La Gazzetta dello Sport - Cagliari

LA MISSIONE DI LIBERTY: DUCATI & CO. FORMATO F.1 FORMUL

La strategia del colosso americano può creare il boom delle due ruote Le basi dello spettacolo ci sono già

- Di Luigi Perna

opo la conquista della Formula 1, gli americani di Liberty Media si prendono anche la MotoGP. Finito il regno di Bernie Ecclestone e di Carmelo Ezpeleta, due monarchi illuminati che hanno allargato i confini delle corse trasforman­dole in un business, si è ormai entrati a pieno titolo in una nuova era. Quella dello sport spettacolo che diventa intratteni­mento, intercetta­ndo un pubblico sempre più vasto, e generando profitti prima inimmagina­bili. Sembrava una scommessa ad alto rischio, quando nel 2017 la “media company” fondata da John Malone decise di acquistare la F.1 dal fondo di investimen­ti Cvc Capital Partners per una cifra stimata di circa 8 miliardi di dollari. Si è rivelato invece un clamoroso affare, grazie alla lungimiran­za del presidente Greg Maffei e alle capacità di Chase Carey, che diventò a.d. e presidente della Formula One Group. Poi, con l’arrivo di Stefano Domenicali al posto di quest’ultimo, il circuito è decollato.

Contenuti Così adesso la F.1, forte di ricavi annui nell’ordine dei 3,2 miliardi di dollari e di una platea mediatica di 1,5 miliardi di telespetta­tori in ogni parte del mondo, è pronta a fare un altro grande passo acquistand­o il giocattolo di Ezpeleta da Bridgepoin­t e dal fondo pensioni canadese che detengono la quasi totalità delle azioni. L’offerta sarebbe di 4 miliardi, con l’impegno di risanare il debito. L’obiettivo, facile da intuire, è rendere la MotoGP un prodotto con grandi prospettiv­e di crescita commercial­e come è stato per la massima categoria a quattro ruote. L’ingredient­e di base c’è già, perché le gare del Motomondia­le sono una fabbrica di emozioni, con sorpassi a ogni giro e risultati sempre in bilico. Oggi può vincere la Ducati di Pecco Bagnaia, domani quella di Jorge Martin o dell’otto volte iridato Marc Marquez, ma anche la Ktm di Brad Binder o l’Aprilia di Meverick Viñales, come si è visto in questo inizio di stagione. Non c’è niente di meglio di questa incertezza per creare il coinvolgim­ento nel pubblico. È la ricetta che Liberty sta cercando di applicare in F.1, con molte difficoltà in più, perché a ogni ciclo regolament­are di solito corrispond­e il dominio di una squadra. Si è passati dagli anni d’oro di Lewis Hamilton e della Mercedes alla dittatura di Max Verstappen con la Red Bull. Magari nel 2026, quando cambierann­o macchine e motori, sarà il turno di un altro team (la Ferrari?). Ma intanto è stato introdotto il “budget cap” per calmierare i costi e cercare di avvicinare le prestazion­i delle monoposto negli anni a venire. Un problema che non esiste in MotoGP o esiste solo in parte, nel senso che farebbe comodo rivedere anche i colossi giapponesi Honda e Yamaha di nuovo in lotta per la vittoria.

Filosofia Insomma, se Liberty è riuscita a moltiplica­re l’interesse per la F.1, nonostante l’ultimo grande duello per il titolo fra Hamilton e Verstappen risalga ormai al lontano 2021, perché non dovrebbe riuscirci anche con la MotoGP? «Il nostro prodotto piace», aveva detto a fine dicembre Ezpeleta confermand­o le voci di una possibile vendita. «Tutto

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