La Gazzetta dello Sport - Cagliari
La battaglia continua LA SERIE A VOTA LA RIFORMA E VA AVANTI SULL’AUTONOMIA
Casini: «Il sì non cambia il progetto portato avati dalla Lega» E Gravina : «Non li contrastiamo, ma percorso complesso»
na scelta politica, portata avanti anche «per responsabilità istituzionale», ma soprattutto perché la Serie A ha ben altri progetti. Ieri mattina i tre membri della Lega del massimo campionato hanno scelto di votare sì al piano strategico della Figc, centrato sulla parte economico-finanziario della riforma del calcio e approvato in Consiglio federale con la sola astensione della Serie B. Il presidente Lorenzo Casini è stato molto chiaro: «Questo piano è stato costruito per gran parte con il documento di riforme della Lega Serie A, quindi abbiamo espresso posizione favorevole, ma condizionata». La riforma che conta, come si diceva, è un’altra e Casini lo ha fatto presente anche in Consiglio: «Questo nostro sì non cambia il progetto che la Serie A sta portando avanti per arrivare a un modello di maggiore autonomia e indipendenza ispirato a quello inglese. Quando lo avremo in mano ci aspettiamo l’entusiasmo di tutti: una Serie A più forte, che lavora meglio e che produce più risorse è a vantaggio di tutto il calcio italiano». Il disegno della Lega è piuttosto chiaro e pare dire: sulla sostenibilità siamo dalla vostra parte, anche perché avete assecondato circa l’80% delle nostre richieste, ma sull’autonomia non faremo sconti e andremo dritti per la nostra strada.
Il piano Vediamo dunque quali sono state le modifiche del piano strategico a vantaggio della Serie A. La più importante riguarda i criteri per le licenze nazionali. In una prima bozza per le tre leghe professionistiche era prevista l’introduzione progressiva di quattro indicatori ammissivi (dunque vincolanti per ottenere le licenze nazionali): indicatore di liquidità, di indebitamento, del costo del lavoro allargato, del patrimonio netto su patrimonio attivo. Tre settimane fa la svolta: la Figc decide di assecondare la richiesta della Lega Serie A sganciandola da questo modello stringente di parametri e riservandole gli stessi criteri imposti dalla Uefa, che sono comunque severi ma - qui sta la grande differenza - non sono ammissivi. Per iscriversi al campionato i club dovranno rispettare le soglie di solvibilità, stabilità (pareggio di bilancio, patrimonio netto positivo) e controllo dei costi della rosa. Spariranno anche il tanto discusso indice di liquidità e quello di indebitamento, anche questi sostituiti dai parametri Uefa. Proprio
questa disparità di criteri ha determinato l’astensione della Serie B del presidente di Lega Mauro Balata: «Questa situazione rischia di creare problemi alle squadre che retrocedono dalla A. Abbiamo fatto presente al presidente federale questa criticità che si è manifestata solo di recente, con un cambio di rotta rispetto ai precedenti documenti in cui era presente un principio omogeneo tra le diverse leghe. La nostra è stata un’astensione costruttiva».
La reazione Ma torniamo al progetto per l’autonomia. Gravina - che ha parlato dell’approvazione del piano come di un «grandissimo successo per il risanamento del calcio italiano, anche perché ci rende più credibili agli occhi del Governo» - è intervenuto anche sulla possibile separazione della Serie A dalla Federazione, modello Premier League: «Non ne conosciamo i contorni. Casini ritiene porti forza al calcio, ce lo auguriamo e di certo non li contrastiamo. Io penso sia un percorso particolarmente complesso, visto che si andrebbero a toccare i regolamenti Coni, Cio, Uefa, Fifa e due leggi dello Stato. Ma non sono un giurista, mentre la Serie A ha già attivato una commissione di esperti che lavora solo su questo. Staremo a vedere».
Abodi duro All’interno del calcio italiano restano spaccature tali da spingere il ministro dello Sport Andrea Abodi a intervenire così: «Spesso si parla di sistema calcistico, ma è evidente che un sistema abbia bisogno di armonia, anche nella differenza di posizioni. Quello che manca è la capacità di far emergere l’interesse comune. Un sistema così fallisce. E questo non è soltanto un dato legato ai fallimenti finanziari, ma anche al fallimento della credibilità, della reputazione».