La Gazzetta dello Sport - Cagliari
ADDIO A DE ROSA IL MAGO DEI TELAI CHE STREGÒ MERCKX
Aveva 89 anni: le sue bici hanno fatto storia L’azienda è rimasta italiana, ora c’è il figlio
Ci sono tanti modi per entrare a far parte della storia: Ugo De Rosa, morto ieri per un arresto cardiaco a 89 anni nella sua casa di Cusano Milanino (il paese di Giovanni Trapattoni), in quella infinita del ciclismo si era riservato da tempo una parte da protagonista, grazie alla sua abilità di artigiano e alla voglia di fare. Poco alla volta quel cuoricino rosso impresso nei telai aveva conquistato spazi sempre più importanti, come importanti sono stati i “clienti” in sella su bici forgiate da De Rosa, su tutti
sua maestà Eddy Merckx.
Gli inizi Quello che era un sogno è diventato realtà: l’azienda De Rosa compirà 70 anni ad aprile ed è ancora un orgoglio made in Italy, con Cristiano (figlio di Ugo) al comando e le offerte di acquisto da parte dei colossi stranieri sempre respinte. Chissà se era questo che aveva in mente quel ragazzino che alla fine della Seconda guerra mondiale bigiava la scuola per andare a Dergano: passava le ore a sbirciare il lavoro dell’officina dei fratelli Volta. Guarda oggi, guarda domani, alla fine si ritrovò a fare il garzone d bottega. La paga? Un panino imbottito. Ma la storia si scrive anche così. A 16 anni costruì il primo telaio e lo provò in una gara: Coppa Caldirola, vinta da Ernesto Colnago, che sarebbe diventato un altro capitano di ventura dell’industria italiana. Quella sconfitta decretò la fine della carriera ciclistica e l’avvio di quella da artigiano (di successo). A 19 anni De Rosa si mise in proprio con un locale a Milano in via Lanfranco della Pila (zona Bicocca): la salita si trasformò in discesa.
Il successo Il talento di Ugo fece la differenza, il passaparola lo aiutò a crescere. Il primo campione a chiedergli un telaio fu il francese Geminiani (era con Coppi in Africa: a Parigi lo salvarono dalla malaria, mentre Fausto moriva), poi un crescendo: Van Looy, Motta e Moser (le tre Roubaix vinte avevano i telai fatti a Cusano). E nel 1973 ecco Eddy Merckx... Ricordava De Rosa: «Durante il Giro 1974 pretendeva una nuova bici dalla sera alla mattina. Lavoravo di notte e consegnavo all’alba. Eddy ringraziava sempre». Ringraziava, sì. Quei telai fatti con il cuore erano perfetti per volare. Tanto che quando il belga si mise a costruire bici con il suo nome, passò tre mesi a Cusano Milanino (dove l’azienda si era trasferita) per farsi spiegare i passi da fare. Non solo, De Rosa andò pure a Meise (periferia di Bruxelles) per istruire gli operai. Dormiva con la moglie Mariuccia (Danilo, Cristiano e Doriano i loro figli) ospite d’onore in casa Merckx. Ma anche dopo gli anni Settanta, De Rosa ha continuato a crescere con il suo marchio. Ieri ci ha sorpreso ancora: pedalando verso il cielo e lasciandoci in lacrime.
Ammiro ogni bicicletta perché so che dietro ci sono sempre impegno e fatica
Merckx mi ringraziava sempre. E quando decise di costruire bici, passò 3 mesi con me
Ugo De Rosa