La Gazzetta dello Sport - Cagliari

Con Sacchi e Capello altri trionfi degli allenatori nostrani, Zac e Allegri rispettano la tradizione

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Fine del secondo conflitto mondiale. Si riparte pieni di entusiasmo e, nel 1951, dopo 44 anni, il Milan vince il primo scudetto. Allenatore l’ungherese Lajos

Czeizler, direttore tecnico, cioè accompagna­tore, il padovano Antonio Busini. E vincono anche la Coppa Latina. In panchina ci va anche Gunnar Gren, il Professore del Gre-No-Li. Poca fortuna, ritorno in campo. La figura del giocatore/allenatore non convince sempre. Stagione 1953-54, ecco l’ungherese Béla Guttmann, personaggi­o straripant­e, ballerino e psicologo. Il Milan si rinnova con Andrea Rizzoli. Sono acquistati Juan Alberto Schiaffino e Cesare Maldini. Si punta allo scudetto, il clima è effervesce­nte, Béla sembra piacere a tutti e invece dopo 19 partite, a metà febbraio 1955, con i rossoneri al primo posto, è “dolorosame­nte licenziato”. Fatale un k.o. a San Siro con la Sampdoria. Pare però che l’esonero sia maturato dopo uno scontro con Juan Schiaffino, la star. Ahi, mai mettersi contro il Pepe. Il Milan vince lo scudetto con l’uruguaiano Hector Puricelli. Bella forza, si dirà, giocavano a memoria...

Made in Italy Vincono poco gli stranieri, gli oriundi di passaggio e di ritorno, le minestre riscaldate. In campo e fuori. Per tornare ai grandi veri successi il Milan si affida a panchine “made in Italy”. Ecco Gipo Viani, detto lo Sceriffo, un omone di Treviso. Ecco Nereo Rocco, “de profession bel giovine”, di Trieste (anche se di origini austrounga­riche: i bisnonni si chiamavano Rock). Quando Rocco, nel 1963, va via (momentanea­mente) al Torino, provano con Luis Carniglia, argentino.

diciamolo, non aveva grandissim­i campioni.

Tempi moderni Il resto è tutta roba “nostrana”, tutti allenatori fatti in casa, spaghetti alle vongole, pasta e fagioli, lasagne, piadine e cacciucco. Arrigo Sacchi di Fusignano, Fabio Capello di Pieris. Alberto Zaccheroni di Meldola, Max Allegri di Livorno, Carletto Ancelotti di Reggiolo. E ultimo, con tutti gli onori e gli abbracci, Stefano Pioli di Parma. Italiani (qualche cervello poi fuggirà all’estero) freschi, pimpanti e anche rivoluzion­ari. Insomma, vincenti. Transitano maestri dolci e soavi (Oscar Tabarez), imperatori scontrosi (Fatih Terim), brasiliani eleganti (Leonardo), olandesi intellettu­ali (Clarence Seedorf) e il possente Sinisa Mihajlovic. Allenatori nati all’estero, cittadini del mondo, uomini di buona cultura calcistica, ma perdenti di successo. O non vincenti. Senhor Fonseca, il passato non è incoraggia­nte. Però...

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