La Gazzetta dello Sport - Romana
DISASTRO SUL GHIACCIAIO TUTTI ITALIANI I 5 DISPERSI LA RABBIA DEI FAMILIARI «VOGLIAMO RISPOSTE»
Scende il numero di chi manca all’appello, otto i rintracciati Il sindaco di Canazei decide la chiusura totale del massiccio Il procuratore: «Escluse per adesso prevedibilità o negligenze»
Responsabilità
Una donna di 54 anni di Levico è la quarta vittima identificata. Con i droni e gli elicotteri si continua a scandagliare la zona. Oggi riunione in procura con i pm e i soccorritori. Il capo dei magistrati esclude colpe, ma le famiglie
(nella foto la sorella di Erika Campagnaro, tra i dispersi) non ci stanno:
«C’era l’acqua dal ghiacciaio, la salita alla Marmolada andava chiusa prima»
Si sta delineando il bilancio della tragedia sulla Marmolada. E oltre al dolore, cresce la rabbia dei parenti degli escursionisti travolti.
Partiamo dalle ricerche. Si procede scrutando l’area dall’alto con i droni. E con elicotteri dotati di sistemi per rintracciare presenze umane e telefonini accesi anche sotto lo strato di neve. Si scende sul campo solo in presenza di oggetti, resti, segnali concreti. Il rischio di altri crolli del ghiacciaio impone cautela, anche per i soccorritori più esperti. E sono della Repubblica ceca due delle 7 vittime finora individuate. Ai nomi di Filippo Bari, Tommaso Carollo, Paolo Dani, si è aggiunto quello di Liliana Bertoldi, 54 anni, di Levico (Trento). Manca la certezza su un altro nome. «Abbiamo trovato tanti reperti, ci sono parti difficili persino da riconoscere» dice il presidente del Soccorso alpino, Maurizio Dellantonio. Anche per questo, oggi, c’è l’esame del Dna. Intanto, è sceso da 13 a 5 il numero dei dispersi: 8 persone sono state rintracciate o si sono fatte vive nelle ultime ore. I cinque che mancano all’appello «sono tutti italiani». Sono 7 le persone ferite,
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una è stata dimessa. Domani le ricerche si concentreranno sulla parte bassa della montagna, sul campo e con l’ausilio dei cani.
Le indagini, per disastro colposo, vanno avanti.
Oggi prima riunione operativa in Procura a Trento, con le forze dell’ordine e i soccorritori che da domenica stanno lavorando per individuare i corpi e recuperare i resti degli escursionisti travolti sulla Marmolada. I magistrati per adesso procedono per disastro colposo, senza indagati. Da giorni, persino a 3000 metri, la temperatura toccava i 10 gradi. «Ad ora possiamo escludere assolutamente una prevedibilità e una negligenza o imprudenza» ha detto il procuratore capo Sandro Raimondi al Tg3, «per avere una responsabilità bisogna poter prevedere un evento, cosa che è molto difficile». Intanto, al rifugio sulla Marmolada sono stati montati strumenti e radar doppler in grado di captare le minime variazioni del ghiacciaio.
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Tra dolore e rabbia, i parenti delle vittime chiedono però risposte chiare.
«Perché nessuno ha fatto un avviso, se c’era acqua che scorreva sotto il ghiacciaio? Perché non
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LE INDAGINI SUI ROGHI
L’ONDATA ESTIVA hanno fermato le persone?» accusa la sorella di Erica Campagnaro, la donna di Tezze sul Brenta (Vicenza), che era sulla Marmolada col marito, Davide Miotti. «Era una bella giornata di sole, per carità – prosegue la donna – ma se sotto il ghiaccio scorreva l’acqua... Mio cognato era esperto, era una guida alpina. Ci fosse stato un bollettino, un segnale di pericolo, non sarebbe mai andato. Se c’è una responsabilità, andremo fino in fondo». Anche Luca Miotti, fratello di Davide, solleva la questione della sicurezza: «Aveva trent’anni di esperienza, non sarebbe mai partito se avesse saputo di un minimo pericolo. Leggiamo dai giornali che qualcuno aveva già segnalato lo scorrere dell’acqua sotto il ghiacciaio» spiega dal centro dei soccorsi di Canazei. «Interpelliamo le istituzioni, abbiamo chiesto se ci sono interlocutori per darci delle risposte» aggiunge Miotti.
Il dramma della Marmolada fa crescere l’attenzione su tutto l’arco alpino.
È stata chiusa con un’ordinanza l’intera «regina delle Dolomiti», sia sul versante trentino che su quello veneto, ma si segnalano alcune intrusioni di turisti e curiosi. «C’è ancora il rischio di di