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ANCORA MANETTE IN AULA POI LA BEFFA DEL GIUDICE «SALIS RESTA IN CELLA» SALE LO SCONTRO POLITICO
L’attivista riappare in catene: respinta la richiesta dei domiciliari Il padre: «Prova di forza di Orban». Il Pd: «Il governo agisca» Marchesi invece torna libero: no all’istanza di consegna a Budapest
Destini differenti «Tredici mesi in cella non sono tanti, in base ai fatti»: così il tribunale di Budapest ha detto “no” ai domiciliari per Ilaria Salis, ancora in aula in manette. Le accuse del padre e le critiche al governo fanno salire la tensione. Intanto, a Milano la Corte d’Appello nega il trasferimento in Ungheria del coindagato Gabriele Marchesi (nella foto), che è tornato libero
Non può tornare in Italia per scontare i domiciliari. E neppure a Budapest. Ilaria Salis resta in cella in Ungheria. E anche ieri è stata portata nell’aula del Tribunale con le catene a polsi e caviglie. Immagini che fanno ancora discutere. E la polemica politica sale di tono. L’insegnante monzese resterà in carcere, dopo il “no” arrivato ieri dal giudice ungherese. L’abbiamo rivista con manette ai polsi, ceppi alle caviglie e “guidata” da un’agente con una catena, come lo scorso 29 gennaio, nella prima udienza del processo a suo carico. Immagini che fecero indignare e che anche questa volta sono state diffuse dopo l’autorizzazione scritta della stessa detenuta. Salis ieri attendeva la decisione sull’istanza – presentata dai suoi legali – per lasciare la cella e ottenere i domiciliari. La 39enne, attività antifascista, da 13 mesi si trova in carcere in Ungheria, con l’accusa di aver fatto parte di un gruppo che l’11 febbraio 2023 avrebbe aggredito due militanti di estrema destra, durante una contromanifestazione a Budapest nel Giorno dell’onore, in cui i gruppi della destra radicale celebrano la Resistenza dei nazisti tedeschi e ungheresi all’Armata Rossa. Oltre ai legali, ieri erano presenti alcuni amici e sostenitori di Salis (tra i quali, il fumettista Zerocalcare, pseudonimo di Michele Rech), che hanno denunciato le minacce di alcuni militanti di estrema destra, fuori dal Tribunale. «All’inizio pensavo fossero agenti. Poi, dai simboli nazisti, ho capito...» ha raccontato Zerocalcare al Corriere della Sera.
La conferma della detenzione e il dolore del padre.
L’avvocato di Salis, Eugenio Losco, puntava sul fatto che la detenuta «si è sempre comportata bene in carcere» e non ha «nessunissima intenzione di scappare o nascondersi». Una tesi confermata dalla stessa Salis, che interrogata dal giudice ha detto: «Non ho nessuna intenzione di sparire o scappare. Quindi posso stare ai domiciliari, a Milano o a Budapest». Poco dopo, però, il giudice Jozsef Sós ha respinto l’istanza per i domiciliari, sostenendo nelle motivazioni che una detenzione cautelare di 13 mesi «non è tanto lunga, vista la gravità dei reati», e che «il pericolo di fuga sussiste sempre», per cui è necessaria la custodia in carcere. La prossima udienza è stata fissata al 24 maggio. Rischia fino a 24 anni di carcere. Roberto Salis, padre della donna, non demorde e si dice pronto a dare battaglia. «La decisione è l’ennesima prova di forza del governo Orban» ha detto il padre di Ilaria. «Un po’ me lo aspettavo, Ilaria qui è considerata un grande pericolo. Mia figlia è stata trattata come un cane, ma io non mollo» ha sottolineato, prima di polemizzare con il ministro Nordio: «Ci aveva accusato di aver presentato tardi l’istanza per i domiciliari. Ecco, ora chieda scusa».
Si mostra preoccupato anche il ministro Tajani. E da Budapest replicano alle accuse.
«Non condivido la scelta di condurre in carcere una detenuta con le catene alle mani e ai piedi», ha detto il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che poi ha assicurato: «Continueremo a protestare perché si rispettino tutte le norme comunitarie in materia di trattamento dei detenuti, soprattutto quelli in attesa di giudizio» ha sottolineato ieri sera, ospite di Bruno Vespa. Tajani ha però sottolineato un altro aspetto. «Il giudice non ha voluto concedere i domiciliari, secondo me sbagliando. Credo, però, che politicizzare la vicenda non faccia bene a Salis: se noi la vogliamo riportare in Italia, dobbiamo agire con serietà e prudenza. Organizzare manifestazioni politiche significa danneggiarla, perché si arriva ad uno scontro con la magistratura ungherese, che è libera di decidere come ritiene più opportuno» ha rimarcato Tajani. Il ministero degli Esteri di Budapest, in serata, ha sottolineato che «l’Ungheria è uno Stato di diritto e il governo non interferisce in alcun modo nelle competenze della magistratura». Sulla questione è intervenuto anche il viceministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto: «Salis condotta in vincoli nell’aula non è uno schiaffo al governo italiano, ma uno schiaffo alla presunzione di non colpevolezza. Ma politicizzare la questione è uno sbaglio».
In disaccordo con il giudice, ma politicizzare la vicenda è un danno per Salis
Le opposizioni accusano la premier Meloni di scarsa attenzione alla vicenda.
«Ancora in aula con le catene ai polsi e alle caviglie, poi i giudici ungheresi hanno deciso di negarle gli arresti domiciliari. Uno schiaffo ai diritti di una persona detenuta, di una nostra connazionale. Il governo Meloni reagisca, subito» ha chiesto la segretaria del Pd, Elly Schlein, che sta anche sondando il partito sull’ipotesi di candidare Salis alle Europee dell’8-9 giugno (ma dal M5S arrivano critiche). Polemico anche Matteo Renzi, di Italia Viva: «Ci governano i Fratelli d’Italia o i sudditi d’Ungheria? Non è accettabile che una cittadina italiana sia trattata così. Presidente Meloni, si faccia sentire» ha detto Renzi. A Budapest c’era una delegazione di parlamentari italiani, tra i quali il segretario di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni, e la deputata di Verdi-SI, Ilaria Cucchi: «C’è un clima pesantissimo, grande amarezza. Ilaria sta affrontando questo processo con una grande dignità ma c’è in corso un braccio di ferro sulla sua pelle» ha detto Cucchi, molto sensibile ai diritti dei detenuti, dopo la tragedia che ha riguardato suo fratello Stefano.
Destino diverso, invece, per Gabriele Marchesi, che un anno fa a Budapest venne arrestato con Salis.
Anche il 23enne militante anarchico è accusato di lesioni potenzialmente letali, in concorso con Salis, dopo la contromanifestazione di oltre un anno fa a Budapest. Ma Marchesi, a differenza di Salis, non venne identificato e arrestato subito, e quindi tornò in Italia, scontando qui i domiciliari. E ieri la quinta Corte d’Appello di Milano, presieduta da Monica Fagnoni, dopo 4 mesi di verifiche ha chiuso il procedimento nei confronti del muratore, rigettando la richiesta di consegna all’Ungheria, e revocato la misura cautelare nei confronti del giovane, perché esiste il «rischio di un trattamento inumano e degradante» e della «violazione dei diritti fondamentali», hanno spiegato i giudici.