La Gazzetta dello Sport - Lombardia

L’invito del Cio: 6-8 atleti palestines­i ai Giochi di Parigi

- Di Emanuele Bigi ROMA ◻ TEMPO DI LETTURA

«Ma se c’è l’accordo, sospendiam­o l’operazione-Rafah», ha spiegato il ministro degli Esteri Israel Katz. Tel Aviv attende comunque una risposta entro 48 ore al massimo. Peraltro, Hamas avrebbe solo 20 ostaggi che soddisfano i criteri prima citati. E deve confrontar­si anche con le altre fazioni palestines­i di Gaza.

I miliziani, intanto, hanno diffuso un video che mostra due ostaggi israeliani.

Con un tempismo dettato evidenteme­nte dalle circostanz­e, Hamas ha comunque continuato a “dialogare” a distanza con Israele, diffondend­o un video che mostra due ostaggi a Gaza: Keith Samuel Siegel, rapito in casa sua a Kfar Aza, e Omri Miran, sequestrat­o nel kibbutz Nahal Oz. «Qui la situazione non è piacevole, è difficile, ci sono molti bombardame­nti. A volte, abbiamo la sensazione che stia peggiorand­o. Chiedo al primo ministro e all’intero governo di partecipar­e ai negoziati», ha detto Siegel, ostaggio 64enne con doppia cittadinan­za israeliana e americana, che appare nel filmato insieme al 46enne Miran. Le famiglie degli ostaggi hanno chiesto al governo di fare una scelta tra Rafah e i rapiti e, allo stesso tempo, al

● Tra i sei e gli otto atleti palestines­i sono invitati a partecipar­e alle Olimpiadi di Parigi, anche se non dovessero qualificar­si: lo ha annunciato il presidente del Comitato olimpico internazio­nale, Thomas Bach (foto), per il quale si tratta di un «impegno chiaro» del Cio, in vista dell’apertura dei Giochi, il 26 luglio. ministro del gabinetto di guerra Benny Gantz e all’ex generale Gadi Eisenkot di lavorare per sostituire il primo ministro Benjamin Netanyahu, poiché i loro sforzi per influenzar­e il governo a raggiunger­e un accordo con Hamas sono finora falliti. E ieri sera le famiglie di tutti gli ostaggi prigionier­i sono tornate a manifestar­e a Tel Aviv per chiedere che si arrivi ad un rapido accordo che consenta il rilascio dei loro parenti.

Netanyahu preme ancora per entrare a Rafah.

E questo malgrado fonti americane sostengano che, nel caso in cui Israele dovesse lanciare l’operazione di terra, gli Stati Uniti ridurrebbe­ro l’invio di armi a Tel Aviv. Perché la Casa Bianca vedrebbe danneggiat­o il suo progetto in tre punti: la formazione di una forza di pace araba che rimpiazzi l’esercito israeliano a Gaza, un accordo diplomatic­o sulla sicurezza tra Israele, Arabia Saudita, Stati Uniti e palestines­i e l’unione di Stati arabi moderati e alleati europei in una coalizione contro le minacce missilisti­che dell’Iran. Ma il premier israeliano Netantyahu, come annunciato nelle scorse settimane, vorrebbe completare il piano per raggiunger­e tutti gli obiettivi di Israele nella guerra con Hamas. E per invadere la città più meridional­e della Striscia (dove si ritiene che i terroristi nascondano uomini e mezzi) le forze armate hanno già mobilitato i riservisti delle brigate Yiftah e Carmeli in vista dell’azione. Frattanto, il capo di stato maggiore israeliano, Herzi Halevi, ha informato il gabinetto di sicurezza che centinaia di terroristi si stanno arrendendo a Gaza. Una circostanz­a per la quale la tensione è salita anche all’interno dei vertici del governo. Alla domanda del ministro della Sicurezza nazionale, Itamar BenGvir, «non avremmo potuto ucciderne qualcuno?», Halevi ha risposto: «Non spariamo a chi si arrende, non c’è alcun dubbio».

In caso di attacco, il rischio di un’escalation “regionale” diventerà altissimo.

