e cattiveria. Pogacar è il ragazzo della porta accanto

Coppi

I distacchi, certi attacchi e la corsa solitaria di Pogacar rimandano a Fausto

Anquetil

Quando viaggia a cronometro è di una bellezza paradisiac­a. Ricorda Jacques

▶ Se a questa carrellata aggiungo Fausto Coppi, sbaglio?

«Assolutame­nte no. I distacchi, certi attacchi e la corsa solitaria rimandano dritti al Campioniss­imo. E non è mica facile trionfare in quel modo, devi confrontar­ti con la solitudine, i tuoi demoni... Coppi, più di Bartali, ha aperto la strada a questo tipo di vittorie leggendari­e. E Pogacar fa parte del club esclusivo. Con il suo sorriso ha bussato alla porta e gli altri sono stati lieti di farlo accomodare».

Pantani

Marco e Tadej sono molto simili nel modo di concepire la gara, lo fanno senza calcoli

▶I▼ questo suo percorso verso la gloria c’è spazio per la doppietta Giro-Tour?

«Ha tutto per centrarla, ma per adesso godiamoci l’ultima settimana della corsa rosa».

 ?? BETTINI ?? I fantastici quattro 1. Eddy Merckx, 78 anni, in rosa 1
BETTINI I fantastici quattro 1. Eddy Merckx, 78 anni, in rosa 1
 ?? ?? 3. Jacques Anquetil, Giro più Tour nel 1964 AP 3
3. Jacques Anquetil, Giro più Tour nel 1964 AP 3
 ?? ?? 2. Fausto Coppi 5 volte re del Giro 2
2. Fausto Coppi 5 volte re del Giro 2
 ?? ?? 4. Marco Pantani ultimo nel 1998 a fare la doppietta Giro-Tour
4. Marco Pantani ultimo nel 1998 a fare la doppietta Giro-Tour

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy