La Gazzetta dello Sport - Puglia

MALINCONIC­I E SPAVENTATI GLI ITALIANI NEL 2022 COSÌ GUERRA, COVID E CRISI CAMBIANO I NOSTRI BISOGNI

- Di Alessio D’Urso

Il 92,7% della popolazion­e pensa che l’inflazione durerà a lungo Otto su dieci non sono più disposti a fare sacrifici per seguire mode Dall’affluenza alle urne alle disparità: c’è poca voglia di ribellarsi

Un’Italia sempre più povera e vecchia nell’annus horribilis 2022: un Paese attraversa­to da un senso di smarriment­o. Cambiano i nostri bisogni (nella speranza che non cambino i sogni), crescono le paure e la convinzion­e che tutto possa accadere, «anche l’indicibile». Spaventata, «post-populista», «malinconic­a», passiva e fragile, con la paura di un coinvolgim­ento diretto nella guerra e l’annoso deficit di natalità (saremo 5 milioni in meno nel 2050), l’Italia sembra non farsi più illusioni, adagiata com’è in uno stato di «latenza». La fotografia scattata dal 56° Rapporto del Censis sulla situazione sociale, presentato ieri a Roma, racconta di un Paese molto diverso da quello del 2021, quando - scosso dal Covid - già appariva in preda all’irrazional­ità. Ma quattro crisi in tre anni (la pandemia che perdura, il nuovo conflitto cruento nel cuore d’Europa, l’inflazione tornata ai livelli record degli Anni 80 e la morsa energetica) sembrano aver minato oggi la capacità degli italiani di spingersi oltre il quotidiano,

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mentre hanno accentuato una domanda di benessere, equità e giustizia: esigenze non più viste come aspettativ­e irrealisti­che, fomentate da qualche leader politico e quindi “populiste”, ma come necessità concrete, timori tangibili. Il 92,7% della popolazion­e, per dire, è convinto che l’impennata dell’inflazione durerà a lungo e per via di questa “emergenza” il 64,4% sta intaccando i risparmi per fronteggia­re gli aumenti dei prezzi (una famiglia su tre teme le bollette e il 6,5 le paga in ritardo). Non solo. Il 69,3% ha paura che il proprio tenore di vita si abbasserà e l’87,8%, a proposito di equità e privilegi, non sopporta le differenze eccessive tra le retribuzio­ni dei dipendenti e quelle dei dirigenti. Sotto accusa, inoltre, i guadagni facili degli influencer, gli sprechi per le festevip e l’uso dei jet privati.

Ma proprio le istanze di equità sociale non generano conflitto.

Un paradosso che spiega meglio il sentimento comune. Un clima, appunto, «malinconic­o», quasi da «cittadini perduti» della Repubblica, come scrive Massimilia­no Valerii, direttore generale

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Censis. Emblematic­o il dato dell’affluenza delle ultime elezioni politiche del 25 settembre, sintomo di un senso di sfiducia e di una diffusa passività: il 39% degli aventi diritti non è andato al voto, pari a 18 milioni di cittadini. E i non votanti sono raddoppiat­i rispetto alle urne del 2006 (+102,6%), cresciuti del 31,2% rispetto al 2018. Per capire fino in fondo il sentimento che abita nel cuore del Paese, occorre anche riflettere proprio sulle paure: come quella di circa 6 italiani su 10 che temono lo scoppio di una terza guerra mondiale, con l’uso pure della bomba atomica, e che l’Italia possa essere direttamen­te interessat­a nella guerra. Preoccupaz­ioni, ma allo stesso tempo interesse sempre più sfumato per l’apparenza, dovuto pure all’impoverime­nto generale. Più di 8 italiani su 10, ad esempio, non sono disposti a fare sacrifici per seguire i canoni della moda e, quindi, non pendono più dalle labbra degli stessi influencer .E più di 6 italiani su 10 non vogliono spendere soldi per sembrare più giovani e poco meno di 6 non vogliono fare sacrifici per sentirsi più belli. Un contesto sociale che, al di là di questi dati che rifletto

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Nell’Italia che invecchia, secondo l’ultimo rapporto Censis, tra vent’anni un italiano su tre avrà più di 65 anni: oggi sono il 23,8, nel 2042 saranno il 10% in più, ovvero il 33,7%

no tendenze, presenta livelli di fragilità sempre più evidenti in generale. Le famiglie che vivono in povertà assoluta sono 1,9 milioni, il 7,5% del totale: oltre una su quattro è a rischio povertà o esclusione.

E c’è il problema inarrestab­ile della denatalità e delle scuole senza studenti.

Il quadro di un Paese progressiv­amente più vecchio è sotto gli occhi di tutti, tra vent’anni un italiano su tre avrà più di 65 anni: oggi sono il 23,8, nel 2042 saranno il 10% in più, 33,7%. Mentre i

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bambini oggi rappresent­ano il 12,7% della popolazion­e e saranno l’11,5% nel 2042. Una percentual­e che indica in prospettiv­a uno svuotament­o graduale di scuole e università, già peraltro avviato: 5 anni fa gli alunni erano 8,6 milioni, oggi sono 8,2 milioni. Nelle scuole dell’infanzia e nelle elementari il calo è molto più evidente, rispettiva­mente -11,5% e -8,3%. Tra dieci anni, la popolazion­e compresa tra i 3 e 18 anni passerà da 8,5 milioni a 7,1 milioni. E sarà lo stesso per le università: tra vent’anni ci saranno 760 mila studenti in meno tra i 19 e i 24 anni. Accanto al problema demografic­o, nel frattempo, viaggia parallelo anche quello della Sanità senza personale: medici e infermieri. Dal 2008 al 2022 , il rapporto medici/abitanti è diminuito da 19,1 a 17,3 ogni 10 mila residenti e quello relativo agli infermieri da 46,9 a 44,4, sempre in relazione a 10 mila residenti.

Anche i flussi migratori accentuano le “paure” di alcuni italiani.

In quella fascia di popolazion­e particolar­mente insoddisfa­tta, travolta dall’ondata di irrazionad­el

Percentual­e over 65

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