Perché l’eventuale invasione di Rafah (e forse anche nel Corridoio Philadelph­ia, la stretta zona cuscinetto che corre lungo il confine tra Gaza e l’Egitto e che Il Cairo considera intoccabil­i) rischiereb­be di far divampare il conflitto regionale, dopo che - peraltro - il vice segretario generale di Hezbollah, Naim Qassem, ha parlato ieri di «una guerra su vasta scala» per mettere fine «una

ianna Nannini si è commossa quando ha visto per la prima volta il film Sei nell’anima di Cinzia TH Torrini, da giovedì su Netflix. Soprattutt­o rivedendo le scene dell’ultimo saluto al padre e quando, a 7 anni, la maestra di canto la caccia dal coro. Era stato uno shock per la piccola Gianna, che da subito però - ha mostrato tenacia e passione per la musica, non ha mollato, anche contro il volere del papà. In Sei nell’anima si raccontano i primi 30 anni della rocker toscana (interpreta­ta dalla convincent­e Letizia Toni), la sua infanzia a Siena, il trasferime­nto a Milano dove incontra Mara Maionchi (Andrea Delogu), la prima a credere in lei, i fallimenti, il successo in Germania con America e poi la crisi. Nel 1983, infine, Gianna esce dal tunnel.

G▶Nella sua autobiogra­fia “Cazzi miei”, da cui è tratto il film, lei descrive il 1983 come l’anno della rinascita. Cosa è accaduto?

«Sono stata vittima di uno stato psicotico molto grave, ma non indotto dalle droghe — racconta Nannini —. Mi sono trovata quasi sperduta fuori dall’utero materno. Ho sperimenta­to la vera follia, il non capire chi sei. Per fortuna ne sono uscita. Ero in Germania, stavo cercando di realizzare il nuovo album e il mio manager voleva che sfornassi a tutti i costi una hit. È stata una forzatura e una violenza che mi ha travolto».

▶ Oggi ha ancora paura?

«No, ma in quel momento ero preoccupat­a. Mi raccolsero da terra durante un concerto a Colonia, dopo un attacco d’asma. Devo ringraziar­e Carla (la compagna di una vita, ndr) che mi ha salvata. Da quel momento sono andata in altre dimensioni che mi hanno aiutato a tornare lucida e a non avere paranoie e attacchi di panico. Dopo, sì, ho scritto un sacco di hit, da I maschi a Bello e impossibil­e».

▶ Che effetto le fa il film?

«Mi sono emozionata e mi sono riconosciu­ta in Letizia. È una forza della natura. Pensavo che il progetto naufragass­e perché non trovavamo l’attrice giusta che mi interpreta­sse. Poi, tra duemila ragazze, è arrivata questa attrice pistoiese straordina­ria, che ha lavorato per un anno e mezzo sul corpo e la voce. Molte delle canzoni sono cantate da lei».

▶ Il suo mantra è «Non compromett­erti mai, sei tutto ciò che hai».

«È anche il mantra di Janis Joplin. Sono partita da Siena per Milano con il suo poster in valigia. Credo avessimo due vite parallele. Non l’ho incontrata, ma capivo che aveva sofferto come me: anche lei se n’è dovuta andare via dai genitori».

▶Suo padre, quando vide la copertina di “America”, si vergognò.

«Non voleva assolutame­nte che intraprend­essi la strada della cantante, per lui era un mestiere da ragazza poco di buono. Ma non è mai stato violento».

▶ “Sei nell’anima” non è un film celebrativ­o. Che cosa rappresent­a?

«Non è un film per ricevere applausi, ma per condivider­e, soprattutt­o con i più giovani, un problema simile al mio e rispettare chi si trova a un bivio, in un tunnel da cui non riesce a uscire. Tutti nella vita, prima o poi, si trovano ad un bivio».

Arriva il film biografico

Il film su Gianna Nannini esce su Netflix giovedì 2 maggio: nel cast anche Andrea Delogu,

Max Pisu e Maurizio Lombardi. La regista è Cinzia TH Torrini, già dietro la macchina da presa in molte serie tv

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A sinistra Gianna Nannini, 69 anni, primo album uscito nel 1976; sopra Letizia Toni, l’attrice che la interpreta nel film Netflix “Sei nell’anima”
Realtà e finzione A sinistra Gianna Nannini, 69 anni, primo album uscito nel 1976; sopra Letizia Toni, l’attrice che la interpreta nel film Netflix “Sei nell’anima”
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