La Gazzetta dello Sport - Cagliari

Il figlio di Maestrelli «Io mascotte, il 4-3-3 e poi con Chinaglia...»

- Di Stefano Cieri ROMA ESCLUSIVO

rrivato ai 60 anni pensi di avere la corazza per affrontare tutto. E invece quando ti trovi lì, con tutta quella gente che applaude e ricorda, le emozioni ti travolgono. È successo l’anno scorso per i 100 anni della nascita di babbo, sarà così anche domenica». Domenica, cioé domani, nel giorno del 50° anniversar­io del primo scudetto biancocele­ste, Massimo Maestrelli sfilerà all’Olimpico prima di Lazio-Empoli. Con il figlio di Tommaso ci saranno anche quelli degli altri eroi del ‘74 che non ci sono più e i campioni d’Italia che ci sono ancora.

▶ Una famiglia che si riunisce.

«Proprio così. Di solito queste ricorrenze servono a far ritrovare persone che, pur unite da un forte legame, non si incontrano spesso. Non è il nostro caso. Noi almeno una volta al mese ci vediamo. Anche chi vive al Nord, come Stefano Re Cecconi, ci raggiunge. E di solito lo ospito io a casa mia».

▶ Una famiglia oggi meno burrascosa di cinquant’anni fa.

«Già, la storia dei due clan. Tutto vero. Non si parlavano ed erano sempre in conflitto. Il gruppo di Chinaglia e Wilson da una parte, quello di “Cecco “e Martini dall’altra...».

▶Ma come faceva suo padre a farli remare dalla stessa parte la domenica?

«Ebbe una grande intuizione: assecondar­e e non reprimere quella fortissima rivalità. In settimana si caricavano e poi la domenica facevano a gara tra loro a chi dovesse essere più decisivo, a chi dovesse salvare la patria. La rivalità continuava anche durante le partite. Ed era la fortuna di quella Lazio».

▶ C’è qualcosa che ancora non si è detto o scritto su quella squadra mitologica?

«Credo di no, e per questo è ancora più incredibil­e che a dinero stanza di tanti anni se ne continui a parlare e il ricordo non si cancelli».

▶ Un aspetto passato forse in secondo piano è la modernità di quella Lazio.

«Sì, inevitabil­e perché la caduta improvvisa e soprattutt­o le tragedie che si sono susseguite hanno preso il sopravvent­o su tutto. Ma è vero, quella Lazio giocava un calcio che ancora oggi farebbe la sua figura. Il 4-3-3 che oggi è uno dei moduli più in voga lo inventò mio padre, all’epoca non lo faceva nessuno. Con Garlaschel­li e D’Amico larghi e Chinaglia punta centrale».

▶Già,

Chinaglia. Che era sempre a casa vostra. Lei e suo fratello Maurizio eravate un po’ gelosi del vostro babbo?

Sì, la rivalità tra i due clan fu la grande fortuna di quella squadra

«Assolutame­nte no, anche perché Giorgio lo vedevamo come un fratello maggiore. Anche se lui era lui...nel senso che aveva tutto quel suo modo di fare».

Fu mio padre a inventare il 4-3-3. A ottobre uscirà un film su di lui Massimo Maestrelli

▶ Lei e suo fratello Maurizio eravate le mascotte della squadra.

«Sì, c’era un rapporto speciale con Re Cecconi e D’Amico. Vincenzo era il più giovane e quindi quello che giocava più volentieri con noi. Ma ci adoravano tutti».

▶E guai se mancavate alle riunioni tecniche.

«Babbo ci faceva stare con lui quando parlava alla squadra prima delle partite. E i giocatori volevano che fosse così, forse anche per scaramanzi­a. Una volta che eravamo spariti ci ven

▶Libri, film-tv, piece teatrali. Quella Lazio è una costante fonte di ispirazion­e. E non è finita, giusto?

«Vero. Stiamo girando un film sulla vita di mio padre, uscirà al cinema a ottobre. I registi sono Alberto Manni e Francesco Cordio. Ripercorre­remo tutta la vita di Babbo, non solo l’avventura nella Lazio. Io sarò la voce narrante». E le emozioni continuano...

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